Il 27 febbraio del 1902 nasceva John Steinbeck. Nel suo libro più famoso, Furore, ha descritto in maniera chiara e cinica la disperazione di chi non ha più nulla e che cerca, disposto a tutto, un posto migliore dove poter vivere. Nel libro l'intreccio tra l'uomo e la natura è inscindibile, cosa che pare che ci siamo dimenticati noi "moderni". Furore, ambientato durante la grande depressione, è una spiegazione - non voluta? - di questo secolo.
Le strade pullulavano
di gente assetata di lavoro,
pronta a tutto per il lavoro. E le imprese e
le banche stavano
scavandosi la fossa con le loro stesse mani, ma non se ne rendevano conto. I campi erano
fecondi, e i contadini vagavano affamati sulle strade.
I granai erano pieni, e i figli dei poveri crescevano
rachitici, con il corpo cosparso di pustole di pellagra. Le grosse imprese non
capivano che il confine tra fame e rabbia è
un confine sottile.
E i soldi che
potevano servire per le paghe servivano per fucili e gas,
per spie e liste nere, per addestrare e reprimere. Sulle grandi arterie gli uomini sciamavano
come formiche, in cerca di lavoro,
in cerca di cibo.
E la rabbia cominciò a fermentare.
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