giovedì 19 settembre 2019

Le dimensioni dei libri

Vi siete mai chiesti perché i libri hanno la forma di libro? Beh, in questo articolo, che riporto in parte, ilpost.it/dimensionilibri, se ne parla.
Come si legge nell'articolo... «Chiunque abbia mai provato a organizzare gli scaffali della libreria sa che i libri non hanno tutti le stesse dimensioni. Anche quelli che appartengono alla stessa categoria (che siano tascabili per il mercato di massa o rilegati) possono essere incredibilmente diversi, cosa che rende molto difficile creare uno scaffale perfettamente ordinato e allineato. Nonostante questa molteplicità di dimensioni, quasi tutti i libri hanno una stessa proporzione». Quasi tutti i libri infatti sono dei rettangoli più alti che larghi, con un rapporto che mantiene più o meno la stessa proporzione di 5:8 tra larghezza e altezza... le proporzioni rettangolari dei libri non sono un’invenzione della stampa moderna e che anche quelli più antichi hanno proporzioni simili, anche se erano spesso un po’ più alti e grandi dei nostri. Le ragioni si devono principalmente alla storia della stampa, alle proporzioni matematiche e soprattutto all’anatomia del lettore.
...Leggiamo per righe: se sono troppo lunghe ci perdiamo, se sono troppo brevi perdiamo il filo. In The Elements of Typographic Style il tipografo Robert Bringhurst sostiene che la lunghezza di una riga dovrebbe essere compresa tra i 45 e i 75 caratteri; l’ideale sarebbe 66. Per lo stesso motivo le pubblicazioni molto più grandi, come giornali e riviste, hanno le pagine suddivise in colonne. Inoltre leggiamo i libri tenendoli in mano e per questo le dimensioni di un libro sono simili a quelle delle nostre mani; i primi libri erano molto più grandi perché venivano appoggiati su un leggìo...Il formato del codice fu vincente anche per molte altre ragioni: poteva essere appoggiato a un tavolo per prendere appunti, era più facile da maneggiare perché sfogliare è più semplice di srotolare; conteneva più testo perché si scriveva su tutte le facciate delle pagine; favorì una maggiore chiarezza nella scrittura, permetteva di inserire indici, note e numerazioni alle pagine e di trovare un passo al volo conoscendo il numero della pagina. Infine era più facile da conservare e archiviare. «L’uomo che inventò i libri piccoli si chiamava Aldo Manuzio, un grande editore e tipografo attivo a Venezia alla fine del Quattrocento che intuì l’esistenza di un pubblico pronto a utilizzare i libri in modo diverso da quello dominante fino ad allora, lettori meno orientati allo studio e più al piacere, affamati di storie da leggere ovunque e in qualunque posizione, non solo seduti al tavolo come gli eruditi, ma anche sprofondati in poltrona, sdraiati in un prato e, soprattutto, di notte a letto. Intuì, cioè, che la maneggiabilità e trasportabilità dei libri era una variabile funzionale importante, e che un formato ridotto sarebbe stato decisivo per allargarne l’utilizzo e, quindi, la vendita. Ma per attrarre il pubblico dei nuovi ricchi che gravitava intorno alle corti – lo stesso pubblico a cui si rivolse, per esempio, Ludovico Ariosto quando scrisse Orlando furioso – i libri dovevano essere concepiti come piccoli gioielli. Manuzio fece, cioè, un’operazione simile a quella che mezzo millennio più tardi Steve Jobs avrebbe fatto con gli iPhone».

A proposito di proporzioni, questa è la copertina del mio ultimo libro, proporzioni? 2/3. Come sarà il prossimo? Ancora non lo so ma ricorda che uscirà a novembre e sarà una raccolta poesie, Veramente pensate di capire i poeti, per Edizioni del Faro.

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