lunedì 27 febbraio 2017

John Steinbeck

Il 27 febbraio del 1902 nasceva John Steinbeck. Nel suo libro più famoso, Furore, ha descritto in maniera chiara e cinica la disperazione di chi non ha più nulla e che cerca, disposto a tutto, un posto migliore dove poter vivere. Nel libro l'intreccio tra l'uomo e la natura è inscindibile, cosa che pare che ci siamo dimenticati noi "moderni". Furore, ambientato durante la grande depressione, è una spiegazione - non voluta? - di questo secolo.

Le strade pullulavano di gente assetata di lavoro, pronta a tutto per il lavoro. E le imprese e le banche stavano scavandosi la fossa con le loro stesse mani, ma non se ne rendevano conto. I campi erano fecondi, e i contadini vagavano affamati sulle strade. I granai erano pieni, e i figli dei poveri crescevano rachitici, con il corpo cosparso di pustole di pellagra. Le grosse imprese non capivano che il confine tra fame e rabbia è un confine sottile. E i soldi che potevano servire per le paghe servivano per fucili e gas, per spie e liste nere, per addestrare e reprimere. Sulle grandi arterie gli uomini sciamavano come formiche, in cerca di lavoro, in cerca di cibo. E la rabbia cominciò a fermentare.


venerdì 24 febbraio 2017

Qualche altra info

Il mio romanzo, L'uomo che piangeva in silenzio, è ormai pronto. Sto rileggendolo per l'ultima volta e poi andremo in stampa. Sono veramente contento di pubblicare ancora con Edizioni del Faro, con l'editore sto lavorando anche ad altri due libri, usciranno tra la fine del '17 e l'inizio del '18. Saranno una raccolta di poesie e una di racconti, ma ci sarà tempo per parlare anche di questi progetti.
L'immagine di copertina, non sarà questa sotto, sarà curata dalla "mia" fotografa Daniela Martin. Ho già numerose date di presentazione in ballo, alcune sono già state fissate. Dopo tanti anni di impegno e di ricerca, a volta disperata, di contatti e location, inizio ad essere cercato e contattato. Sono soddisfazioni, o magari solo botte di culo.
In ogni caso, per info e organizzazione eventi, scrivetemi a maurofornaro76@gmail.com. Nelle prossime settimane pubblicherò qualche stralcio del romanzo in questo blog e sempre nel blog avrete tante alte novità.
Grazie a tutti quelli che mi stanno aiutando. 


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martedì 21 febbraio 2017

Aspettando il mio romanzo

Mi sono imposto di non scrivere per qualche giorno. Sto scrivendo cose abbastanza destabilizzanti e non volevo che la scrittura mi dominasse troppo. Oltre a questo, sono stato insieme con mio figlio per tre giorni, quindi da venerdì mattina alle 12.15 di oggi non ho scritto. Ho letto poco, ma quel poco mi è bastato per trovare nelle parole di Raymond Carver la forza per non smettere di vivere nelle parole: Il fatto è che se uno scrittore è ancora vivo e sta bene (e uno scrittore sta bene, finché continua a scrivere) e può voltarsi indietro a guardare da una grande distanza i suoi primi tentativi senza doversi sentire troppo intimidito o a disagio, per non dire imbarazzato rispetto a quello che faceva all'epoca - be', io dico che per lui è un bene. Ed è un bene anche qualsiasi cosa lo abbia ispirato e stimolato a continuare. Dato che le soddisfazioni sono quelle che sono in questo mestiere, cioè abbastanza poche e rare, gli dovrebbe essere perdonato se prova una qualche soddisfazione in quel che vede: una continuità nell'opera, che naturalmente vuol dire anche una continuità nella vita.  

venerdì 17 febbraio 2017

La vera poesia

Ho fatto passare San Valentino e ora parlo di poesia. Non che mi vergogni nel parlare di poesia, anzi. Ma in quel giorno la "usano" tutto. Appunto, la usano...
Questa è una canzone fantastica, con un testo superlativo. Al limite della perfezione. Perché? Perché parla dell'amore e quindi della vita, perché l'unica risposta da dare alla domanda cosa è l'amore è, inevitabilmente, vita. In questa canzone c'è la vita, ma anche la tristezza, la passione (la notte ti vengo a cercare) e l'assolutezza che dà l'amore alle persone innamorate (io sento i miei sogni svanire, ma non so più pensare a nient’altro che a te). C'è un senso di dipendenza mascherato dal vuoto dell'assenza, proprio quello che proviamo quando la persona amata non è vicino a noi.
Avrei voluto scriverla io questa poesia. 



mercoledì 15 febbraio 2017

Perdere tempo e non leggere

Resto sempre in ambito di lettura, o meglio, di non lettura. Ripropongo in parte un articolo che completo lo trovate qui: libreriamo/neltempochepassiamosuisocial... 
Oggi si parla del tempo che perdiamo sui social piuttosto che leggere. Ovviamente l'articolo vale solo per quelli, sfigati, che passano il loro tempo libero sui social senza leggere. E' questo l'errore, passare del tempo sui social senza leggere. Tu che mi stai leggendo stai ovviamente facendo la cosa giusta!
Nell'articolo si legge... Una delle frasi che più spesso si sentono dire da chi non legge o legge poco è la seguente: “Non ho il tempo di leggere”. Tanto che chi invece legge, di fronte a una frase del genere, si sente una persona inoperosa e comincia a chiedersi se potrebbe far di più, se lavora troppo poco, nonostante il sole non sia ancora sorto quando esce di casa e sia invece già tramontato quando torna. Guarda quanto lavora lei, pensa. Non ha neppure il tempo di leggere. 
Io, invece, siccome non faccio un cxxxo tutto il giorno trovo il tempo per leggere una decina di libri all'anno e a scrivere una media di un libro ogni 18 mesi...
Infatti... In realtà molto spesso una persona legge o meno non tanto in base al tempo libero che ha ma in base a come decide di impiegare il proprio tempo... in media passano sui social network all’anno 417 ore, ovvero quante ore mediamente si impiegano a leggere 200 libri. Naturalmente si parla di statistiche, numeri, che sono però indicativi per quanto riguarda l’incredibile disponibilità di tempo che in realtà abbiamo. Ricordiamoci che Michael Althsuler diceva che “la cattiva notizia è che il tempo vola” ma “la buona notizia è che sei il pilota”.

lunedì 13 febbraio 2017

Comprare per non leggere...

Visto che sono in un periodo di attesa per l'uscita del mio prossimo libro, sono particolarmente sensibile a tutto ciò che parla di lettura. Oggi vi propongo parte di un articolo, completo lo trovate qui: rivistastudio/comprarelibrichenonsileggono, che disserta su coloro che comprano libri e poi non li leggono. Premetto che odio queste persone. 
Nell' articolo si legge... tutti acquistiamo e regaliamo più libri di quanto non sia umanamente possibile leggere e nessuno ci trova nulla di male. Al contrario, l’intera industria editoriale si regge, e neppure troppo bene, su questa incongruenza tra il tempo a disposizione e il numero di volumi acquistati. Quanti libri è possibile leggere in una vita? E quanti è realistico aspettarsi di leggerne? Verso la fine dei suoi giorni, guardando affranto la sua biblioteca colma di volumi non goduti, Winston Churchill stimò di averne letti cinquemila. Una cifra verosimile, per un lettore straordinariamente vorace quale era Churchill, che però risulta ottimista anche per molti di coloro che rientrano nella categoria di lettori forti. 
Ma acquistare libri non è sempre stato qualcosa di apprezzato... Non a caso il loro accumulo è stato a lungo una pratica disprezzata nella cultura occidentale, ... nel Medio Evo gli europei guardavano con sospetto «l’estesi capricciosa e passionale» con cui gli arabi collezionavano volumi, e ancora nel Secolo dei Lumi era considerato immorale fare incetta di libri (acquistando più testi di quanti non ne possa leggere, il collezionista interrompe la trasmissione del sapere in essi contenuto e priva i suoi concittadini della possibilità di accedervi, questo il ragionamento). È soltanto dall’inizio del Novecento, ..., che l’accumulo di vaste biblioteche private è iniziato ad essere vista, quasi universalmente, come un’arte nobile a sé stante, indice di raffinatezza e di amore della cultura, indipendentemente dal numero di libri effettivamente letti. 
Ma questa è la riflessione che mi piace di più, legata a quello che sostengo da tempo: con l'avvento di internet l'acquisto di libri è diventato una qualcosa da farsi tanto perché mi costa poca fatica. Come acquistare la cover di un cellulare o un oggetto, che poi non utilizzeremo, per la cucina...Viviamo in un’epoca in cui, almeno tra le persone più evolute, l’acquisto di oggetti destinati a restare inutilizzati è disprezzato. Non si smette di dire, tra gli esperti di moda, che bisognerebbe comperare meno e comperare meglio, che fare incetta di capi low cost è sbagliatissimo (va bene, costa solo nove euro, ma poi te lo metti?), danneggia l’ambiente e incasina il nostro guardaroba, insomma è una tentazione cui resistere (altro mantra: se non indossi un capo da un anno, disfatene e sappi che acquistarlo è stato un errore). Perché, allora, comperare libri dovrebbe essere diverso?
Walter Benjamin descriveva l’arte di collezionare libri proprio come una forma di collezionismo qualsiasi, senza per questo sminuirla: la bellezza, scriveva, sta tutta nella ricerca, nel possesso, nel circondarsi di oggetti che «sprigionano una marea di ricordi quando li si contempla» – ah, quel volume l’ho trovato in una bancarella di Francoforte, quell’altro durante un viaggio nella Turingia – e che, nel loro essere collezione, rappresentano una squisita «tensione dialettica tra i poli del caos e dell’ordine». Bibliofilo in senso stretto, Benjamin però collezionava volumi rari, o carichi di un significato particolare: un’edizione originale di Balzac, una raccolta di favole dei fratelli Grimm stampata a Grimma (la sola assonanza conferiva valore, per lui). Il processo di chi accumula libri, beh, normali, è diverso. Con il bibliofilo, però, il semplice accumulatore condivide la condizione di «non lettore», che secondo Benjamin era una caratteristica di chiunque possegga tanti libri.
Una decina d’anni fa il critico francese Pierre Bayard ha pubblicato un libro proprio sull’arte del «non-leggere», definita «non la semplice assenza della lettura, ma un’attività a sé stante» (il saggio è uscito in Italia nel 2012 col titolo "Come parlare di un libro senza averlo letto". Come coi nostri cervelli, dove le connessioni tra i neuroni sono più importanti dei neuroni stessi, anche la cultura somiglia più a un network che a una somma: «Non è una questione di avere letto un libro in particolare, ma dell’essere capaci di orientarsi tra i libri come sistema, cosa che implica il riconoscere che formano un sistema e il sapere individuare ogni elemento in relazione agli altri». Non c’è bisogno di avere letto tutto i Fratelli Karamazov per cogliere un riferimento al Grande Inquisitore, né bisogna avere letto l’Ulisse di Joyce né Omero per avere un’idea, fosse anche fugace, del rapporto tra i due. Un libro, dunque, è «un elemento di un insieme, che assume il suo significato come una parola assume il significato in relazione agli altri».
Se la cultura è una rete di libri che si parlano tra loro, un sistema di cui si può partecipare anche senza averli letti singolarmente, allora forse la tendenza diffusa ad accumulare libri che non leggeremo mai riflette il desiderio di appropriarci di una parte di quel sistema. 
Concordo su tutto, capisco se fai il collezionista. Ma se non lo sei, cerca di comprare libri che poi leggerai. Altrimenti illudi lo scrittore di essere letto, quando in realtà ha preso solo i soldi dei diritti d'autore. E comunque quando apri la bocca, si capisce che è da anni che non leggi!

sabato 11 febbraio 2017

Auguri a me!

Oggi è il mio compleanno, lo festeggio con dei video che da un po' di tempo mi accompagnano.











giovedì 9 febbraio 2017

Gli italiani non leggono #2

Martedì ho parlato delle abitudini di lettura degli italiani. Il post, con la fonte delle mie riflessioni, lo trovate qui: gliitalianinonleggono#1. Oggi completo la mia chiacchierata parlando delle letture sul digitale. Nell'articolo si legge che  L’uso di Internet è entrato in concorrenza con la lettura di libri, per lo meno per le fasce giovanili? Cosa che penso sia vera ma, è altrettanto vero che nella prima fase dell'ascesa di internet si è verificato il contrario, cioè i maggiori fruitori di internet erano anche i maggiori lettori di libri e più in generale fruitori di cultura. Ne sono assolutamente convinto. Penso che anche oggi, nel 2017 e ormai con dieci anni di "internet per tutti", chi legge ebook legge anche cartacei e viceversa. Chi non legge uno dei due formati non legge neanche l'altro. Eviterò di parlare ora della differenza tra leggere un cartaceo e lo stesso libro in formato ebook, oggi non voglio parlare di questo.
Nell'articolo si dice anche che è vero che la stessa lettura di ebook non decolla più di tanto. Sono solo 4 milioni coloro che hanno letto nell’anno un ebook, il 7% della popolazione.
Ma la riflessione più interessante è questa Leggere libri è elemento fondamentale di crescita culturale delle persone. Un po’ tutti dovremmo sapere che se un genitore legge, con molta più probabilità, anche suo figlio leggerà; se in casa ci sono molti libri aumenta la probabilità che i propri figli leggano; se si abituano i bambini a giocare con i libri fin da piccolissimi, anche fin da due anni, con molta probabilità leggeranno da giovani e da grandi. C’è un livello di intervento pubblico, di sensibilizzazione, di potenziamento delle biblioteche, di formazione degli adulti, ma anche uno di tipo privato. Ciascuno di noi può fare molto per investire in questa ricchezza, perchè una delle risorse, anche economiche, più durevoli e promettenti del nostro Paese è proprio la cultura.
Ma non è così. In Italia c'è un'industria della cultura, che pensa a fare soldi. Poi c'è chi fa cultura veramente. Non è la stessa cosa, perché lo scopo finale è diverso, nel primo caso si pensa solo a fare soldi, nel secondo si pensa in primis ai contenuti.
Gli italiani non solo non leggono, gli italiani trovano che tutto ciò che è culturale (cinema, teatro, ecc.) sia in secondo piano rispetto alle necessità primarie dell'uomo. Vi faccio un esempio, nei vari comuni italiani ci sono gli assessorati all'edilizia, lavori pubblici, e tanti altri. Poi c'è l'assessorato degli sfigati: sport, cultura e tempo libero...

martedì 7 febbraio 2017

Gli italiani non leggono #1

Riporto parte di un articolo che completo lo trovate qui: lastampa.it/fugadailibri.
Come si evince dal titolo parla delle abitudini, meglio dire non abitudini, di lettura degli italiani. L'articolo si limita a fare l'analisi dei soli lettori di libri, quindi la visione non è completa. A mio avviso non penso che cambierebbe di molto.
Giovedì completerò quanto devo dire parlando dei lettori digitali.
Iniziamo col dire che meno della metà della popolazione italiana legge libri e ovviamente la lettura di libri nel tempo libero è in forte calo.
Come si legge nell'articolo Abbiamo perso 3 milioni e 300 mila lettori dal 2010 ad oggi. È un problema serio che va affrontato. Se ci guardiamo indietro nel tempo ci accorgiamo che una certa evoluzione c’è stata, ma che non abbiamo mai brillato nella lettura di libri.

Vi riepilogo un po' di numeri:
  • primi anni 60 - 16,3% leggeva libri (3/4 della popolazione aveva al massimo la licenza elementare e l'8% era analfabeta).
  • metà anni 80 - 35% leggeva libri (leggono soprattutto le donne, primato mantenuto ancora oggi).
  • nel 2016 - 1/3 degli uomini e il 50% delle donne legge. 
L'articolo è desolante, soprattutto quando dice che La situazione si aggrava dopo il 2010, da quel momento la percentuale di lettori cala notevolmente. In sei anni svaniscono gli incrementi di lettori di libri realizzatisi nell’arco del decennio precedente. E ciò succede anche e soprattutto tra i giovanissimi che sono coloro che leggono di più. I lettori maschi tra 11 e 14 anni sono diminuiti più del 25%. Metà dei giovanissimi non legge, e se non si legge da giovani difficilmente si leggerà da adulti. Siamo un Paese in cui la lettura non ha mai realmente sfondato, abbiamo livelli più bassi rispetto ad altri Paesi europei, e con grandi differenze territoriali, 20 punti percentuali a svantaggio del Sud e grandi differenze sociali.  
L'articolo continua... La lettura è condizionata dalla capacità di comprendere ed interpretare in modo adeguato il significato di testi scritti. C’è bisogno di una competenza di base cruciale per garantire una effettiva capacità di utilizzo e valutazione delle informazioni. Questa capacità, la cosiddetta «literacy», è molto bassa nella popolazione adulta in Italia, molto più bassa della media Ocse.
Quindi, che il titolo di studio sia cresciuto non è stato sufficiente. Lo sosteneva il compianto illustre linguista Tullio De Mauro che dobbiamo «sconfiggere l’analfabetismo di ritorno», battere sulla formazione degli adulti, sulla riduzione delle disuguaglianze, perché la lettura possa riprendere a crescere. Inoltre, una riflessione va fatta sul forte calo della lettura di libri da parte dei giovanissimi negli ultimi anni. Si è diffusa ad una velocità incredibile...
Continuo a sostenere che, non basta urlare ai quattro venti che bisogna leggere e non basta fare qualche campagna qua e là, giusto per stare a posto con la propria coscienza. Continuo a dire che in Italia si pensa all' industria cultura e non a fare cultura. L'italiano non è nelle priorità degli italiani. Evidentemente è una lingua troppo complicata per questi anni, forse sarebbe meglio semplificarla...

domenica 5 febbraio 2017

La scrittura creativa

Le parole che leggerete a fine post sono tratte dal libro di William Burroughs di cui oggi ricorre l'anniversario della nascita, 5 febbraio 1914 Saint Louis, il cui titolo è le stesso di questo post. Uno degli scrittori fondamentali per creare la "mentalità alternativa" al potere, una delle vere radici della Beat. Difficile, forse più corretto dire complicato, da leggere, dovrebbe essere preso un po' più in considerazione quando si parla di letteratura americana. Ma così è, più facile fare i fighi con le frasi ad effetto di altri scrittori. Suoi eredi nell'essere così semplici nel parlare dei limiti umani, in primis i propri, e allo stesso tempo essere dolci e irriverenti, sono Bunker e Foster Wallace. Questo è un parere mio.

Gli scrittori sono tutti morti e scrivono tutti dall'oltretomba e niente commissioni... 

venerdì 3 febbraio 2017

Un po' di America che se ne va (veramente)

In un periodo in cui si rimpiange le vecchia america, quella di Obama, quella del paradiso perduto.
Quando invece la realtà parla di una nazione in cui le disuguaglianze sociali ed economiche sono estreme, dove il famoso 1% più ricco della popolazione possiede più di un terzo di tutte le ricchezze, dove il reddito della metà più povera della popolazione non è cresciuto negli ultimi trent’anni, mentre quelli di quell’1% si sono triplicati. Un paese che ha speso 700 miliardi di euro per salvare le banche che stavano per mandarlo a picco, sprofondando in una crisi per cui in un anno nove milioni di persone hanno perso il loro lavoro. Un paese in cui più di sei milioni di persone sono in prigione o in libertà condizionale, dove la proporzione dei neri detenuti è tripla di quella dei neri liberi. Un paese il cui governo progressista e sorridente ha espulso, dal 2009 al 2016, tre milioni di immigrati, mentre dichiarava che li stava aiutando. Un paese che ha guadagnato grandi fortune sfruttando la manodopera a basso costo e maltrattata di altri paesi, e che adesso si lamenta delle conseguenze. Solo l’anno scorso ha sganciato più di 26mila bombe in Siria, in Iraq, in Afghanistan, in Libia e nello Yemen. Un paese che ha ancora un campo di concentramento fuori del suo territorio in cui rinchiude chi vuole. 
Un paese armato, non serviva e non servirà Trump per definirlo tale, in cui la metà degli uomini possiede armi da fuoco, e in cui ogni anno 12mila persone muoiono colpite da una pallottola. Un paese in cui abbondano le sparatorie di massa, omicidi plurimi dettati dal caso, in cui un uomo armato uccide quante più persone possibile in una scuola, una chiesa, un bar, un centro commerciale: quasi centocinquanta dal 2000. Un paese in cui due persone su tre sono favorevoli alla pena di morte, e in cui tremila persone aspettano la loro esecuzione.
Un paese in cui quattro adulti su dieci credono che un dio abbia creato l’uomo così com’è oggi meno di diecimila anni fa, come dice la Bibbia, e poi parlate di progressismo di Obama...
Un paese in cui i grandi poteri economici assumono legalmente dei maneggioni per fare pressione sui legislatori e ottenere leggi in linea con i loro interessi. Un paese in cui un multimiliardario misogino e razzista può diventare presidente con il voto dei suoi cittadini, la democrazia è anche questa. Stolti vetero comunisti, la democrazia DEVE accettare tutti!
Questa lettura nostalgica della storia ci impedisce di capirla. È il modo migliore per continuare a pensare al signor Trump come a un meteorite entrato in un’atmosfera pura e delicata, un bubbone inspiegabile: non la conseguenza di un processo, ma un incidente. Così non è possibile trovare una via d’uscita. Se il terremoto Trump servirà a qualcosa, sarà perché molti decideranno che è ora di ripensare le loro vite e la loro società: sarebbe un peccato che si limitassero a piangere per un paradiso che non hanno mai perduto perché non è mai esistito. Non sono pro Trump, semplicemente affermo il concetto che, tutto quello che fa Trump non è sbagliato semplicemente perché lo ha fatto lui. Una persona di sinistra non può pensarla così. E' da fascistelli questo pensiero. Perché lo fate voi?
Quindi, se dovete essere veramente nostalgici di qualcosa, siatelo per il famoso Circo Barnum che chiuderà i battenti a maggio, dopo 146 anni di attività. Un vero pezzo di America di cui essere nostalgici. 
Tra le cause indicate ci sono il netto calo nella vendita dei biglietti, aggravato da quando lo scorso anno gli elefanti sono stati eliminati dallo spettacolo. Tutti i circhi del mondo sono stati attaccati, in varie maniere, dagli ambientalisti. Ma questa è solo una delle cause.
Il circo nacque ufficialmente nel 1919 quando si fusero il circo Ringling Bros. e quello Barnum & Bailey. Quest’ultimo era a sua volta nato da una fusione tra il circo di Cooper & Bailey e quello dell’imprenditore Phineas Taylor Barnum, i cui primi spettacoli vengono fatti risalire al 1871 e che ad oggi è considerato probabilmente il più famoso di tutti i tempi: si chiamava il P.T. Barnum’s Great Traveling Museum, Menagerie, Caravan, and Hippodrome (“Il grande museo, serraglio, carovana e ippodromo viaggiante di P.T. Barnum”).
Il circo diventò nel corso degli anni famoso in tutto il mondo per gli spettacoli con animali esotici e per le funamboliche esibizioni dei suoi artisti, che nessun altro circo all’ epoca proponeva, tanto da aggiungere al nome di ogni spettacolo l’appellativo “The greatest show on earth”.
Il circo Barnum, inoltre, divenne noto per l’impiego dei cosiddetti “fenomeni da baraccone”. Si trattava spesso di persone con malattie rare, difetti fisici evidenti e altre caratteristiche che li rendevano strani agli occhi degli spettatori.




mercoledì 1 febbraio 2017

Un altro libro di un altro amico

Oggi vi presento il nuovo libro di un caro amico, Bruno Giraldo, motore instancabile della macchina cultura. Notte, dissertazioni e pensieri, parla di solitudine e della voglia di coltivarla. Cazzo, mi sembra di parlare di me. Come tutte le persone che fanno cultura, perché altrimenti non potrebbe essere, Bruno non può vivere senza l'ingombrante presenza della solitudine. Ma consapevole allo stesso tempo che, quella bestia che si chiama società ti fa sentire vivo e ti dà l'ossigeno necessario per restare da solo. Lui e la sua amata solitudine.
Bisogna stare bene da soli per stare con gli altri, frase fatta e buona scusa per leggere il libro di Bruno.
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