Pensò a com'è triste il mare d'inverno, a come siano tristi certi week end passati a lamentarsi per la pessima settimana lavorativa. Pensò alla tristezza di certe persone tristi. Poi si stancò, riteneva già abbastanza patetici i suoi pensieri, non poteva metterli per iscritto. Si alzò, uscì dal suo studio e andò in camera da letto. Voleva rilassarsi o forse voleva qualcuno che poteva spiegarli come funziona veramente la vita.
Lo scrittore prese in braccio suo figlio. Andarono assieme davanti alla grande libreria di casa, il piccolo piangeva. Lo scrittore provò a parlargli dei suoi libri preferiti e delle avventure di Robinson Crosue, ma il pargolo piangeva lo stesso. Lo scrittore lo guardò, con uno sguardo misto tra il disperato e l'insofferente, incrociò lo sguardo del bimbo, si guardarono e il piccolo fece un mezzo sorriso prima di riprendere a piagnucolare. Lo scrittore pensò a quanto più maturi erano i neonati rispetto agli adulti. Loro piangevano ogni volta che ne vale veramente la pena, gli adulti, che di quando ne valeva veramente la pena ormai non lo sapevano più, si limitavano a piangere col cuore. Il piccoletto avrebbe mangiato di lì a poco e avrebbe smesso di piangere. Il cuore dello scrittore non si poteva vedere. Nessuno lo avrebbe visto piangere con il cuore e lui non avrebbe visto gli altri e l'immaturità non avrebbe aiutato né lui, né il mondo lì fuori.
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