giovedì 30 agosto 2012

Fatti concreti


Dicono che c’è chi ha bisogno di soldi e
chi no, ma tutti ne spendono
Dicono che “dobbiamo sentirci per fare tante cose” e
poi è finita lì, perché ad annoiarsi bisogna essere dei professionisti
Dicono che ammirano molto certi scrittori e
magari sottintendono altro 
Dicono che pescare sia un’arte e
che non si possano svelare i segreti di quell’arte
Dicono che certi sfigati fanno le star vedendo un concerto di non star e
quello è il momento più importante della loro settimana e probabilmente del mese
Dicono che certe persone non fanno mai la scelta giusta e
poi vivono lamentandosi dei loro errori
Dicono che ci si può divertire comunque e
non serva andare a Las Vegas
Dicono che non sia importante conoscere tutto quello che succede nel mondo e
forse è meglio così, meno sai uguale meno problemi
Dicono che il passato ogni tanto ritorni prepotentemente in voga e
questo ti faccia sorridere
Dicono che sia pericoloso andare in auto e
lo sia ancora di più se non rispetti il codice della strada
Dicono che a una certa età sia difficile perdere un po’ di peso e
soprattutto se bevi troppa birra
Dicono tutto quello che passa loro per la testa e
hanno tutti ragione, ma poi ognuno dovrà prima o poi fare il conto con la propria anima e
questo rende tristi le persone.
Più si invecchia e più si diventa saggi, dicono, e
ti rimane ormai poco tempo e devi riempire la tua bocca e 
la testa degli altri di frasi altisonanti
Pare strano, ma anche i poeti vivono più di parole che di fatti e
l’ultima cosa che farò sarà premere il testo del .

lunedì 27 agosto 2012

Se leggi solo ad agosto, non leggere questo post...

Ora che l'estate sta finendo, spero che quelli che leggono solo durante il periodo estivo si mettano da parte fino al prossimo agosto. Lasciamo posto (in realtà mai lasciato libero) a quelli che fanno della lettura un motivo di vita.
Vi consiglio alcuni libri e un po' di appuntamenti.
Nel mondo del calcio c'è un allenatore che mi piace molto, per vari motivi, uno che non si ferma al solo concetto di vittoria ma va oltre. Uno che pensa al come si arriva e non dove si arriva, vero Juve??? Sto parlando di Zeman, leggetevi questo libro: zeman/minumfax .
Per la Cononicopress è uscito questo libro su Bukowski: bukowski/coconinopress, particolare e diversi dagli alttri libri usciti su Buk, leggetelo e scoprite perché.
Veniamo agli appuntamenti, ve ne consiglio tre:
Il primo, Pordenonelegge (www.pordenonelegge.it), ci sono molti incontri e letture per ragazzi e bambini che ritengo interessanti. Poi, vi consiglio anche altri due aventi, ve li riporto così come sono presentati nel sito ufficiale: 
"Carnediromanzo" Rave letterario con Natalino Balasso e Massimo Cirri. Con la partecipazione straordinaria di Simone Marcuzzi
Natalino Balasso e Massimo Cirri conducono per mano il pubblico in un happening che porterà alla creazione di un’idea per un romanzo. Tutti diranno la loro in un caos organizzato che ci darà l’idea di come la letteratura sia qualcosa da governare ma che alla fine fa quello che gli pare. Perché non sono gli autori a scrivere i libri, sono i libri che prorompono, fuoriescono come mammelle dal vestitino della cultura, sempre troppo attillato per contenere la fecondità delle idee. 
"Mio padre votava Berlinguer" Incontro con Pino Roveredo e Paolo Rossi
È una lunga lettera quella che Pino Roveredo dedica al padre, scomparso quasi improvvisamente nella primavera del 1981, a poche settimane di distanza dalla madre. Un padre operaio-calzolaio sordomuto, che votava comunista non per ragioni ideologiche, ma perché “Berlinguer è una brava persona”. È proprio pensando a questo ideale – “una brava persona” – che Roveredo ripercorre tutta la sua esistenza, chiedendosi cosa ha fatto per essere a sua volta “una brava persona” e se vi è effettivamente riuscito. Roveredo ritorna alla sua storia: dalla lotta personale, faticosa ed emozionante, per uscire dall’alcolismo, all’incontro/scontro con il mondo mediatico e intellettuale, dal rifiuto di rinnegare la sua identità e le sue origini, fino ai rapporti famigliari e sentimentali, in una felliniana danza della vita, che mescola sogno e realtà, colori e malinconie.  
Il secondo, il festival della letteratura di Mantova (www.festivaletteratura.it), che vi consiglio anche solo per l'atmosfera che si crea. Anche qui vi consiglio due eventi, che vi riporto come nella presentazione:
"Trent'anni accanto a Kubrick" Emilio D’Alessandro e Filippo Ulivieri
Emilio D’Alessandro è un giovane che negli anni ‘60 va in cerca di fortuna in Inghilterra. Dopo qualche anno passato nell’ambiente delle corse automobilistiche, Emilio trova lavoro come autista privato: ad assumerlo, nel 1970, è un certo Stanley Kubrick. Leale, discreto e trasparente, il giovane autista si guadagna la fi ducia del grande regista, rimanendo al suo fi anco per quasi trent’anni e diventandone via via il segretario, il tuttofare, l’amico più fi dato. È Emilio a fare da interprete nelle lunghe telefonate di Kubrick con Fellini, a rassicurare un terrorizzato Ennio Morricone chiamato per le musiche di Barry Lyndon, a spiare Spielberg sul set di Jurassic Park per sincerarsi che seguisse i consigli datigli da Kubrick. Insieme a Filippo Ulivieri,
curatore di ArchivioKubrick e coautore di Io, Stanley e Kubrick, D’Alessandro traccerà una biografi a confi denziale del regista di 2001 Odissea nello spazio con l’aiuto di documenti fotografi ci inediti.
Joe R. Lansdale con Chiara Codecà, in più di trent’anni di febbrile attività, Joe R. Lansdale ha creato uno stile tutto suo, un’incredibile miscela di horror, fantascienza e comicità punteggiata degli eterni problemi americani come il razzismo, la povertà e la violenza. Acqua buia è il suo ultimo libro, il migliore a detta dello stesso autore, una riscoperta della forza
trascinatrice dell’American dream durante la Grande Depressione. I toni da fi aba noir riuniscono i drammi degli anni '30 alla crisi odierna, creando metafore ed analogie che permettono di individuare la strada per uscirne.
Il terzo, vi consiglio anche il festival di sugarpulp (sugarpulp.it) se vi piace la letteratura noir seguite questo festival.

giovedì 23 agosto 2012

I veri estremisti

Riporto integralmente un articolo apparso oggi sul Fatto (www.ilfattoquotidiano.it), dove il governatore lombardo Formigoni dà dimostrazione di chi sono i veri estremisti in Italia. Dichiarazioni come le sue, non lontane da quelle di un leader PD, SEL, FLI, e secondo me queste dichiarazioni ci starebbero bene in bocca a molti altri politici, sono la dimostrazine che la vecchia tradizione politico-culturale è la vera corrente estremista. Incolpare Grillo di destabilizzare il sistema politico italiano è come incolpare superman quando salva l'umanità. Continua a fare della politica una questione personale, parlando di attacchi a se stesso, senza preoccuparsi dei veri problemi del paese. Trovo assolutamente idiota (a essere buono, potrei dire ingenuo) credere a questi politici benpensanti e amici dell'umanità, grazie al loro essere fervidi credenti. Il vero problema è che quelli che si definiscono di sinistra sono esattamente uguali a lui, vecchio democristiano. Non cambia nulla e gli italiani sembrano non accorgesene.

Formigoni entra tra gli applausi. Sono le 19. E’ il suo dibattito e il tema sarebbe il Futuro del Nord e della Lombardia. Il “celeste” approfitta della platea per togliersi qualche sassolino dalle scarpe nei confronti di stampa e magistratura. Ma prima di ogni cosa racconta del suo incontro col Papa, tre mesi fa, a Milano. “Non dissi a nessuno cosa mi avesse detto”, spiega Formigoni. “Oggi posso rivelarlo: il santo padre mi disse di pregare ogni giorno per me”. Lacrime, applausi. Il celeste alza i toni della voce, parla della sua vicenda giudiziaria come se fosse archiviata e non appena aperta. Accanto a lui, sul palco, Oscar Giannino, caro a Comunione e Liberazione quanto al Grande Oriente e alla massoneria (è sempre ospite d’onore al congresso del Goi ogni anno, sempre a Rimini), Lodovico Festa nella veste di moderatore e il direttore di Italia Oggi Pierluigi Magnaschi. Il papa, poi l’ennesimo attacco al Fatto Quotidiano: “Il Fatto, insieme a Repubblica, Grillo e l’Italia dei Valori, sono il braccio armato che vuole destabilizzare il sistema politico italiano e mira al dissolvimento dello Stato che accusa anche in maniera vergognosa per abbattere in questo Paese ogni esperienza di democrazia”. A fine dibattito Formigoni, contro il Fatto, è stato ancora più forte: “Confermo tutto quello che ho detto, anche che siete il braccio armato che punta a destabilizzare il Paese”. Usiamo le armi? “Le parole sono armi”.
“È evidente che c’è stato un attacco politico fortissimo contro di me”, dice. “Caduto il governo Berlusconi qualcuno il 20 novembre dalla Repubblica ha lanciato la parola d’ordine: abbattiamo Formigoni. È caduto Berlusconi, è caduta Milano, abbattiamo Formigoni e ci libereremo del centro-destra. Come sempre, non riuscendo a battermi politicamente, hanno tentato la via giudiziaria e oggi capendo che non porterà a nulla, hanno cercato la via della descrizione sbagliata di me, parlando di comportamenti assurdi che non ho mai perseguito”. “Io mi sono difeso –prosegue- a differenza di altri. So quello che ho fatto e quello che non ho fatto e nulla di quello che ho fatto è contrario alla legge. Hanno tentato di dividermi dalla mia gente: dal Pdl, dalla Lega, da Cl, ma sono riuscito, grazie al fatto che loro hanno capito le cose come stanno, a tenerli compatti a me e oggi sono saldamente in sella alla presidenza di Regione Lombardia”.
E sulle vacanze nel resort caraibico a sette stelle Formigoni non ha altro da dire che: “Non le rifarei, anche se me le sono pagate per intero, perché in questo momento rischiano di apparire come un’ostentazione”. Dunque le accuse a lui rivolte –sostiene- sono false, ma di presentarsi dai magistrati il governatore non ci pensa proprio, “perché –afferma- nel momento in cui hanno ritenuto di esplicitare un’indagine contro di me ho detto loro: ‘Mostratemi le carte e allora verrò a rispondere senza problemi’”.
Il presidente della Lombardia – che a Rimini ha cambiato alloggio – poi si pronuncia sulla possibilità di andare alle urne prima del 2013. Lo fa dichiarando che il voto a novembre “è una delle possibilità di cui si parla, indubbiamente. L’importante è fare la riforma della legge elettorale. È chiaro che quando sarà approvata, allora, un accordo tra i partiti può anticipare la chiusura della legislatura”.
È un Formigoni che insiste a rivendicare un ruolo di primo piano al Meeting e a smentire altresì chi afferma che la sua popolarità sia in calo anche nella roccaforte ciellina: l’accoglienza che ho ricevuto  - afferma – “non è stata assolutamente tiepida o fredda. La campagna di fango scatenata contro di me ha messo in difficoltà alcuni amici, ma poi hanno capito tutti”.
L’intento di Formigoni è chiaramente di smorzare i toni e comunicare serenità, ma certo non è passato in silenzio l’articolo del settimanale Famiglia cristiana che ha stigmatizzato l’adunanza ciellina per “omologazione e mancanza di senso critico”.
“Per il meeting di Cl è tempo di cambiare. Applaudire il potere e non le idee, come ha ben scritto Famiglia Cristiana, non aiuta il Paese. E oggi accogliere il presidente della Lombardia Formigoni come un figliol prodigo segna un ulteriore distacco dalla realtà”. È quanto afferma, in una nota, il senatore dell’Idv Stefano Pedica. “Se anche Famiglia Cristiana arriva a contestare il Meeting – osserva Pedica – allora vuol dire che è tutto da cambiare. Dire che la festa è prona al potere, è un’accusa pesante che deve far riflettere gli esponenti di Cl. I giovani che hanno partecipato all’edizione di quest’anno non credo che porteranno con loro un ottimo ricordo. E oggi, con la presenza del governatore Formigoni, si toccherà il livello più basso. Siamo al terzo giorno di presenza di indagati, e non per furto di caramelle. Il Meeting invece va riformato nelle idee, nei programmi e soprattutto nelle facce, possibilmente pulite”.
A prendere le difese del meeting ci pensa Mario Mauro, presidente degli europarlamentari Pdl a Strasburgo, il politico che ha affiancato Monti nella sua visita di domenica . “L’attacco di Famiglia Cristiana al pubblico del meeting di Cl di Rimini –ha detto ai microfoni della “Zanzara Estate”, su Radio 24- è ingeneroso. Effettivamente l’articolo più che un articolo di valutazione su un’esperienza ecclesiale appare un articolo con un taglio fortemente politico”.
Ben diversa è l’analisi fatta da Lucio D’Ubaldo, senatore e membro della direzione nazionale del Pd: “L’attacco al meeting di Cl evidenzia un cambiamento di umore nel mondo cattolico. I nodi vengono al pettine. Finito un lungo ciclo politico, bisogna costruire una seria proposta per il Paese. Giustamente, dice Famiglia Cristiana, le idee devono contare più degli interessi e del potere. Invece –conclude D’Ubaldo- le dubbie coreografie di Rimini mascherano l’inclinazione ai metodi del passato, mentre è in atto nella società un confronto severo che richiede a tutti di aggiornare la sintassi della politica con l’obiettivo -non ultimo- di arginare le spinte all’opportunismo”.
Per il governatore della Lombardia non si tratta di “sdraiarsi davanti ai potenti”. Gli applausi che il pubblico di Cl riserva ai politici intervenuti alla kermesse sarebbero dovuti solo “all’educazione” di quel gregge che lui, esponente di spicco dei memores Domini, continua a spingere con orgoglio, nonostante sia iscritto al registro degli indagati. Per Formigoni infatti questo 14 avviso di garanzia “finirà nel nulla” come gli altri 13, per cui occorre che “si tranquillizzino i moralizzatori un tanto al chilo”. “Ho sempre detto –conclude pieno di certezza- che farò il governatore fino al 2015 e parteciperò alle vicende politiche nazionali da governatore”.

lunedì 20 agosto 2012

Anche questo è doping, parte terza

Riporto integralmente l'articolo di Vendemiale pubblicato sul Fatto Quotidiano, che parla dei debiti delle società sportive. Da notare che di doping non parla più nessuno. Lo sport è solo il calcio che fa, come sempre, quello che vuole. La baracca dovrebbe chiudere, intanto perde pezzi.

Una settimana fa è scattata la Ligue 1, ieri la Premier League e la Liga, la settimana prossima sarà la volta della Bundesliga e della nostra Serie A. Ripartono i campionati di tutta Europa. Ma mai come oggi è un calcio malato, segnato da debiti sempre più difficili da gestire. L’ultima ad essere esplosa, in ordine di tempo, è la crisi del calcio spagnolo. Che deve allo Stato circa 750 milioni di euro, secondo gli ultimi dati forniti dal Governo. E altri quattro ne deve a banche o istituti creditizi (che poi si rivolgono allo Stato per non fallire, il giochetto è sempre quello). Sono numeri che fanno scalpore, di questi tempi: e infatti si è parlato molto di come gli aiuti dell’Unione Europea siano serviti indirettamente anche a finanziare gli acquisti da parte del Real di Cristiano Ronaldo e Kakà. Ma il problema dei conti in rosso non riguarda solo i grandi club. Dietro è un generale si salvi chi può: oltre 20 squadre sono tecnicamente o concretamente fallite; e dei club della Liga ce ne sono otto che non hanno speso neanche un centesimo quest’estate.
Ebbene sì: la recessione è arrivata anche nel calcio. E anche nel calcio spagnolo, quello milionario e delle agevolazioni fiscali (che infatti non ci sono più, sacrificate sull’altare della crisi dal premier Rajoy). Ma non è solo il sistema iberico a tremare. Il calcio italiano è indebitato per 2,6 miliardi di euro. In Francia, escluso il Psg, si naviga a vista: il Montpellier campione in carica ha venduto la stella Giroud per esigenze di bilancio; mentre l’Olympique Lyonnais, dopo aver dominato per un quinquennio il campionato, è sprofondato in una crisi che è prima economica e poi sportiva. Passando all’Inghilterra, in Premier League ci sono almeno sette club con debiti superiori ai 100 milioni di euro a testa. Nel 2003 è fallito il glorioso Leeds, l’anno scorso è toccato al Portsmouth. Ai Rangers di Glasgow, nella vicina Scozia, è andata anche peggio: bancarotta e retrocessione in quarta divisione per la squadra di calcio più titolata del Paese.
Non è un caso che l’ultima sessione di calciomercato sia stata caratterizzata da un generale clima di austerity. A parte lo shopping quasi compulsivo del Paris Saint-Germain, solo il Chelsea di Abramovich (fior di quattrini per Hazard, Oscar e Marin) e il Manchester United di Alex Ferguson hanno speso parecchio, con i Red Devils che hanno dovuto sborsare 30 milioni di sterline per Van Persie dall’Arsenal, poco meno per Kagawa dal Borussio Dortmund. Le altre hanno combinato poco: il Barcellona ha comprato Song e Jordi Alba, Il Bayern Monaco Javi Martinez, il City solo Rodwell; mentre il Real forse prenderà Modric ma per adesso è ancora fermo a quota zero. Un acquisto per club, seppure.
Che potrebbe anche essere considerato troppo, a guardare i numeri dei passivi. Ma se il Barcellona, il Real e lo United possono permettersi di “dimenticare” i propri debiti (di oltre 500 milioni a testa) e continuare ad operare sul mercato è merito dei loro fatturati “monstre”: 480 milioni annui per il Real Madrid, 450 per il Barça, 370 per il Manchester. E’ qui che fanno la differenza con le “big” italiane: Milan e Inter si fermano intorno ai 200 milioni (con i nerazzurri che peraltro l’anno prossimo dovranno fare a meno dei preziosi introiti della Champions League), più indietro la Juventus (che però dovrebbe beneficiare appunto dei soldi della prossima Champions e dei ricavi dello stadio). Nessuna sorpresa, allora, se le nostre squadre vendono i loro pezzi pregiati, hanno come unico obiettivo quello di snellire il monte ingaggi o inseguono invano i “top player”.
Il panorama del calcio europeo è sconfortante. Ma un’eccezione c’è e si chiama Bayern Monaco: entrate per circa 300 milioni di euro l’anno, soprattutto un bilancio chiuso in attivo. Per la ventesima volta di fila, nonostante in rosa ci siano stelle assolute come Robben e Ribery. E non è certo l’unica squadra “virtuosa”, in Germania: loro ce l’hanno fatta, l’eden calcistico dei prossimi anni potrebbe essere proprio la Bundesliga. La ricetta è semplice: costi del personale contenuti, investimenti mirati sui giovani, gestione societaria rigorosa, azionariato popolare, stadi di proprietà redditizi.
La strada è tracciata, per tutti; a prescindere dal fattore cogente (fittizio o reale, si vedrà presto) del Fair play finanziario. La soluzione per far fronte alla crisi del calcio europeo è solo questa. Oppure l’epifania di qualche magnate o sceicco della provvidenza. Ma attenzione: i petrodollari come arrivano spariscono. Ne sa qualcosa il Malaga, sedotto e abbandonato dallo sceicco Al-Thani: potenza milionaria un anno fa di questi tempi, quarto nell’ultima Liga dopo anni di anonimato. Adesso la capitale della Costa del Sol torna ad essere meta solo di turisti e non di grandi giocatori: lo sceicco si è stancato presto del suo giocattolino, la società è di nuovo sul mercato. E così addio a Cazorla (emigrato a Londra, sponda Arsenal) e a tutti i pezzi pregiati della squadra. Comete che bruciano troppo in fretta: City e Psg sono avvisati. Intanto ricominciano i campionati. In attesa della Champions League, dove le squadre da battere saranno sempre le stesse. Real Madrid, Barcellona, Manchester United: campioni sul campo, campioni di debiti.

mercoledì 15 agosto 2012

Bukowski come Machiavelli

In quanti si ricorderanno che domani è il tuo compleanno? 16 agosto 1920, Andernach, Germania. In quanti, di quelli che ogni giorno postano le tue frasi sconce avranno capito il vero significato di quello che scrivevi? In quanti, di questi individui, seduti comodamente nel loro ufficio, hanno provato a capire cosa volevi dire? In pochi hanno provato a capirti, contenti di quando scrivevi di cazzi, di tette e di culi. E tutto sommato, a te è andata bene così, in realtà non volevi essere capito, volevi solo essere lasciato in pace. 
Qualcuno, domani, andrà su Wikipedia e scoprirà che sei nato proprio il 16 agosto. Beh, a questi qualcuno ricorda che nel 2013 sono 500 anni dalla stesura del Principe di Machiavelli. Ricordaglielo, così potranno iniziare a citare anche Machiavelli. E ricorda loro, come diceva il Principe, che una delle qualità che deve avere il principe ideale è la saggezza di cercare consigli soltanto quando è necessario. Questo, è un consiglio necessario.
E questa è la fine che faranno tutti quelli che non ti lasciano in pace.


La poesia salverà il mondo


Che te ne fai di un titolo?
Non ce la fanno... Mostra tutto
i belli muoiono tra le fiamme:
sonniferi, veleno per i topi, cord4
qualunque cosa...
si strappano le braccia,
si buttano dalla finestra,
si cavano gli occhi dalle orbite,
respingono I'amore
respingono I'odio
respingono, respingono.
Non ce la fanno
i belli non resistono,
sono le farfalle
sono le colombe
sono i passeri,
non ce la fanno.
Una lunga fiammata
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
una fi amm ata, vna bella fi ammata
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
al sole
i belli si trovano all'angolo di una stanza
accartocciati tra ragni e siringhe, nel silenzio,
e non sapremo mai perché se ne sono andati,
erano tanto
belli.
non ce la fanno
i belli muoiono giovani
e lasciano i brutti alla loro brutta vita.
amabili e vivaci: vita e suicidio e morte
mentre i vecchi giocano a dama sotto il sole
nel parco.

lunedì 13 agosto 2012

Anche questo è doping, parte seconda

Riporto integralmente un articolo di Alessandro Proietti, apparso il 20 giugno su www.dirittodicritica.com 
Vedete un po' voi se anche questo non è doping...

Un altro colpo al cuore per lo sport e il calcio italiano. La storica società del Piacenza Calcio, fondata nel lontano 1919, è stata sciolta ufficialmente dopo che nessun imprenditore ha versato 500mila euro per saldare il debito sportivo col fisco. L’asta è andata deserta, nonostante la base di partenza fosse di appena 50mila euro. Scaduti i termini dell’esercizio provvisorio, tra la mezzanotte di lunedì e martedì, i curatori fallimentari dovranno portare i registri in tribunale e la società biancorossa, di fatto, non esisterà più. Troppo forte la vergogna per il calcioscommesse e la crisi economica. Ora, il marchio della squadra, che ha visto tra le proprie fila campioni del calibro di Gentile, Vierchowood, Maldera, Luiso, Pippo e Simone Inzaghi, è stato rilevato dall’associazione “Salva Piace”, un comitato di volontari per cercare di risollevare la società, con un altro nome, ripartendo dal campionato dei dilettanti.
Il calcio italiano è ricco di precedenti fallimentari”, anche tra le più blasonate società di Serie A. Come dimenticare la vicenda che riguardò la Fiorentina, in bancarotta nel 2002, che assunse il nome di “Florentia”, ripartendo dall’ex serie C2. Per il facoltoso imprenditore Diego Della Valle, il fallimento della vecchia società rappresentò una ghiotta occasione per entrare nel mondo del calcio, seppur da una porta secondaria. Alla neonata società fu concesso di utilizzare lo stadio Artemio Franchi, “in quanto espressione della città di Firenze”. Della Valle, dapprima volle affrancarsi dalla vecchia Fiorentina di Cecchi Gori, poi accettò di pagare i debiti della vecchia società per poter partecipare al campionato di serie C2. Ci fu disparità di trattamento, nel 2002, con altre squadre fallite, come Brindisi, Catania e Livorno, che partirono dai dilettanti.
Fu, poi, la volta della storica società del Napoli, fallita nel 2004 per un debito con il fisco di 67 milioni di euro. Era necessaria una ricapitalizzazione ma il piano, presentato dall’ex presidente del Perugia Luciano Gaucci (“affitto” della società per 5 milioni di euro l’anno per cinque anni e rata finale da 21 milioni per tutta la società), non fu considerato credibile. Il Napoli fallì e l’imprenditore napoletano Aurelio De Laurentiis acquisì il titolo sportivo della società. L’importanza della piazza e il blasone fecero sì che la Figc acconsentisse alla richiesta di poter ripartire dal campionato dell’ex C1. Fino al 2006 (anno in cui la squadra conquistò la serie B), la società si chiamò “Napoli Soccer”, prima di riacquisire lo storico e attuale nome.
La Lazio, nel 2005, raggiunse l’accordo col fisco per la restituzione di 140 milioni di euro, interessi compresi, in un periodo dilazionato di 23 anni. A garanzia dell’accordo, un’ipoteca sul centro sportivo di Formello e l’eventuale cessione dei contratti. L’intesa fu suggellata dall’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni e rivolta a “tutte le società con debito fiscale accertato e non concordato”. Il pacchetto di maggioranza dell’As Roma, invece, dopo la presidenza Sensi (con debiti complessivi accumulati per 325 milioni di euro con Unicredit), attualmente, è gestito dalla cordata di imprenditori americani facenti capo a Thomas Di Benedetto. Non è da sottovalutare, però, anche la partecipazione, in quota minoritaria, di Unicredit che vedrebbe di buon occhio la valorizzazione della nuova società.
All’estero non se la passano molto meglio. E’ notizia di questi giorni, il rischio, sempre più concreto, di fallimento dei Glasgow Rangers, storica società scozzese. Debiti per 93 milioni di euro rischiano di cancellare 140 anni di storia, trofei e vittorie se entro venerdì prossimo non verrà trovato un compratore pronto ad accollarsi i debiti del club. A nulla è valso il tentativo di salvataggio in extremis tentato dall’uomo d’affari ed ex amministratore delegato dello Sheffield United Charles Green, con il piano di rientro che non è stato accettato dal fisco britannico. La Federazione scozzese ha, infatti, deciso di escludere la squadra dal calendario della stagione 2012-2013.
Il club protestante di Glasgow paga lo scotto di non avere alle spalle un magnate capace di ripianare debiti e disporre aumenti di capitale. Come succede per il Manchester City (proprietario lo sceicco Mansour), per esempio, il Chelsea di Roman Abramovich o per i nuovi proprietari del Paris Saint Germain (emiri del Qatar). In barba al fair play finanziario, tanto invocato dal presidente dell’Uefa Michel Platini, queste società continuano a spendere cifre esorbitanti senza prendere in considerazione i bilanci in rosso. Come dire, la legge non è uguale per tutti, soprattutto nel calcio.

venerdì 10 agosto 2012

Anche questo è doping, parte prima

Il fair play finanziario è un progetto promosso dal Comitato esecutivo dell’UEFA, l’organismo di governo del calcio europeo, nel settembre del 2009. Il progetto ha l'obiettivo di far estinguere i debiti delle società di calcio in modo che possano essere in grado, nel futuro, di autofinanziare il proprio capitale (senza ricorrere, quindi, a massicci versamenti dalle fortune private dei presidenti). Gli scopi del progetto sono anche altri: stimolare la crescita di infrastrutture che permettano alle società di fare introiti, mettere ordine nel sistema finanziario delle società e stimolare la crescita dei settori giovanili.
I controlli sono iniziati nella stagione 2010-2011 e hanno portato fin da subito a sanzioni: la squadra spagnola del Maiorca non è stata ammessa dalla UEFA alla competizione dell’Europa League nonostante il club si fosse qualificato, proprio per problemi finanziari. La regola del fair play finanziario obbliga le società di calcio europee a contenere le perdite negli esercizi di bilancio che vanno dal 2012 al 2014 entro i 45 milioni di euro e a ridurle nel triennio 2015-2017 in un massimo di 30 milioni di euro. Dal 2018 in poi saranno consentiti debiti fino a un massimo di 5 milioni di euro.
Le società di calcio saranno in parte controllate dalla UEFA stessa perché non abbiano debiti arretrati verso altre società e verso i dipendenti; dovranno comunicare le informazioni finanziarie di previsione, per il futuro, e saranno obbligate al pareggio di bilancio, per evitare che investano più di quanto hanno in cassa. Il presidente UEFA, Michel Platini, ha detto che «ci sono sempre state società più ricche di altre e ce ne saranno sempre. Quello che vogliamo è che i club, più o meno ricchi, non spendano più di quanto guadagnano e che raggiungano il pareggio di bilancio, unico metodo certo affinché sopravvivano». Tutte queste misure devono essere adottate entro il 2018, anno della definitiva entrata in vigore delle norme. Le società che vorranno partecipare alle competizioni per club europee, per cui si sono qualificate, non dovranno avere il bilancio in passivo. Visto che i suoi conterranei del P.S.G. stanno investendo troppi milioni di euro per acquistare giocatori, poteva almeno fare qualche dichiarazione. O, forse, il buon Platini fa finta di non sapere come le società fanno ad aggirare il F.P.F. Ve lo spiego io con un esempio semplice: la società A piuttosto che accettare i soldi dei nuovi investitori (vedi M.City e PSG), con il rischio di incappare in controlli troppo asfissianti, si fanno pagare l'affitto dello stadio (capito perché molte società ora vogliono lo stadio di proprietà?) proprio da una società dei nuovi investitori. Affitto, ovviamente, non certo a buon mercato. La società degli investitori è ovviamente uno degli sponsor più importanti della società A. Esempio semplice ma chiaro.
La UEFA ha previsto tre tipi di sanzioni, di tre gradi diversi: le società che supereranno di poco i limiti stabiliti non potranno schierare nelle partite di Europa League e Champions League i calciatori comprati nella sessione di mercato di gennaio. Altrimenti, salendo di grado, ci saranno delle trattenute sui premi che le società ricevono nelle competizioni europee, fino all’esclusione. Le sanzioni saranno applicate alla fine della stagione e alla fine dei campionati.
Vi do alcuni dati ufficiali della UEFA sui club di calcio, risultati finanziari di oltre 650 società appartenenti alle 53 federazioni nazionali affiliate alla UEFA. Il debito totale delle società è di circa 1,6 miliardi di euro, mentre il 75 per cento delle società non ha il bilancio in pareggio. La squadra inglese del Manchester City, per esempio, ha concluso il 2011 con un debito di 225 milioni di euro, ma nonostante questo dato la società ha continuato a investire molto per comprare nuovi calciatori.
Gli spagnoli del Barcellona hanno un debito di 98 milioni di euro e il Real Madrid per 181 milioni. Il Real Madrid, inoltre, ha debiti con la banca spagnola Caja Madrid di 660 milioni di euro. Le società di calcio spagnole hanno un debito complessivo di circa 5 miliardi di euro. Anche in Italia le società più grandi, Juventus, Milan, Inter, hanno debiti per molti milioni di euro. Tra le società che sono riuscite a rispettare le regole del fair play finanziario ci sono le italiane Napoli e Udinese, il Bayern Monaco e l’Arsenal.
Questi sono i bilanci della ultima serie A: Bilancio società seria A 2011-12

Detto questo, non trovate che sarebbe il caso di parlare anche in questo caso di doping? Doping finanziario vero e proprio. Senza parlare delle scommesse, anche quello doping. Perché i presidenti di queste società sono ancora al loro posto e perché le pene ai giocatori sono di pochi anni? Radiazione per tutti! Ma la nostra Italietta preferisce parlare per 24 ore di Schwazer e poi dimenticarsi di tutto, piuttosto che affrontare il problema. Aveva ragione Monti a dire che il calcio dovrebbe chiudere per qualche anno. A proposito, Petrucci non mi può proporre Schwazer come simbolo dell'antidoping. Almeno aspettiamo i vari processi e che sconti la pena. Sennò, caro Petrucci, devo pensare che sei contento perché ne hai beccato uno e non te lo aspettavi...

Mi sono documentato su: www.ilpost.it e www.ilsole24ore.com

martedì 7 agosto 2012

Sogno olimpico

Alle olimpiadi di Atene del 2004 vince l'oro nei 100 m. Nel 2005 ai mondiali di Helsinki, conquista i 100 in 9"88 e i 200 in 20"04. Nel 2006 eguaglia il primato mondiale dei 100 metri. Nel 2012, ha vinto i mondiali Indoor nei 60 metri a Istanbul e il Bronzo alle olimpiadi di Londra. 
In carriera ha conquistato anche l'argento olimpico nella 4x100 (2004) e l'oro mondiale nei 60 al coperto (2003).
Questa è la storia di Justin Gatlin, atleta statunitense, che pochi giorni fa abbiamo visto arrivare dietro a Bolt e Blake a Londra. Questa è la storia sì, ma una parte della storia. Perché Gatlin, nella sua comunque splendida carriera può "annoverare" anche due squalifiche per doping, una per anfetamine (2 anni di squalifica, poi ridotti a 1) e una per positività al testosterone (8 anni di squalifica, poi ridotti a 4). Recentemente, John Fahey, presidente dell'agenzia mondiale antidoping (Wada - World Anti Doping Agency), è stato chiaro nella lettera aperta inviata a meno di tre settimane dal via dei Giochi Olimpici "Se sei un atleta dopato e vuoi gareggiare a Londra, ritirati dalla tua squadra olimpica. Il doping è un imbroglio, puro e semplice. Se gareggerai a Londra da dopato, ingannerai anche gli appassionati di tutto il mondo. I prossimi saranno i Giochi più controllati della storia. A Londra, la macchina antidoping prevede la cifra record di 6250 test, le possibilità di farla franca sono veramente minime". 
C'è da dire che nel 2009, il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), con una regola aveva impedito agli atleti finiti nel mirino dell'antidoping di partecipare alla rassegna a cinque cerchi. Questa norma però, a seguito di un ricorso del Comitato Olimpico degli Stati Uniti, è stata cancellata lo scorso 30 aprile dal Tribunale Arbitrale dello Sport (Tas) di Losanna che ha così spalancato nuovamente le porte delle Olimpiadi a tutti quegli sportivi che nel corso della loro carriera si sono resi protagonisti di comportamenti assai poco etici e sportivi. Quindi, non solo Gatlin ha potuto tranquillamente partecipare alle Olimpiadi, ma anche altri atleti, molti importanti, proprio come Gatlin.
Ora, dopo lo shock Schwazer, dovremmo fare una bella analisi di coscienza. Perché l'atleta altoatesino ha avuto un solo merito, quello di ammettare la positività subito. E, come capita sempre in Italia, fiumi di condanne e indignazione verso il marciatore. A ragione, non c'è dubbio. Ma allora, perché la baracca calcio sta ancora in piedi, dopo tutti gli scandali e di ogni genere? Un po' di colpe le hanno, come sempre, il CONI e Petrucci. Perché è facile prendersela con un atleta isolato ma far cadere il baraccone calcistico vorrebbe dire inimicarsi qualcuno di più importante di Schawer.
Alex deve pagare, come il CIO non dovrebbe permettere che certi atleti possano partecipare alle Olimpiadi, come il calcio (a certi livelli) dovrebbe essere escluso dalla vita culturale italiana. E' sempre una questione di scelte, il Comitato Olimpico USA, evidentemente "conta" molto, quindi il TAS ha accettato il ricorso. Ora, però, ricordatevi che non deve pagare solo Schwazer perché lo sport italiano sia più pulito. Ci sono vari tipi di doping, quello di assumere sostanze ne è un tipo. Quello di vendere le partite o fare buchi di bilancio, sono altri tipi. E' sempre e comunque un discorso culturale.

Info trovate su eurosport.it.

lunedì 6 agosto 2012

Riduzione di spesa...???

Alcune curiosità sulla vita in Parlamento. Molte le ho recuperate dal programma "Casta Italia" di Sky, www.sky.it.
La Tipografia Colombo, di Roma, si è vista stanziare 7 milioni 150 mila € per l'anno 2010 e "soli" 6 milioni 435 mila € per l'anno 2011 per la pubblicazione degli atti parlamentari. Si badi bene che gli atti non hanno l'obbligo d'essere pubblicati su carta, ma questo evidentemente non conta. Quindi, tutti gli atti vengono pubblicati anche su formato cartaceo e arrivederci al risparmio di denaro pubblico. Però, la nota curiosa è che la Camera ha stanziato nel 2011 circa 22 mln/€ per rinforzare il settore informatico.
Questa gestione di denaro pubblico è sempre stata per assegnazione diretta, e solo l'anno scorso hanno finalmente deciso di destinare la gestione di così tanti soldi tramite regolare bando di gara. Pensate che anche i conti correnti privati dei deputati sono sempre stati gestiti da un istituto di credito privato, il Banco di Napoli. Forse quando Calderoli era al ministero della semplificazione poteva rendere più trasparente anche questo aspetto della vita democratica. Lui, padano vero, che vede i suoi soldi gestiti dal Banco di Napoli...
Parliamo ora dei vitalizi (cioè le pensioni, giusto per parlare in termini pratici) degli ex parlamentari. Sono i famosi "diritti acquisiti" che, a detta del Presidente dell'Associazione degli ex deputati G. Bianco, un DC della prima ora, rinunciare ai diritti acquisiti vuol dire far venir meno uno dei pilastri fondamentali dello Stato di Diritto. Fin dal 1953, ogni parlamentare poteva andare in pensione dal giorno successivo il termine della Legislatura e bastava un anno di mandato. Ora, invece, con la riforma in vigore dal 1° gennaio 2012, le nuove leve parlamentari andranno in pensione a 60 anni, nella milgiore delle ipotesi. Il paradosso è che 3 deputati e 23 ex deputati hanno presentato ricorso contro la riforma dei vitalizi.
Vi do qualche altro dato, nel 2011 per i vitalizi abbiamo speso più di 138 mln/€, nel 2013 ne spenderemo più di 143/€. Ogni ex parlamentare percepisce in media poco più di 6mila €/mese lordi. Gente che è andata in pensione a 45-50 anni e con una sola legislatura alle spalle! Da notare che i parlamentari hanno sempre potuto cumulare il reddito da lavoro con la pensione, un esempio su tutti: Lamberto Dini (ministro varie volte e Premier dal '95 al '96), percepisce mensilmente 7mila € di pensione INPS, 18mila di pensione Bankitalia e 16mila dal Parlamento. Si badi bene, sono lordi... Se si vanno a vedere le spese previste per le pensioni per gli anni '11, '12 e '13, sono in aumento. Evidentemente, in un paese in cui 50 dei migliori 100 ricercatori se ne vanno all'estero per non tornare più, chi ha così tanti privilegi se li tiene stretti e non se ne va.

giovedì 2 agosto 2012

La verità storica

Riporto qui sotto un articolo che mi ha segnalato un mio amico, Marco (@marcoranzato), che parla della sentenza Diaz. L'articolo è del 14 luglio, quindi molto recente. Lo si trova su www.wumingfoundation.com, nel sito trovate anche altri articoli molto interessanti su Genova, ad esempio "Tu che straparli di Carlo Giuliani, conosci l'orrore di Piazza Alimonda?"
Oggi, nel giorno dell'anniversario della strage di Bologna, questo articolo è quanto mai attuale. Perché uno dei grandi problemi di questa Italietta è arrivare alla verità storica dei fatti. Bologna, come Genova, come decine di altri casi. Come dice la nostra carta costituzinale all'articolo 3, "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,..." non è così, non lo sarà per molto tempo e forse per sempre. Ma rincorrere i propri sogni e un mondo più giusto è un dovere per ogni cittadino. Le istituzini, avrebbero il dovere di tener fede all'articolo 3, non è così, non lo sarà per molto tempo e forse per sempre. Smettere di lottare, sarebbe una sconfitta per tutti.

E’ chiaro che stanotte non c’è nessuna gloria. E domattina nessun orizzonte. Era antifrastico anche il titolo del film di Stanley Kubrick, uno dei più belli contro l’ottusità antiumana del militarismo. La trama è nota: durante la Prima Guerra mondiale, sul fronte occidentale, un inetto generale francese lancia un impossibile attacco contro una fortificazione tedesca. Le truppe francesi non riescono nemmeno a uscire dalle trincee, vengono falciate dalle mitragliatrici, ricacciate indietro. L’attacco è una catastrofe colossale. Per non passare da incapace, il generale addossa la colpa alla codardia dei suoi soldati e chiede che ne vengano fucilati cento, estratti a sorte. L’Alto Comando gliene concede tre. Tre capri espiatori, che pagheranno per tutti, anche se la colpa non è di nessuno, o meglio, è di chi stava in alto. Di chi ha voluto quella guerra.
La giustizia italiana, stasera, non è diversa da quella militare nel film di Kubrick (che si ispirava a un fatto realmente accaduto). Anche lì c’era un bravo avvocato difensore, che veniva sconfitto da una sentenza grottesca, quasi caricaturale per la sua assurdità.
La giustizia italiana ha deciso che cinque persone pagheranno per tutti. Altre cinque potrebbero aggiungersi. E così si ottiene il pari e patta politico con la sentenza sull’assalto alle scuole Diaz. Poco importa che le condanne dei poliziotti riguardino il pestaggio e il massacro preordinato di persone, per di più indifese, mentre quelle dei manifestanti siano motivate dalla distruzione di cose, di oggetti inanimati, in mezzo al caos generalizzato. Qualcuno di loro si becca dieci anni di galera.
Dieci anni. Quasi lo stesso tempo che è intercorso da allora. Nel frattempo le vite di quelle persone sono diventate chissà cos’altro rispetto a quei giorni. Nel frattempo i danni materiali alle cose sono stati riparati, le assicurazioni hanno risarcito, il mondo è cambiato. Nel frattempo sono scorse in loop su ogni canale di comunicazione, fino a diventare parte dell’immaginario collettivo, le immagini di cosa è stata Genova in quei giorni, del comportamento delle forze dell’ordine, del clima che si era creato. Nel frattempo sul G8 di Genova sono stati girati documentari e film, pubblicate decine di libri, scritti fiumi d’inchiostro. E dopo tutto questo, deve arrivare la sentenza che pretende di fare pagare il conto a dieci persone, metaforicamente estratte a sorte dal destino, per via di un filmato piuttosto che di un altro, di una foto scattata un secondo prima anziché un secondo dopo. I tre soldati del film di Kubrick.
Io ero a Genova nel luglio di undici anni fa. Ero dietro la prima fila di scudi di plexiglass in via Tolemaide, quando il corteo è stato caricato a freddo e asfissiato col gas, in un tratto di percorso autorizzato. Con alle spalle diecimila persone non era possibile arretrare, e l’unica soluzione per salvarci e impedire che la gente venisse schiacciata è stata respingere le cariche come si poteva, e alla fine, dopo il disastro, dopo la battaglia, dopo la morte, proteggere la coda del corteo che tornava indietro sotto i getti degli idranti. E c’ero anche il giorno dopo, insieme a tanti altri, a inerpicarci su per stradine e sentieri con gli elicotteri sulla testa, fino sopra la città, per riportare tutti alla base.
Io avrei potuto essere uno di loro. Uno di questi fanti estratti a sorte. Invece sono qui che scrivo, nel cuore della notte, incapace di dormire, già sapendo che domani andrà meglio, che dormirò di più, e che piano piano potrò concedermi il lusso di ridurre tutto a un brutto ricordo lontano. Loro no. Le vite che hanno condotto in questi undici anni si interrompono e Genova ricomincia da capo.
Questo paese fa la fine che si merita. A Genova nel 2001 manifestavamo contro il potere oligarchico dei grandi organismi economici internazionali. Pensavamo soprattutto alle fallimentari cure neoliberiste che il FMI imponeva ai paesi più poveri, devastando le loro economie col ricatto e strozzandoli col meccanismo del debito. Oggi quella cura tocca a noi. In Italia comandano i commissari non eletti della Banca Centrale Europea, e applicano la stessa ricetta a base di tagli alla spesa pubblica, il cui scopo in definitiva si riduce a un enunciato semplice: salvare i ricchi.
Avevamo ragione.
Abbiamo perso.
Il nemico si tiene gli ostaggi.
Fino a quando la marea non monterà un’altra volta.