lunedì 4 novembre 2013

Che libro sarebbe il PD?...

Troppo facile l'Idiota di Dostoevskij, ma solo per il titolo. La trama non regge. Forse un bel racconto di Poe, un po' horror e un po' dandy. Ma il PD non è così elegante. Quindi, restando nella vecchia e robusta tradizione italiana, direi che Fontamara di Ignazio Silone va benissimo.
Fontamara parla dello stesso paesino abruzzese, arretrato sia economicamente che tecnologicamente. Fontamara era e sarà uguale a sé stessa per sempre e non cambierà mai nulla. Ogni anno sarà uguale a quelli precedenti e a quelli successivi.
In questo universo contadino, dove comunque si denunciano i potenti e si critica il fascismo, sia le catastrofi naturali che le ingiustizie vengono subite passivamente, questo il motivo per il quale nella premessa tutta la vicenda di Fontamara, cioè la rivendicazione del diritto all'acqua, è definita come "un fatto strano".

Chi continua a dare fiducia al PD è proprio come gli abitanti di Fontamara. Sempre convinti che la vita è fatta solo di sofferenze e continue delusioni, pronti ad emozionarsi nei momenti stabiliti: il 25 aprile e il 1° maggio, ma mai veramente consapevoli che l'Italia, grazie anche ai vari D'Alema e Fassina, è ormai una italietta. Intanto, però, i signorotti di turno litigano sulle tessere e magari se le divideranno come nel libro si divisero l'acqua: 3/4 a Renzi e 3/4 a Cuperlo...


Articolo di oggi sul ilfattoquotidiano.it. Buona lettura!

A Roma qualcuno gonfia il tesseramento, qualcun altro prova a ‘gonfiarsi’. Tradotto dal vernacolare, significa picchiarsi. Tradotto in termini politici, vuol dire che nei congressi romani del Pd si è andati oltre il limite. Dalle recriminazioni e dai ricorsi si è passati alle risse. Il corollario della corsa per la segreteria, con quattro candidati e una folla di correnti e sotto-correnti a combattersi con ogni mezzo, tra pacchetti di nuove tessere (5mila in dieci giorni, secondo il reggente Eugenio Patanè) e circoli ‘fantasma’. Ombre che sono lo sfondo dei congressi in mezza Italia.
A Roma la partita è principalmente a due: da una parte l’ex senatore Lionello Cosentino, sostenuto dal demiurgo del Pd romano, Goffredo Bettini, e da un fronte che va dai franceschiani ai popolari, per arrivare a gran parte degli zingarettiani, legati al governatore del Lazio. Dall’altra il consigliere municipale Tommaso Giuntella, uno dei tre “giovani” della squadra di Bersani nelle scorse primarie, appoggiato dai dalemiani e da qualche zingarettiano malpancista, come l’ex segretario romano Marco Miccoli. Gli outsider, il renziano Tobia Zevi e Lucia Zabatta (Civati).
Si è già votato in oltre metà dei circoli, e per ora Cosentino è avanti con il 41 per cento, mentre Giuntella al 36. Salvo sorprese, sarà decisiva l’assemblea del 9 novembre. E forse l’ago della bilancia saranno i voti di Zevi, che viaggia sopra il 16 per cento. Un discreto caos sulla carta, ma molto peggio nella realtà. Lunedì scorso, nel circolo Pd di Vigne Nuove, nella periferia nord-est, sono arrivati la polizia e due ambulanze. Riccardo Corbucci, presidente del Consiglio del III Municipio, è finito in ospedale per trauma cranico, con 5 giorni di prognosi. Sostiene di essere stato aggredito da Claudio Maria Ricozzi, presidente dell’assemblea municipale Pd, che nega e parla di “montatura”. La certezza è che hanno discusso ad altissima voce. Corbucci, sostenitore di Giuntella, ha chiesto di invalidare il congresso locale, bollando Vigne Nuove come uno dei (non pochi) circoli fantasma: sempre inattivi, tranne quando c’è da raccogliere voti.
Ricozzi, pro Cosentino, ha replicato a tono. Bufera, e alla fine il presunto scontro. Corbucci ha battuto la testa: “Sono stato picchiato” ripete. Ricozzi, sentito dal giornale on line Roma Post, replica: “Mi sono avvicinato mettendogli due dita davanti alla bocca per fargli capire che doveva smetterla. E lui è caduto all’indietro: io ho anche cercato di trattenerlo”. Il caso potrebbe tracimare in tribunale (“Ho presentato una denuncia” fa sapere Corbucci). Nervi più che tesi anche nel circolo Pd di Cinecittà, dove il congresso è stato rinviato a martedì. Secondo il blog Monitore Romano, sarebbe scoppiata una guerra interna sul controllo di un centinaio di tessere. Mercoledì scorso alcuni iscritti hanno occupato per protesta l’ingresso del circolo, e sono stati insulti e e spintoni.
Problemi anche in un altro circolo di peso, quello di Trastevere, dove sono volati stracci tra renziani. Ma tutti accusano tutti, nel Pd romano. La deputata Bonaccorsi, vicina al fu rottamatore, ha fatto notare che “in 7 circoli Cosentino ha preso il 100 per cento”. L’ex capogruppo in Comune replica: “Si è svolto tutto secondo le regole”. Ieri la Zabatta ha parlato di circoli “invasi dalle truppe cammellate di questo e di quel candidato”, per poi invocare: “Chi di dovere intervenga al più presto”. A margine, il giudizio (anonimo) di un maturo dirigente: “Le tessere gonfiate le usano tutti, la guerra è guerra”. Ieri sera dibattito congressuale al circolo Pd Aurelio Cavalleggeri (Roma Nord). Sala piccola e stracolma: età media piuttosto alta, tante donne, molti con il blocchetto degli appunti.
A presentare le mozioni Cosentino, Zevi e i rappresentanti degli altri due candidati (il consigliere regionale Mario Ciarla per Giuntella, l’ex parlamentare Vincenzo Vita per Zabatta). Quattro discorsi con un punto in comune: le regole per le primarie sono sbagliate. Ovvero, “non ci si può iscrivere e votare nello stesso giorno”. Nel circolo gli iscritti sono raddoppiati: da 150 a oltre 300. “Ma non devi pensare male, molte sono ex iscritti che si erano allontanati in questi anni” spiega Gianna, a sinistra “dai tempi del primo manifesto”. Sostiene: “Stiamo sempre a votare, tra primarie di ogni tipo. Non facciamo politica, così è una conta continua”. Accanto a lei un signore: “Se mi sta passando la voglia? No, l’idea vale più di tutto”. In sala, i candidati ammettono: “Siamo sui giornali solo per le tessere e le botte, è un segnale di allarme”. I militanti annuiscono, una signora sussurra: “Sono qui perché sono di sinistra, ma iscrivermi a questo Pd, mai”. Enrico Berlinguer la scruta da un vecchio quadro.

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