martedì 27 febbraio 2018

Animali di strada

In attesa che esca il mio libro di racconti, eccovi un racconto - non completo, mancano l'epilogo - il cui titolo è "Animali di strada". Il perché di questo titolo? Una storia lunga, che qualcuno conosce...

Ero ubriaco marcio e disteso a terra ma la testa mi girava che era un piacere. Conoscevo il mondo che mi circondava ma non sarei mai riuscito ad affrontarlo. Sputai un po’ di saliva per terra ma riuscii a non vomitare. Mi addormentai e iniziai a sognare. Sognai di una rana che mi diceva cose strane, penso fossero nomi di località, anzi lo erano. Perché la rana, oltre a dirmi il nome delle località, le localizzava. Così, il primo nome che mi disse fu Beaver Lick, Kentucky, poi aggiunse Burnt Corn, Alabama. E di seguito arrivarono Goobertown, Arkansas; Horneytown, Nord Carolina; Idiotville, Oregon; Satan's kingdom, Connecticut; Sweet Lips, Tennessee e per finire Toad Suck, Arkansas. Mi risvegliai di soprassalto, un conato di vomito si prese possesso della mia gola, vomitai tanto di quel Buffalo Trace che non sapevo come cazzo avessi fatto a berne tanto. Mi spostai, ma solo un po’ e mi riaddormentai. Mi spostai talmente poco che mi riaddormentai sul mio vomito. L’odore era nauseabondo, nessun essere umano mi avrebbe accettato in quelle condizioni. Provavo una pessima sensazione ad addormentarmi sul vomito, anche perché la t-shirt mi si era alzata fino all’ombelico e così la mia pancia poggiava direttamente sul mio rigetto. Forse vomitai un’altra volta. Ritornò la rana, iniziò a canticchiare -la la la, cra cra… ciao, coglione- mi misi a ridere, almeno nel sonno, chissà cosa feci nella realtà. Riprese a cantare e, mi pare, a sorridere -la la la, cra cra… ciao, coglione- e poi iniziò a darmi suggerimenti su cosa avrei dovuto bere -il Buffalo Trace ti fa male, lo sai. Dovevi darti ad un più modesto JackDaniels’ oppure con il più nobile dei whisky, il Pappy Van Winkle, la la la, cra cra… ciao, coglione!- Non capivo più se stavo ancora dormendo o se ero sveglio, mi sembrava di essere disteso su di un piano inclinato e mi misi a rotolare sulla strada, mi segnai la faccia e le mani con l’asfalto. Iniziai a perdere sangue dalle piccole ferite che mi procurai. Sembravo un corn dog, pronto per essere servito.


giovedì 22 febbraio 2018

Chi sa scrivere ma non lo fa più

Navigando nel web, ritrovo questa intervista a Philip Roth - completa la trovate qui: ilmiolibro/philiprothlamialottaconlascrittura - sulla sua decisione di non scrivere più. L'intervista è di qualche anno fa, direi 2012, proprio in concomitanza con la decisione, e la successiva comunicazione, di Roth.
Godetevela. Pensate alla profondità di un autore come Roth quando parla della decisione di non scrivere più, e pensate alle profondità dei suoi libri. Quando uno è un grande, lo è sempre.


Sul computer dell’appartamento di Philip Roth, nell’Upper West Side, c’è un post-it che recita: «La lotta con la scrittura è terminata». È un modo per ricordarsi che Roth ... ha abbandonato la scrittura (31 libri dall’inizio della sua carriera, nel 1959). «Guardo quell’appunto ogni mattina», ha detto l’altro giorno, «e mi dà una grande forza». Per i suoi amici l’idea di un Roth che non scrive è come l’idea di un Roth che non respira. A volte sembra che l’unica cosa che ha fatto in vita sua è stato scrivere. Lavorava da solo per settimane di fila nella sua casa del Connecticut, presentandosi ogni mattina in uno studio lì vicino, dove scriveva in piedi, e spesso tornandoci la sera. A un’età in cui la maggior parte dei romanzieri rallenta la sua attività, lui ha conosciuto una seconda giovinezza e ha scritto alcuni dei suoi libri migliori...
A 70 anni inoltrati sfornava in continuazione (anche se più brevi), praticamente uno all’anno. Ma nel corso di un’intervista di tre ore – l’ultima, ha detto lui – Roth è apparso allegro, rilassato e in pace con se stesso e con la sua decisione...
Scherzava e rievocava, parlava di scrittori e dello scrivere e riesaminava la sua carriera con palese soddisfazione e pochi rimpianti. La primavera scorsa ha eletto Blake Bailey a suo biografo e da allora lavora a stretto contatto con lui. .... «Non ho detto nulla perché volevo essere sicuro che fosse vero», ha detto. «Ho pensato: “Aspetta un secondo, non metterti ad annunciare che ti ritiri per poi tornare sui tuoi passi”. Non sono Frank Sinatra. Perciò non ho detto niente a nessuno, giusto per vedere se era proprio così ».
Su un tavolo in salotto c’è una pila di fotografie che gli ha appena spedito un cugino: sua madre in abito da sposa, con il velo che scende lungo una rampa di scale; un Roth giovanissimo con i genitori e il fratello maggiore, Sandy, davanti alla loro casa di Newark; un bel Roth adolescente seduto su un divano con la sua prima fidanzata seria; il soldato P. Roth con la divisa e l’elmetto dell’esercito.
Vicino c’è un iPhone che ha comprato di recente. «Perché?», dice. «Perché sono libero. Ogni mattina mi studio un capitolo di “iPhone per babbei” e ora me la cavo molto bene. Sono due mesi che non leggo una parola. Ho tirato fuori questo affare e ci gioco». Poi si corregge: «Durante il giorno non leggo, ma la sera sì. Leggo per due ore. ... Ma più che altro leggo libri di storia del Novecento e biografie. Allora vivevo. Ero un bambino che andava a scuola o un uomo che lavorava. È ora che mi rimetta in pari». Per quanto ne sa, dice Roth, l’unico altro scrittore a ritirarsi quando aveva ancora qualche freccia al sul arco, per così dire, è stato E. M. Forster, che smise di scrivere intorno ai 40 anni. Ma Forster smise principalmente perché riteneva di non poter pubblicare libri sul tema che più lo interessava, l’amore omosessuale. Roth ha smesso perché ritiene di aver detto quello che aveva da dire. «Mi sono messo seduto per un mese o due cercando di pensare a qualcos’altro e pensavo: “Forse è finita, forse è finta”. Assumevo dosi abbondanti di succo di narrativa, rileggendo scrittori che non leggevo da 50 anni e che avevano contato parecchio quando li avevo letti. ... «E poi ho deciso di rileggere i miei libri»... «Insomma, ho letto tutti questi grandi autori », aggiunge, «e poi ho letto i miei libri e ho capito che ormai le buone idee le avevo esaurite, e se me ne fosse venuta un’altra avrei dovuto sgobbarci sopra troppo».
Roth ora è in ottima salute, dopo essersi sottoposto a un’operazione alla schiena in aprile, e fa regolarmente esercizi fisici. Ma dice: «So che non riuscirò più a scrivere bene scrivevo prima. Non ho più la forza per sopportare la frustrazione. Scrivere è una frustrazione, una frustrazione quotidiana, per non parlare dell’umiliazione. È come il baseball: due terzi del tempo sbagli». Prosegue: «Non ce la faccio più a immaginare di passare altre giornate in cui scrivi cinque pagine e le butti via. Non ce la faccio più».
Il sole autunnale al tramonto comincia a splendere troppo forte e Roth tira una tenda per coprire una delle grandi finestre del suo salotto. Questa è la sua base newyorchese, ma continua a trascorrere gran parte del tempo nella casa del Connecticut, dove scrivere meno gli consente di ospitare di più. 
«Casa mia quest’estate era piena di gente», dice. «Ho avuto ospiti praticamente tutti i weekend, e a volte sono rimasti anche durante la settimana. Ora ho un cuoco che cucina per me. Ai vecchi tempi non sarei riuscito ad avere gente per casa tutto il tempo. Quando venivano per il weekend, non riuscivo a mettermi a scrivere».
Roth non ha smesso completamente di scrivere. Sta collaborando via email a un racconto lungo con la figlia di 8 anni di un’ex fidanzata, e scrive lunghi appunti e promemoria per il suo biografo. «Ora lavoro per Blake Bailey», dice. «La paga non è molto buona». Aggiunge che non è mai stato così sincero con nessun altro prima. «Blake mi ha tolto il fardello dalle spalle», spiega. «Non ho più la responsabilità della mia vita, di scavarci dentro. Sapete, avevo bisogno della mia vita come trampolino per le cose che scrivevo. Devo avere qualcosa di solido sotto i piedi quando scrivo. Non sono uno fantasioso. Saltello su e giù sul trampolino e poi mi tuffo nell’acqua della narrativa. Ma devo cominciare dalla vita per poterci pompare la vita dentro». Gli appunti che sta preparando per Bailey riempiono scatoloni interi, dice Roth. «Sono eloquenti e accurati », aggiunge, «ma ce ne sono così tanti che alcuni non riuscirò a leggerli per anni».
C’è una cosa che vuole chiarire: spesso viene citato a sproposito per una volta che avrebbe detto che il romanzo sta morendo. «Non credo che il romanzo stia morendo», rimarca. «Ho detto che il pubblico dei lettori si sta esaurendo. Questo è un fatto, e lo sto dicendo da 15 anni. Ho detto che lo schermo ucciderà la lettura, ed è vero. Prima lo schermo cinematografico, poi lo schermo televisivo, e ora il colpo di grazia, lo schermo del computer». Ma anche se i lettori diminuiscono, si continuano a scrivere grandi romanzi. «Ed Doctorow », dice cominciando a elencare alcuni scrittori che ammira. ... Aggiunge: «Perché dovremmo avere più lettori? I numeri non significano niente. I libri significano qualcosa».



domenica 18 febbraio 2018

Auguri, Faber!

Già, sarebbero 78. Inutile spendere tante parole sul suo conto, semplicemente il più grande poeta italiano del novecento, questo a mio parere e, si sa, di poesia non ci capisco nulla!
Rivalutate questa canzone, un capolavoro!




venerdì 16 febbraio 2018

Un pensiero a Fante

Navigando nel web, cercando qualche citazione che potrebbe servirmi nel prossimo libro, ritrovo queste due perle di John Fante.


Quelli che vale la pena di amare veramente sono quelli che ti rendono estraneo a te stesso. Quelli che riescono a estirparti dal tuo habitat e dal tuo viaggio, e ti trapiantano in un altro ecosistema, riuscendo a tenerti in vita in quella giungla che non conosci e dove certamente moriresti se non fosse che loro sono lì e ti insegnano i passi i gesti e le parole: e tu, contro ogni previsione, sei in grado di ripeterli. - Chiedi alla polvere-

Leggevo e leggevo, ed ero affranto e solo e innamorato di un libro, di molti libri, poi mi venne naturale, e mi sedetti lì, con una matita e un lungo blocco di carta, e cercai di scrivere, fino a che sentii di non poter più continuare perché le parole non mi sarebbero venute come ad Anderson, ma solamente come gocce di sangue dal mio cuore. -Sogni di Bunker Hill-





martedì 13 febbraio 2018

Qualche news del prossimo libro...

Eccomi!
Copertina e prefazione sono praticamente pronte. Autori due personaggi super, ve ne parlerò... Il titolo è pure pronto, questa volta con meno fantasia rispetto alle altre volte, forse... Ma andiamo avanti, le prossime presentazioni sono in arrivo, nell'occasione parlerò del libro di cui vi sto parlando, una raccolta di racconti, ma anche del mio ultimo libro uscito a fine anno, In quanti siamo rimasti in questo caffè.
Inutile che vi dica che per acquistare  i miei libri, potete tranquillamente farlo dal sito dell'editore, www.edizionidelfaro.it, o contattarmi direttamente, così come per organizzare un evento con me. Intanto, vi lascio qualche riga dal prossimo libro.


...Per superare le nostre difficoltà e le follie, piccole o grandi che siano, bisogna farsi aiutare e, soprattutto, bisogna volerlo. Siamo il risultato delle nostre azioni. Ma se supponiamo che il pensiero sia già un’azione, quindi ogni pensiero è destinato a dare un frutto, a volte nell’ immediato, a volte in un momento più successivo. Quando crei un pensiero di odio, rabbia o disperazione, quel pensiero è un veleno che nuoce al corpo ma anche alla mente. Ossia, non occorre che tu dica o faccia niente per agire, elaborare un pensiero significa agire. Il pensiero è la prima forma di azione, perché è pensando che gettiamo le basi di quello che sarà il nostro futuro, il comportamento nella società. Quindi, anche pensare vuol dire agire e un ipocondriaco in realtà agisce, oltre che pensare...

venerdì 9 febbraio 2018

Punto&Basket Camp

Buongiorno!
Solitamente quando parlo di sport non faccio promozione alle mie attività ma ho deciso che anche questa tradizione deve essere interrotta! Quindi, oggi vi presento il camp che mi vedrà come responsabile minibasket, Camp Basket Punto e Basket. Quest'anno festeggiamo il decennale e, attenzione, il responsabile della parte agonistica sarà il mio fratello (non ci crederete ma siamo stati separati alla nascita😭) Davide "Davidino" Pensabene. Attualmente alla Pallacanestro Trieste ed ex Reyer Venezia. 
Occhio che il preparatore fisico del camp è tale Lorenzo Giannetti. Non lo conoscete? Ah, ah, pivelli... ex preparatore fisico della Nazionale, della Fortitudo Bologna, poi anche a Napoli, Roseto, Rimini, serve dire altro???😂.
Il direttore del camp è anche l'ideatore di questa fantastica esperienza, Giuliano Stibiel. Triestino doc, con molte esperienze in tutta Italia. Ora head coach ad Albino, (A2 femm.). 
Oltre al sottoscritto e ai colleghi che vi ho appena presentato, ci saranno molti altri allenatori, ma soprattutto amici, senza dei quali non sarei quello che sono. Un camp dove si cresce, non solo come giocatori o allenatori, ma anche come persone. 
Per l'iscrizione potete far riferimento a queste immagini...


Le giornate saranno divise in momenti di lavoro sui campi, almeno 4 ore a giorno, e momenti di relax, al mare o nei parchi divertimento. Come vi ho detto prima, seppur scherzando, le qualifiche e l'esperienza dello staff del camp sono di primissimo livello.

Tutte le info le trovate anche nella pagina  Facebook/Punto&Basket e nel sito www.puntoebasket.it. Ovviamente, potete contattarmi anche personalmente: maurofornaro76@gmail.com.

Ma non è finita qui, i due super ospiti saranno Giulia Gatti e Stefano Tonut, pilastri di Schio e Venezia e protagonisti da anni con la maglia della nazionale.
I posti sono limitati e il costo è assolutamente concorrenziale, fossi in voi non mi farei perdere questa occasione, Cesenatico vi aspetta! 🌝😉

martedì 6 febbraio 2018

Bob

Così, tanto per ricordarsi dei miti... La sua canzone che più preferisco. Auguri, Bob!


giovedì 1 febbraio 2018

Anche a febbraio si può leggere, o ascoltare, poesia

Vi ho avvisato! 
Scegliete voi, video o lettura, eccole...



IL MARE, IL MARINAIO E LA POESIA

Ho bisogno
di scogli su cui infrangermi
per capire
il dolore della vita.
Capisco solo in quei momenti
di chiudere
gli occhi 
e abbandonarmi alla poesia.


La mia ultima raccolta di poesie In quanti siamo rimasti in questo caffè, edito da Edizioni del Faro, lo potete acquistare direttamente dal sito dell'editore, nelle librerie - online e tradizionali - o direttamente alle presentazioni. Così come tutti gli altri miei libri. 
A proposito, per organizzare un evento con me... maurofornaro76@gmail.com.