lunedì 13 febbraio 2017

Comprare per non leggere...

Visto che sono in un periodo di attesa per l'uscita del mio prossimo libro, sono particolarmente sensibile a tutto ciò che parla di lettura. Oggi vi propongo parte di un articolo, completo lo trovate qui: rivistastudio/comprarelibrichenonsileggono, che disserta su coloro che comprano libri e poi non li leggono. Premetto che odio queste persone. 
Nell' articolo si legge... tutti acquistiamo e regaliamo più libri di quanto non sia umanamente possibile leggere e nessuno ci trova nulla di male. Al contrario, l’intera industria editoriale si regge, e neppure troppo bene, su questa incongruenza tra il tempo a disposizione e il numero di volumi acquistati. Quanti libri è possibile leggere in una vita? E quanti è realistico aspettarsi di leggerne? Verso la fine dei suoi giorni, guardando affranto la sua biblioteca colma di volumi non goduti, Winston Churchill stimò di averne letti cinquemila. Una cifra verosimile, per un lettore straordinariamente vorace quale era Churchill, che però risulta ottimista anche per molti di coloro che rientrano nella categoria di lettori forti. 
Ma acquistare libri non è sempre stato qualcosa di apprezzato... Non a caso il loro accumulo è stato a lungo una pratica disprezzata nella cultura occidentale, ... nel Medio Evo gli europei guardavano con sospetto «l’estesi capricciosa e passionale» con cui gli arabi collezionavano volumi, e ancora nel Secolo dei Lumi era considerato immorale fare incetta di libri (acquistando più testi di quanti non ne possa leggere, il collezionista interrompe la trasmissione del sapere in essi contenuto e priva i suoi concittadini della possibilità di accedervi, questo il ragionamento). È soltanto dall’inizio del Novecento, ..., che l’accumulo di vaste biblioteche private è iniziato ad essere vista, quasi universalmente, come un’arte nobile a sé stante, indice di raffinatezza e di amore della cultura, indipendentemente dal numero di libri effettivamente letti. 
Ma questa è la riflessione che mi piace di più, legata a quello che sostengo da tempo: con l'avvento di internet l'acquisto di libri è diventato una qualcosa da farsi tanto perché mi costa poca fatica. Come acquistare la cover di un cellulare o un oggetto, che poi non utilizzeremo, per la cucina...Viviamo in un’epoca in cui, almeno tra le persone più evolute, l’acquisto di oggetti destinati a restare inutilizzati è disprezzato. Non si smette di dire, tra gli esperti di moda, che bisognerebbe comperare meno e comperare meglio, che fare incetta di capi low cost è sbagliatissimo (va bene, costa solo nove euro, ma poi te lo metti?), danneggia l’ambiente e incasina il nostro guardaroba, insomma è una tentazione cui resistere (altro mantra: se non indossi un capo da un anno, disfatene e sappi che acquistarlo è stato un errore). Perché, allora, comperare libri dovrebbe essere diverso?
Walter Benjamin descriveva l’arte di collezionare libri proprio come una forma di collezionismo qualsiasi, senza per questo sminuirla: la bellezza, scriveva, sta tutta nella ricerca, nel possesso, nel circondarsi di oggetti che «sprigionano una marea di ricordi quando li si contempla» – ah, quel volume l’ho trovato in una bancarella di Francoforte, quell’altro durante un viaggio nella Turingia – e che, nel loro essere collezione, rappresentano una squisita «tensione dialettica tra i poli del caos e dell’ordine». Bibliofilo in senso stretto, Benjamin però collezionava volumi rari, o carichi di un significato particolare: un’edizione originale di Balzac, una raccolta di favole dei fratelli Grimm stampata a Grimma (la sola assonanza conferiva valore, per lui). Il processo di chi accumula libri, beh, normali, è diverso. Con il bibliofilo, però, il semplice accumulatore condivide la condizione di «non lettore», che secondo Benjamin era una caratteristica di chiunque possegga tanti libri.
Una decina d’anni fa il critico francese Pierre Bayard ha pubblicato un libro proprio sull’arte del «non-leggere», definita «non la semplice assenza della lettura, ma un’attività a sé stante» (il saggio è uscito in Italia nel 2012 col titolo "Come parlare di un libro senza averlo letto". Come coi nostri cervelli, dove le connessioni tra i neuroni sono più importanti dei neuroni stessi, anche la cultura somiglia più a un network che a una somma: «Non è una questione di avere letto un libro in particolare, ma dell’essere capaci di orientarsi tra i libri come sistema, cosa che implica il riconoscere che formano un sistema e il sapere individuare ogni elemento in relazione agli altri». Non c’è bisogno di avere letto tutto i Fratelli Karamazov per cogliere un riferimento al Grande Inquisitore, né bisogna avere letto l’Ulisse di Joyce né Omero per avere un’idea, fosse anche fugace, del rapporto tra i due. Un libro, dunque, è «un elemento di un insieme, che assume il suo significato come una parola assume il significato in relazione agli altri».
Se la cultura è una rete di libri che si parlano tra loro, un sistema di cui si può partecipare anche senza averli letti singolarmente, allora forse la tendenza diffusa ad accumulare libri che non leggeremo mai riflette il desiderio di appropriarci di una parte di quel sistema. 
Concordo su tutto, capisco se fai il collezionista. Ma se non lo sei, cerca di comprare libri che poi leggerai. Altrimenti illudi lo scrittore di essere letto, quando in realtà ha preso solo i soldi dei diritti d'autore. E comunque quando apri la bocca, si capisce che è da anni che non leggi!

4 commenti:

  1. Mi trovo proprio d'accordo, in particolare sulla conclusione. Aggiungo che anche i piccoli editori ragionano ahimè nello stesso modo. Ho litigato con uno di loro che sostiene che i classici si vendono sempre ma nessuno li legge e a lui ciò basta e avanza.Io sostenevo che si potesse pubblicare quei testi aiutando il lettore anche a leggerli e magari questi ne avrebbe poi comprati altri anche più volentieri ma è superfluo aggiungere che ho perso la mia battaglia. Aspetto il tuo libro. Intanto mi leggerò uno di quelli che hai già pubblicato. Da quale mi consigli di iniziare? Ciao!

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  2. Come dico io "In Italia si pensa all'azienda cultura e non alla cultura".
    Racconti o poesie?
    Racconti: http://www.edizionidelfaro.it/libri/se-volessi-essere-disturbato
    Poesie: http://www.edizionidelfaro.it/libri/la-fatica-di-non-pensare e poi http://www.edizionidelfaro.it/libri/una-complessa-semplicit%C3%A0

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  3. Io penso che sia necessario "educare" alla lettura; chi compra libri e non li legge sicuramente ha vissuto in un ambiente dove la lettura è stata ritenuta una pratica poco importante. La famiglia è la prima che deve stimolare e avvicinare alla lettura e poi la scuola. Un bambino che si abitua ad ascoltare chi legge sarà di sicuro un ottimo lettore; sta tutto nell'educare all'ascolto e al piacere della lettura. Ma è difficile, ci sono troppi stimoli esterni che allontanano dai libri; in fondo non è più facile accendere il tablet o la televisione? Uno strumento elettronico dice cosa fare...e poi non c'è mai tempo per leggere... Ci sono tante scuse per non leggere!! Ma questo spiega perchè in una bellissima libreria di Bologna siano sempre affollati i ristoranti e il bar che ci sono all'interno piuttosto che le sale adiacenti dove ci sono i libri... ma non è una libreria?? Certo nutrire il cervello fa bene per la lettura ma...

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  4. Ti dirò di più, è considerato un passatempo e neanche dei più interessanti e stimolanti.
    Difficilmente si sente un politico o comunque una persona importante, con un certo share mediatico, parlare dell'importanza della lettura. Evidentemente va bene così.

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