mercoledì 14 gennaio 2015

Quel popolo che non c'è più

Ringraziando ancora tutti i presenti di lunedì scorso e ringraziando tutti quelli che stanno comprando il mio ultimo libro e pure gli altri due, riporto una parte di un mio racconto. Durante la serata di lunedì abbiamo parlato, tra le altre cose, del popolo che siamo stati (noi italiani) e che ora non siamo più. Sostengo che la colpa sia nostra e non dei governanti. Lo Stato è alla deriva, perché siamo culturalmente alla deriva. Il nostro è un popolo povero di vita e di speranza. Ma non sono sicuro che l'Italia sia mai stata unita, nel pensiero, negli intenti. Siamo (stati?) tenuti insieme per forza.

Quel popolo oggi non c’è più, si è autoeliminato. Quelle persone, quei cento milioni di persone, si sono mangiate tra di loro. Prima furono mangiati i vecchi e i bambini, cioè gli indifesi. Poi fu la volta delle persone più gracili e degli ammalati. Infine, i sani e forti si mangiarono a vicenda. E non servì essere della stessa religione o avere le stesse idee, quando il popolo iniziò ad autoeliminarsi, per mezzo del cannibalismo, centinaia di anni di evoluzione se ne andarono in fumo. Lo stato era ormai una giungla. Il popolo tornò animale, ignorante lo era già diventato quando lasciò fare alla classe politica. Pare che il governante, i governanti, andò in un altro Stato e ancora oggi comanda ed è a pancia piena. 

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Quello che non ho è un orologio avanti per correre più in fretta e avervi più distanti.
Fabrizio De André

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