martedì 9 aprile 2019

Trump e le prigioni


Ritorno con un post sull'America, strano... 😉
Mi piace un sacco questo articolo: ilpost.it/prigioniprivate, lo riporterò in parte e lo commenterò. Come mi si confà.
Il buon vecchio Donald, come sappiamo ha un atteggiamento intransigente nei ocnfronti degli irregolari, se a questo aggiungiamo il fatto che le incarcerazioni di massa sono occasioni vantaggiose economicamente per le aziende carcerarie, il risultato è presto dato.
Il Wall Street Journal, partendo dalle difficoltà e dal sovraffollamento delle strutture di detenzione federali... ha raccontato come negli ultimi tempi sia cresciuto un modello, nato trent’anni fa, basato sempre di più sull’appalto delle carceri a operatori e investitori privati e specializzati.
La fortuna delle imprese private nelle prigioni degli Stati Uniti iniziò negli anni Ottanta quando, nel contesto della cosiddetta “guerra alla droga”, l’allora presidente Ronald Reagan firmò l’Anti-Drug Abuse Act instaurando pene molto severe per crimini non violenti ma legati alla droga, e causando un aumento improvviso della popolazione carceraria degli Stati Uniti (in particolare di quella di origine afro-americana). La tendenza subì un’ulteriore accelerazione negli anni Novanta, quando sotto la presidenza democratica di Bill Clinton venne firmato il Violent Crime Control and Law Enforcement Act, che interveniva in modo nuovamente restrittivo su reati non violenti e detenzioni legate alla droga. Da lì in poi il fenomeno dell’incarcerazione di massa raggiunse dimensioni tali che se nel 1980 le persone detenute erano circa 660 mila, oggi sono più due milioni (nel 2013 un quarto della popolazione carceraria mondiale era negli Stati Uniti). Le persone detenute sono in gran parte afroamericane: ci sono città dove un adulto nero su due è o è stato in carcere. Le risposte al problema del sovraffollamento causato dalle politiche attuate e del conseguente aumento dei costi di gestione portarono da subito a far crescere la privatizzazione carceraria, sia nella gestione di strutture prima amministrate dagli stati, sia nella costruzione e nella gestione di nuove strutture, sia nella fornitura di servizi all’interno delle prigioni, per esempio quelli medico-sanitari. La prima azienda a ottenere un contratto per la gestione di un carcere fu la CoreCivic, nel 1983... CoreCivic, ex Corrections Corporation of America (CCA), e Geo Group sono le due principali società che oggi controllano il mercato delle carceri private. Entrambe sono quotate in borsa e sono affiancate da altri circa 3 mila operatori privati più piccoli: non si occupano solo della gestione diretta delle prigioni ma anche dei fornitori, delle imprese in cui i detenuti lavorano, gestiscono programmi di riabilitazione, di monitoraggio elettronico e sono proprietarie di edifici in cui hanno sede degli uffici governativi.
A differenza della maggior parte delle altre imprese, il cui andamento è strettamente legato alla crescita economica del paese, spiega il Wall Street Journal, i gruppi carcerari del settore privato possono guadagnare anche durante un rallentamento economico. Ma dipendono, molto più che altri settori, dai cambiamenti legislativi o esecutivi. Nel 2016, per esempio, la viceprocuratrice generale dell’amministrazione Obama, Sally Yates, presentò un memorandum al Dipartimento di Giustizia in cui chiedeva ai funzionari responsabili di non rinnovare i contratti con i gestori delle carceri private... Poi è arrivato Trump, che già in campagna elettorale aveva parlato del malfunzionamento del sistema carcerario del paese e dei meriti del settore privato. Subito dopo le elezioni presidenziali il nuovo ministro della Giustizia, Jeff Sessions, aveva annullato le linee guida del suo predecessore sulla riduzione del modello privato. Negli ultimi due anni CoreCivic e Geo Group – che per le elezioni del 2016 hanno speso più di 5 milioni di dollari in attività di lobbying e finanziamento delle campagne elettorali – hanno firmato nuovi contratti di appalto con il governo e hanno chiuso il 2017 con un fatturato complessivo da 4 miliardi di dollari. Il giorno dopo la vittoria di Trump le azioni della CoreCivic sono aumentate di valore del 43 per cento; quelle di GEO Group del 21 per cento.
Secondo una ricerca pubblicata nell’aprile del 2018 dall’associazione no profit Urban Justice Center, più della metà degli 80 miliardi di dollari spesi dal governo statunitense ogni anno per il sistema carcerario è utilizzata per pagare le società private. 
Come facilmente si può intuire, la campagna elettorale di Trump è stata finanziata anche da queste aziende e, di conseguenza, la politica del Governo è "influenzata" da questi sponsor. Quindi, questi sono i dati sulle incarcerazioni degli ultimi tempi... Nell’anno fiscale 2018 che si è concluso lo scorso 30 settembre, nei centri di detenzione dell’ICE (lo United States Immigration and Customs Enforcement, l’agenzia federale responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere e dell’immigrazione) sono state registrate 396.448 persone, con un aumento del 22,5 per cento rispetto all’anno precedente. Tra ottobre e gennaio le persone intercettate lungo il confine sud-occidentale sono salite a 201.497, in aumento di un terzo rispetto allo stesso periodo dell’anno procedente.
Quindi, nuovi affari per queste aziende... A settembre GEO Group ha completato una struttura da 1.000 posti letto a Montgomery, in Texas, che secondo le stime della stessa Geo genererà 44 milioni di dollari l’anno. Ha poi ottenuto il rinnovo di un contratto per un centro di detenzione a Big Springs, sempre in Texas, dove in dieci anni la Geo prevede di incassare 664 milioni di dollari. ICE fornisce a GEO Group un quinto delle proprio entrate, dice il Wall Street Journal. Anche CoreCivic, lo scorso anno, ha firmato nuovi contratti con agenzie governative per nuove strutture in Mississippi e Arizona. E attualmente sta espandendo anche un centro di detenzione in California. 
Gli ultimi dati disponibili sulla distribuzione delle persone migranti detenute tra strutture private e pubbliche sono del novembre 2017. E la percentuale dei migranti in custodia presso strutture private è pari al 72 per cento.
Ovviamente, le carceri "a scopo di lucro" lucrano molto sui servizi alle persone, infatti: Per contenere i costi, nelle cosiddette “prigioni a scopo di lucro” la tendenza è tagliare i costi piuttosto che investire sulla qualità dei servizi... l’assunzione di personale non qualificato nelle prigioni private, il cibo scadente, i programmi di riabilitazione praticamente inesistenti, il trattamento dei detenuti a volte brutale.

Fonte: web
Come sempre, bisogna vedere i problemi, come quello delle carceri, da vari punti di visti. Quello di cui ho parlato oggi, è un cane che si morde la coda. Da una parte, il problema della migrazione irregolare e la conseguente politica di Trump, che comunque è razzista di suo; dall'altra, la grande impresa delle carceri private che sponsorizzano la politica di Trump e che si fanno sponsorizzare dalla stessa politica del governo. 

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