venerdì 30 novembre 2018

Auguri, Mark!

Fonte: web
Oggi, 30 novembre, ricorre l'anniversario di nascita di uno dei più grandi scrittori americani, io direi del globo, Mark Twain. Scrittore e saggista, ma anche filosofo e acuto osservatore della società americana, narrò in maniera magistrale i conflitti interrazziali e si divertì molto nello scrivere di democrazia e di libertà. Uno scrittore che mi ha influenzato molto, con le debite proporzioni, eh! 
Qui una riflessione da Il principe e il povero, a proposito di letteratura, libri e della loro utilità.
"Quando sarò re, quei poveretti non dovranno avere soltanto pane e un tetto, ma anche libri e insegnanti, perché la pancia piena non conta nulla se anche la mente e il cuore non vengono nutriti come si deve... L'istruzione, infatti, rende il cuore più sensibile, e genera bontà e carità".

giovedì 29 novembre 2018

La discussa candidata

Nel giorno in cui ricordiamo Il massacro di Sand Creek, 29 novembre 1864, nell'ambito dei più vasti eventi delle guerre indiane. Quando un accampamento di circa 600 nativi membri di varie tribù, fu attaccato da 700 soldati della milizia statale, a dispetto dei vari trattati di pace firmati dai capi tribù locali con il governo statunitense. Visto lo scarso numero di guerrieri armati e capaci di difendersi presenti nel campo, l'attacco dei soldati si tradusse in un massacro indiscriminato di donne e bambini.
Vi voglio in realtà dire che, le discriminazioni e quindi le persone razziste ci sono ancora, eccome! La signora di cui vi parlerà l'articolo - completo qui: lastampa/candidatatrumpiana - ne è l'esempio concreto!

L’onda blu in Mississippi è stata arginata. Al ballottaggio per il seggio al Senato degli Stati Uniti ha trionfato la candidata repubblicana dell’ultradestra sostenuta dal presidente Donald Trump, Cindy Hyde-Smith. Con oltre il 94% dei voti scrutinati si è aggiudicata il 54,4% delle preferenze, contro il 45,6% del rivale democratico, Mike Epsy, afro americano. È l’ultima sfida delle elezioni Usa di metà mandato che hanno riconsegnato ai democratici la Camera dei Rappresentanti ma ampliato a 53 seggi su 100 (da 51) la maggioranza del Gran Old Party (Gop) al Senato.
La vittoria della Hyde-Smith, considerata un test sul trumpismo (e sul razzismo) nel profondo Sud degli Usa, segnala che la virata a destra dei candidati può essere estrema senza per questo pregiudicare loro la vittoria. Per trascinare la favorita senatrice uscente Hyde-Smith al traguardo, il presidente Donald Trump ha tenuto alla vigilia del voto ben due comizi in Mississippi, attaccando le carovane di migranti, difendendo l’uso dei lacrimogeni contro i clandestini e definendo l’indagine sulle interferenze di Mosca nelle elezioni Usa «una caccia alle streghe spazzatura». 
A mezzo secolo dall’approvazione del “Civil Rights Act” e del “Voting Rights Act” e dopo aver eletto il primo presidente di colore della storia Usa, Barack Obama, l’esito dell’urna in Mississippi dimostra che non c’è spazio per i candidati bianchi moderati nel profondo Sud degli Stati Uniti. 
Nello Stato che vanta il maggior numero di linciaggi tra 1882 and 1968, la Hyde-Smith durante la campagna elettorale non ha esitato a fare una battuta choc dicendosi pronta sedere «in prima fila» nel caso di «un’impiccagione pubblica». Si è poi scusata ammettendo che qualcuno si sarebbe potuto sentire offeso, dopo che il video con la sua esternazione è diventato virale. 
...Secondo FiveThirtyEight ha sempre votato con il presidente, condividendone la linea dura contro gli immigrati, le armi facili, le politiche contro l’aborto e le simpatie per il nazionalismo bianco. Ha posato con oggetti dei confederati, compreso un fucile, definendo quello il punto più alto della storia del Mississippi... In Mississippi hanno trionfato il trumpismo, l’intolleranza nei confronti delle minoranze le e le battute xenofobe. Il presidente americano ha esultato. «Congratulazioni alla senatrice Cindy Hyde-Smith per la grande vittoria nello Stato del Mississippi - ha twittato - siamo orgogliosi di te».
Fonte: web

venerdì 23 novembre 2018

Promo libri al millesimo post!

Oggi festeggio il millesimo post - ORGOGLIOSO - e vi propongo la consueta promo natalizia sui miei libri, vi ricordo che vale solo se l'acquisto lo fate direttamente da me, non dall'editore e nelle librerie. A fine post vi darò le info con i contatti e la durata della promo.

CHI ACQUISTA UNO DEI MIEI LIBRI, OLTRE ALLA DEDICA PERSONALIZZATA, RICEVERA' IN REGALO LA MIA PRIMA RACCOLTA DI POESIE, "SOTTOVOCE", RISALENTE AL BASSO MEDIOEVO E UNO DEI MIEI ULTIMI RACCONTI. IL RACCONTO LO POTRETE SCEGLIERE SU UNA GAMMA DI 5 O 6 SCRITTI CHE RITENGO DEGNI DI ESSERE LETTI, QUESTI RACCONTI VERRANNO PUBBLICATI A FINE 2019 O INIZIO 2020, IN UNA NUOVA RACCOLTA. VOLETE SAPERE IL TITOLO? LO DIRO' SOLO A QUELLI CHE ACQUISTERANNO UN LIBRO! 😈😉😎

Se non mi avete mai letto o comunque avete bisogno di un ripasso...
Racconti americani Una raccolta di trenta racconti, quasi tutti inediti, scritti con il solito stile intriso di cinismo, ironia e disincanto, ma anche con una profonda dolcezza. Una scrittura attenta e appassionata, che trova come amici personaggi vinti e sempre alla ricerca di speranza, redenzione, voglia di amare ed essere amati, scavando nel marciume della vita fino a raggiungere un po’ di pace.
In quanti siamo rimasti in questo caffè Ci sono raccolte di poesie che vorresti non finissero mai. Dopo poche pagine, osservi le restanti covando la speranza che siano interminabili. Raggiunta l’ultima chiudi la copertina con dispiacere e osservi malinconicamente il segnalibro, sapendo che non troverà più collocazione, con la netta sensazione che il rapporto con l’autore non sia concluso. Trattieni tra le mani quella preziosa raccolta d’emozioni pensando: “Questo è uno di quei libri che avrei voluto scrivere!” 
L'uomo che piangeva in silenzio «Ogni romanziere, all’inizio, vuole scrivere poesie e, non riuscendoci, prova con i racconti, che sono la forma letteraria più difficile dopo la poesia. Poi, fallendo anche con quelli, l’unica cosa che gli resta da fare è mettersi a scrivere un romanzo». Lo disse William Faulkner in un intervista rilasciata pochi anni dopo aver ricevuto l’ambito premio Nobel. Ne L’uomo che piangeva in silenzio Mauro Fornaro coniuga entrambi i generi, romanzo e racconto, in una struttura narrativa sorprendente. 
Una complessa semplicità Questa raccolta di scritti, poesie ma non solo, affronta il tema della solitudine nella società moderna. L’autore, dalla politica ai sentimenti umani, dall’educazione allo sport, critica le moderne dinamiche sociali senza mai staccarsi dal suo vero grande desiderio: vivere la vita fino in fondo.
La fatica di non pensare Si possono scrivere belle poesie? Può la solitudine essere creativa? Le risposte a queste e ad altre domande che l’autore si pone, si trovano tra le pagine di La fatica di non pensare, ultima opera firmata Mauro Fornaro. Vi ritroviamo le medesime tematiche de Una complessa semplicità: riflessioni critiche sull’attualità politica, solitudine e incomunicabilità nella società contemporanea, Charles Bukowski e la letteratura americana. 
Se volessi essere disturbato Ecco il sicario dal cuore spezzato. C’è anche il fratello maggiore, fine aguzzino. Addirittura il serial killer brutale e spietato. Poi, l’uomo che sceglie il silenzio per sopravvivere e la vecchia ballerina stanca. Questi sono solo alcuni dei molti personaggi che abitano le pagine di questi 30 racconti, usciti dalla prolifica penna di Mauro Fornaro.

Ph. Debora Bencini
Per l'acquisto dei libri scrivetemi a maurofornaro76@gmail.com, o contattatemi nei social, - a proposito, mettete il vostro MI PIACE sulla mia pagina Facebook -, eventuali spese di spedizione sono da calcolarsi a parte, tipologia di pagamento da concordarsi. La promozione è valida dal 23 novembre al 6 gennaio. Ricordatevi che regalare libri a Natale vi fa diventare più belli e attraenti... 😘

mercoledì 21 novembre 2018

Azzeccare i cavalli vincenti #1

Da oggi e fino a fine anno farò dei post in cui citerò il Bukowski, quando ne avrò voglia, si capisce, il titolo del post è preso da un suo libro di racconti scritti da metà anni quaranta fino a pochi anni prima della sua morte. In questo libri c'è un Bukowski irriverente e profondo, come sempre, ma anche filosofo e disincantato. L'ho ripreso in mano dopo qualche anno, quello che stavo leggendo mi annoiava, comunque non mi stimolava, quindi sono andato sul sicuro con il vecchio Hank. E' un libro che non dovrebbe mancare nella libreria di chi ama Charles, ma molti dicono solo di amarlo, in realtà non l'hanno mai letto...

Perché scrivi?

Scrivere per me è una funzione fisiologica. Senza mi ammalerei e morirei. E' una parte di noi come il fegato o l'intestino, altrettanto affascinante. 

Il dolore crea lo scrittore?

Il dolore non crea niente, neanche la povertà. L'artista esiste già da prima. Quello che sarà di lui dipende dalla sua fortuna. Se ne avrà (parlando in generale) diventerà un artista scadente. Se non ne avrà diventerà un buon artista. In base ai contenuti dell'opera.
Azzeccare i cavalli vincenti, pag 41 - Charles Bukowski
Fonte: web

martedì 20 novembre 2018

Rock africano

Oggi vi propongo uno stralcio di un articolo, completo lo trovate qui: internazionale.it/rockzambia, che parla di musica rock. Ma un po' particolare, arriva dall'Africa. Ignaro di tutto ciò che ho scoperto, l'ho letto con piacere. Spero farete altrettanto.

Uno dei prezzi che paghiamo per avere tutta la musica del mondo di qualunque epoca a portata di cellulare è la perdita di ogni contesto. Il nostro algoritmo di Spotify ci può far sentire un vecchio successo pop somalo ... o un pezzo disco-funk sudafricano ... ma tutto finisce mescolato in un unico pastone sonoro senza alcun riferimento ai paesi, alla cultura, alla storia dei musicisti che l’hanno creata. E anche in caso di ottime compilation, con voluminosi libretti esplicativi, tanta riscoperta di musica africana rischia di essere più un’esperienza estetica vintage che una consapevole, organica scoperta della complessità e della storia delle musiche provenienti dal continente africano. A luglio di quest’anno un pezzo di opinione sul portale panafricano Okayafrica stigmatizzava seccamente questa forma di benevolo esotismo di tante etichette occidentali.
Il merito del documentario We intend to cause havoc ... è quello di raccontarci una scena musicale africana dimenticata facendoci sentire musica magnifica e dandoci tutta la prospettiva e il contesto di cui abbiamo bisogno per capirla. Lo zamrock è un genere che mescola rock psichedelico, garage rock e ritmi africani e si è sviluppato in Zambia dalla fine degli anni sessanta lungo tutti gli anni settanta, in un momento particolarmente euforico per il paese che, nel 1964, aveva conquistato l’indipendenza. Il regista milanese Gio Arlotta si è imbattuto per caso nella musica dei Witch (acronimo di We intend to cause havoc, “intendiamo fare un gran casino”) che anni fa aveva cominciato a essere riscoperta e ristampata ... Durante un primo viaggio in Zambia scopre non solo che negli anni settanta i Witch erano molto famosi ma che l’unico superstite del gruppo originale, Emmanuel “Jagari” Chanda, era un personaggio notevole con tante cose da raccontare sul suo paese e sull’unico grande rimpianto della sua vita: “Quello di non essere riuscito a vivere da musicista”. All’indomani del successo della band, infatti, dopo un cambio di lineup nel 1980 per provare a cavalcare il fenomeno della disco music, la situazione sociopolitica dello Zambia si è deteriorata al punto da disintegrare quel poco d’infrastruttura che si era creata per la diffusione della musica ... In più è arrivato anche l’aids, che nel paese ha assunto proporzioni di pandemia e ha sterminato un’intera generazione di uomini e donne, tra cui la maggior parte dei compagni di band di Jagari. La vivace scena rock dello Zambia era annientata, i suoi giovani musicisti erano quasi tutti morti, ma la musica rimaneva viva. Soprattutto nella testa di Jagari, che nel frattempo si era trovato un duro lavoro di scavatore per mantenere la sua famiglia. “Noi abbiamo un’idea ben precisa di come sia una rockstar occidentale che invecchia”, mi spiega Gio Arlotta. “Conoscere Jagari (che peraltro è una storpiatura di Jagger, come Mick Jagger), sentirlo parlare e vederlo suonare di nuovo dal vivo ci racconta com’è una rockstar africana che invecchia”. Jagari ha avuto una vita più dura rispetto a quella del suo quasi omonimo, ma l’impatto culturale che ha avuto nel suo paese è ancora vivo. Nel documentario c’è una scena in cui a un gruppo di cinquanta-sessantenni viene rammentato il nome di Jagari: tutti si ricordano qualche pezzo, o un passo di danza o un gesto di Jagari, che in quegli anni era la rockstar più famosa dello Zambia. Arlotta ha conquistato la fiducia di Jagari, che nel corso della lunga lavorazione del documentario, incoraggiato dall’interesse che la ristampa dei suoi dischi stava suscitando in Europa e negli StatiUniti, è anche riuscito a rimettere insieme una band e fare qualche tournée. Sentire i Witch suonare oggi è elettrizzante: per quanto possiamo essere abituati al citazionismo vintage di tanto rock di oggi, sentire un artista che ha cavalcato funk, afrorock psichedelico, prog rock e disco music da un punto di vista assolutamente afrocentrico è come rileggere la storia. Nelle riprese dal vivo che Arlotta ha montato nella seconda metà del documentario ci sono i due grandi temi del film: la riscossa di un artista che trova il suo risarcimento in tarda età e una sorta di riappropriazione del rock da parte di un continente la cui diaspora ha gettato le fondamenta su cui è stato costruito.
Fonte: web

venerdì 16 novembre 2018

Chissà che fine faranno...

Ve ne avevo già parlato in un post il mese scorso, questo: maurofornaro.blogspot.com/miricordanounlibrofurore, oggi ritorno a parlare della carovana di migranti che si sta avvicinando agli Stati Uniti. Anzi, alcuni sono già arrivati. L'articolo completo è questo: ilpost.it/migranticarovana. La particolarità è che i primi ad essere arrivati sono i più discriminati, anche all'interno degli stessi migranti. Discriminazione tra persone discriminate, che belli gli esseri umani...

Circa 400 persone della carovana di migranti ... sono arrivate al confine tra Messico e Stati Uniti, nella città di Tijuana. Anche se il gruppo principale della carovana è ancora a oltre 2.000 chilometri dal confine, i 400 migranti si sono separati dal resto del gruppo – composto al momento da circa 5.000 persone – a Città del Messico, proseguendo il viaggio su alcuni autobus. Ora vorrebbero entrare negli Stati Uniti, nonostante da settimane il presidente Donald Trump dica che farà di tutto per impedirlo: per ora ha ordinato il dispiegamento di circa 9.000 soldati al confine.
I migranti che hanno raggiunto il confine martedì si sono uniti a un gruppo di 80 persone che era già arrivato domenica, e tra i quali ci sono diverse persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, che hanno raccontato ai giornalisti di essersi staccate dal gruppo per le ripetute discriminazioni subite dagli abitanti dei luoghi attraversati e dagli altri migranti del gruppo principale.
La prima città statunitense oltre il confine è Chula Vista, un sobborgo di San Diego, all’estremo sud della California. La US Customs and Border Protection (CBP), l’agenzia governativa statunitense che si occupa della sicurezza dei confini, ha detto che chiuderà alcune strade tra San Ysidro e Otay Mesa, le due località sul confine, per installare nuovo filo spinato e barricate.
...
Fonte: web

martedì 13 novembre 2018

Volete sapere chi non legge?

Buongiorno.
L'articolo completo lo trovate qui repubblica.it/4milionidilettoriinmeno. Si parla, come spesso in questo blog, di lettori e lettura. Al di là di quello che si legge nell'articolo vi ripeto il mio pensiero: non è sufficiente prendere come metro di misura i libri letti, bisogna valutare la qualità degli stessi, le lettura extra libri: riviste, articoli, ecc. Anche se, non è leggere è sinonimo di baratro!

Come si legge nell'articolo... In sei anni più di 4 milioni di persone in Italia hanno smesso di leggere libri: ex lettori che non hanno mai comprato un libro, almeno non in versione 'tradizionale', cartacea. E questo vuol dire che, oggi, più della metà degli italiani sono tra quanti non leggono più. Sono soprattutto maschi, dai 25 anni in su, con la licenza media ma una grande frequenza di uso dei social network e vivono nel Sud Italia. Ma è un calo generalizzato quello che fotografa l'Istat, mettendo a confronto il numero di lettori del 2010 con quello del 2016: e, nello scorso anno, sono state 33 milioni in tutto le persone con più di 6 anni che non hanno mai sfogliato un libro di carta, cioè il 57,6% della popolazione.
... Gli uomini, appunto, che sono il il 64,5% di quei 33 milioni di non lettori: non legge più del 60% degli uomini tra i 25-74 anni e oltre il 70 nella fascia 75 anni e più, mentre le donne non lettrici superano il 50% solo nella fascia oltre i 65 anni. Tra i bambini, l'aumento dei non lettori di libri - al netto, evidentemente, di quelli scolastici - è stato più forte tra i 6-10 anni (+9,3%), tra gli 11-14 anni (+13,9%.) e tra i 15-17 anni (11,7%). Ma è con l'aumentare dell'età che aumenta anche la disaffezione alla lettura: sono il 61% tra 65-74 anni e il 73,5% tra 75 anni e più. Dipende, forse, anche da livello di scolarizzazione, altro elemento che serve a tracciare l'identikit del non lettore: solo 1 laureato su 4 non legge neanche un libro all'anno, ma il rapporto è più che invertito tra chi si ferma alla licenza media.
La prevalenza di non lettori è al Sud con il 69,2% e con una punta del 73% in Calabria, ma scende al 49,7% al Nord. Un'eccezione è rappresentata dalla Sardegna, dove i non lettori sono il 51,8%, cioè a livelli inferiori alla media nazionale. Le percentuali più basse di non lettori sono a Trento (43,7%), in Friuli (44,6%) e Bolzano (46%). Dall'indagine emerge che i non lettori non sono aumentati solo tra le categorie culturalmente più "disagiate", ma tra coloro che vanno al cinema o a teatro, frequentano i musei, le mostre, i concerti, leggono i quotidiani, usano Internet e le nuove tecnologie: tra chi ha seguito tre o più tipi di spettacoli fuori casa (tra cinema, teatro, musei, mostre e monumenti) i non lettori sono il 28,2% nel 2016 (nel 2010 erano il 21,7%). Tra chi usa Internet tutti i giorni i non lettori sono 45,6%, mentre erano il 30,9% nel 2010 e tra chi svolge attività di comunicazione e socializzazione su Internet i non lettori sono il 47,7%, (erano il 33,2% nel 2010).
Ma è anche vero che l'abitudine alla lettura si apprende in famiglia: legge libri il 69,7% dei ragazzi con entrambi i genitori lettori. E con l'identikit del non lettore si può tracciare, al contrario, anche quello del lettore: il 18,3% della popolazione ha letto al massimo 3 libri in un anno, mentre il 16,5% sono lettori "medi" con 4-11 libri letti in un anno. I lettori "forti" che hanno letto almeno un libro al mese sono la parte minore, ovvero il 5,7%.

Fonte: web

venerdì 9 novembre 2018

Forse muore Apu, però esportano la democrazia

Nonostante le indiscrezioni su una presunta eliminazione di Apu dai Simpson, qui trovate un articolo che conferma la "morte" dell'indiano gestore del Jet Market: quelchenonsapevi.it/ancoraproblemiapu, arriva direttamente dallo storico produttore esecutivo dei Simpson la smentita. Al Jean ha subito smentito su Twitter. Dove? In questo articolo, che vi invito a leggere e nel quale trovate anche altre curiose riflessioni su numerosi personaggi degli uomini in giallo:  mondofox.it/jeansmentiscelacancellazionediapu
Onestamente, per chi come me ama i Simpson, alla domanda "quali personaggi non sono politicamente corretti?" Cosa può rispondere? Homer? Cletus? la Caprapall? Tony Ciccione? Bah, questa mania del politicamente corretto di un popolo che, elegge nativi americani, islamici ed esporta la democrazia nel mondo...

Fonte: web

martedì 6 novembre 2018

Dovreste leggere Giuseppe Berto

... Ma cosa ve lo dico a fare, ve lo suggerisco tutti gli anni e mai che qualcuno mi scriva confessando d'avermi dato ascolto! Ho trovato l'articolo nel web, completo lo trovate qui: ariannaeditrice.it/berto.

A quasi quarant’anni dalla morte è forse arrivato il momento del giusto riconoscimento letterario per Giuseppe Berto. Parliamo di riconoscimento critico, perché Berto in realtà è stato tutt’altro che un marginale, un dimenticato o un autore frustrato e senza successo. ... E i suoi libri hanno venduto come pochi altri. Ma stavolta c’è qualcosa in più. È infatti nelle librerie una nuova edizione del suo capolavoro, Il male oscuro, pubblicato dalla casa editrice Neri Pozza (che annuncia anche la riproposizione di altre opere dello scrittore nato nel 1914 in Veneto e scomparso, nel ’78, a Capo Vaticano). Una edizione (pp. 508, euro 18,00) – che dopo quelle apparse in ordine cronologico da Longanesi, Rizzoli e Marsilio – arriva con una postfazione di Emanuele Trevi (“Lo stile psicoanalitico di Berto”) che è in grado di allontanare definitivamente quel senso di fastidio che la critica ufficiale aveva sempre mostrato per Berto e la sua opera. Un senso di fastidio che, tramandato conformisticamente agli addetti ai lavori, si era tramutato tout court nel rifiuto da parte di un certo establishment nel riconoscere nel narratore veneto uno dei più importanti e innovativi autori del nostro intero Novecento. «Noi ragazzi degli anni ’70 – ha, ad esempio, confessato Dario Biagi, autore della migliore biografia dedicata allo scrittore: Vita scandalosa di Giuseppe Berto (Bollati Boringhieri) – non sapevamo bene chi fosse Berto, né come inquadrarlo, ma lo detestavamo…». Tanti i motivi di questa incomprensione, tra i quali la sua «messa all’indice da parte dell’establishment letterario», al quale aveva sempre dato fastidio il suo successo nelle vendite e la enorme popolarità all’estero, cose rare per la narrativa italiana dell’immediato secondo dopoguerra. Di fatto, Il cielo è rosso e Il brigante – i suoi due primi romanzi – solo negli Stati Uniti e in Urss vendettero più di due milioni di copie. Alcuni dei film che Berto sceneggiò – Anonimo veneziano, Morte di un bandito, Oh Serafina ¬ – sono d’altronde considerati veri e propri cult movie e sono state pellicole di grande successo di pubblico. E il suo capolavoro, Il male oscuro, è indubbiamente il romanzo italiano del Novecento più conosciuto al mondo. Poi c’erano anche state addirittura le parole di apprezzamento spese addirittura dal premio Nobel Ernest Hemingway (non certo generosissimo in quanto a elogi) per Il cielo è rosso, il romanzo d’esordio di Berto pubblicato nel ’47. Quelle lodi dimostravano che la prosa bertiana aveva un respiro internazionale, davvero raro nelle pagine degli scrittori italiani. Tanto che Berto si fece crescere la barba come ringraziamento ma anche come dispetto: pare che a Moravia – stroncatore e nemico di Hemingway – Berto avesse detto di aver rinunciato al rasoio proprio per il gusto di ricordargli lo scrittore tanto avversato.
Per venire al romanzo ora riproposto, Il male oscuro, uscì nel ’64 e in un’unica settimana vinse sia il premio Viareggio sia il Campiello. L’autoanalisi del protagonista, dissolta dal flusso di coscienza in una prosa d’avanguardia, tutta in prima persona, asistematica, volutamente povera di punteggiatura, rappresentava in quegli anni qualcosa di veramente innovativo, che andava molto oltre il modello, pur evidente, di un romanzo come La coscienza di Zeno. Ma non era solo per via dello stile che Il male oscuro di Berto improvvisamente rompeva gli schemi convenzionali della prosa italiana: c’entravano una trama piena di flashback, la sfacciata sincerità tipica dei grandi scrittori, la determinazione a prendere di petto un tema moderno e inedito nello stesso tempo. All’epoca la depressione era, tutt’al più, un capriccio da borghesi, una posa da intellettuale esistenzialista, un vizio da borghesi eccentrici, da “malati di nervi” come si diceva allora. Berto ha invece avuto il coraggio, primo in Italia, di innervare del suo romanzo la lettura e la lezione di Sigmund Freud. Lo scrittore butta sulla pagina, in presa diretta, la sua stessa psicoanalisi personale, tanto che il titolo del romanzo diventa da quel momento in poi sinonimo accettato, se non abusato, della depressione. Nel ’58, del resto, Berto aveva quarantaquattro anni e stava malissimo, traumi infantili e un irrisolto problema con la figura del padre, fino a quando Nicola Perrotti – luminare freudiano e tra i fondatori della Società Psicoanalitica Italiana – lo prese in cura. E il terapeuta convince lo scrittore a riportare tutto sulla pagina, così come viene, senza fermarsi mai. In due mesi di autoreclusione nella casetta che s’è comprato in cima allo sperone calabrese di Capo Vaticano, lo scrittore butta giù il testo torrenziale di quello che diverrà Il male oscuro, che – dirà – «è press’a poco il racconto della mia malattia». Certo, Berto ammetterà il suo debito con La coscienza di Zeno di Svevo e La cognizione del dolore di Gadda, dalla quale ricavò il titolo del suo capolavoro. Il male oscuro, tuttavia, segna una svolta fondamentale rispetto a quelle opere precorritrici. Non descrive semplicemente una nevrosi ma la mima, la incarna, la tramette al lettore. «Il suo linguaggio – annota ora Emanuele Trevi – è la manifestazione stessa del male, l’epifania tragicomica della sua oscurità». Un’assoluta novità estetica e narrativa che Berto non esitò a battezzare «stile psicoanalitico».
Nelle pagine del romanzo c’è indubbiamente il più grande lamento dell’Io del panorama letterario del Novecento italiano. È un libro che non ha pari in Italia nella seconda metà secolo scorso letterario, per semplicità di ideazione, per energia stilistica, forza di persuasione, potenza di effetto. Il libro quando uscì, era appunto il ’64, si avvantaggiava sicuramente di alcune suggestioni letterarie del momento. Il romanzo di Joyce Ulisse era appena uscito nella prima traduzione italiana di Giulio De Angelis ed entrava allora ufficialmente nella nostra letteratura. E nei fatti, gli anni ’60 sono in Italia gli anni della scoperta di Joyce: Raffaele La Capria tentava le tecniche nuove con Ferito a morte, Umberto Eco esercitava sul capolavoro joyciano le sue prime prove critiche di semiologo, e Berto ne prese qualche ispirazione più che stilistica. Perché nelle pagine de Il male oscuro è centrale, essenziale, la tecnica del flusso di coscienza, tutto procede con una sintassi aperta e attraversata dalle associazioni di idee incontrollate. Il romanzo entusiasmò subito Dino Buzzati e fu osannato da Indro Montanelli, ma per il resto trovò – al di là dell’immenso successo di vendite – un’accoglienza tiepida quando non diffidente. E venne stroncato, quando non travisato dalla critica di formazione crociana o gramsciana. Tra i detrattori più feroci, Pier Paolo Pasolini, che accusava Berto di sprecare il suo talento raccontando vicende personali, e che, alla notizia dei due premi letterari, andò su tutte le furie: «È una vergogna, non dovevano dargliene neanche uno!». Una reazione, quella pasoliniana, che è stata spiegata da un giornalista amico della scrittore, Giancarlo Meloni: «Col fiuto che lo distingue, Pasolini vede subito in Berto l’autore del romanzo italiano che vuole la gente, impastato di sentimenti, grandi problemi e qualche speranza, ironico e drammatico insieme: il Nievo del Novecento. Uno che minaccia di diventare il primo». E poi, a spiegare le stroncature che colpiscono Il male oscuro, c’era anche il fatto – sottolineato da Dario Biagi – che la novità del libro aveva completamente spiazzato la cultura di sinistra dell’epoca, la quale «era in ritardo sulla psicoanalisi, ne ignorava le tecniche e, non avendo adeguati metri di giudizio, equivocava».
...
Lui, del resto, si tenne sempre a debita distanza dai salotti che contavano e dalle consorterie politico-culturali. Reduce dal campo di prigionia per “non cooperatori” di Hereford, non si affrettò mai a fare abiure sulle sue guerre da fascista e, pur dichiarandosi «anarchico per rassegnazione e per disgusto», non si aggregò mai ai carri egemoni. «Io – dichiarò in una delle sue ultime interviste, rilasciata alla giornalista radiofonica Dina Luce – non voto. Io il mio dovere di cittadino lo faccio scrivendo, non mettendomi al servizio dei partiti. Ho votato due volte per un amico socialista ma quando mi sono accorto che non capiva niente, ho smesso di votare…». Le sue bestie nere, ha scritto Corrado Stajano, erano i critici e gli intellettuali che allora gravitavano intorno al Mondo di Mario Pannunzio e all’Espresso di Arrigo Benedetti. E Sergio Saviane, una delle firme più note dell’Espresso, ha ricordato come negli ambienti della redazione di via Po fosse stato decretato un vero e proprio «ostracismo, anzi, l’eliminazione totale, non ho mai capito perché, per Giuseppe Berto, uno dei pochi scrittori autentici d’Italia». Probabilmente, come una volta suggerì Carlo Bo, i critici «non gli perdonavano la colpa del successo”. Eccoci, quindi, al punto di partenza. È forse solo adesso, con la ripubblicazione da parte di Neri Pozza, che comincia un’altra epoca. Quella del giusto riconoscimento, anche critico, per Berto. Come si legge nella fascetta editoriale della nuova edizione, Il male oscuro, viene finalmente presentato come «il capolavoro di un grande del Novecento». ...

venerdì 2 novembre 2018

Rotta Verso Nord

Buon inizio di novembre e ascoltatemi bene: non perdetevi la mostra fotografica di Alessio Bianco al Blues Cafe' di Bologna - zona Corticella. Perché? Per tre motivi: il primo, la location è la spiegazione in termini pratici di cosa dovrebbe essere un Caffè, accoglienza, semplicità, simpatia e professionalità. Il secondo, le foto sono molto belle e vive, fatta con il cuore. Il terzo, il fotografo e i ragazzi del Blues sono persone straordinarie.