Li osservai per pochi istanti, poi
tornai alla mia noia. Sapevo d’essere una barca in mezzo ad un bosco e
all’orizzonte non c’erano nuvole. La giornata era grigia, in sintonia con il
mio umore. Mi rimisi a sedere, lasciai la sedia mezza spostata e lontana dal
tavolo. Mi sedetti in maniera scomoda e dolorosa per la schiena, giusto per
dare un po’ di novità alla mia monotonia. Mi grattai velocemene la testa, poi
presi la penna e iniziai a scrivere:
Proviamo a pensare alla scia che lascerebbe
una persona se le suole delle sue scarpe fossero unte di vernice. Proviamo a
pensare ai chilometri di vita segnati sull’asfalto. Proviamo a pensare a queste
migliaia di chilometri che si intrecciano nelle stanze, nei corridoi, nei
bagni, degli alberghi. Chilometri e chilometri di vernice che provengono da
posti diversi. La vita dell’avvocato che si intreccia con quella di un piccolo
moccioso. La vita della giovane insegnante che si intreccia con quella del pensionato.
La vita del vecchio partigiano che si intreccia con quella di sua nipote. La
vita dell’aspirante suicida con quella della suora. La vita di chi scappa e di
chi si sta cercando. Un albergo ben saldo alla madre terra testimone di
migliaia di vite che appena dietro la luce, troveranno il buio. E la morte.
Vita e morte. Difficile da accettare, ma due faccie di una medaglia unica. L'una indissolubile dall'altra. C'è un prima e un dopo. Forse. In mezzo, vita.
RispondiEliminama come dice la saggezza popolare, Per pagare e per morire, c'è sempre tempo.
Sei bravo a scrivere. Ciao.
La cosa più bella è che per scrivere non c'è sempre tempo. Lo devi fare quando sei vivo, perché prima non esisti e dopo è troppo tardi.
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