Oggi farò una cosa che solitamente non faccio mai nel mio blog, ospiterò una persona. Si tratta di Maurizio Caruso, un caro amico - uno dei fondatori di www.mebook.it e di www.associazionefahrenheit451.it - che si sta cimentando nella scrittura di racconti. Volendolo spronare e convincere a pubblicare un libro di racconti, oggi un po' di pubblicità gliela faccio io.
Cari lettori, commentate - come e dove volete - così che il buon Maurizio prenda una decisione.
DEFORMAZIONE PROFESSIONALE
Gli avevano posto una domanda, proprio a lui, un mestierante
che ne aveva fatte tante. Una sola.
-Perchè scrivi?- Quesito che aveva sempre scartato perchè lo
riteneva inutile. Non sapeva cosa rispondere. -Di solito chi fa domande
dovrebbe sapere rispondere a tutto.- Riflettè lui formulando un'aforisma atono.
Prese tempo, si fece offrire una sigaretta da uno della commissione come se
avesse espresso l'ultimo desiderio prima di morire di fronte ad un plotone.
Comiciò a rigirasela tra le labbra che si stavano screpolando poco a poco. Lo
stesso tipo che gli offrì la cicca lo guardò storto allungandogli l'accendino.
L'intervistatore in contemporanea chinò la testa guardando il suo block-notes
poco più grande del palmo di una mano e, dopo aver cavato fuori dalle tasche
chiavi e monete che finirono a terra, spuntò anche una bic blu. Non s'accorse
di quell'automatismo del membro della commissione come non si rese conto che la
sigaretta gli si fermò all'estremità sinistra del labbro. In questa attesa, una
donna che stava di fronte al lui, spostata un pò più a destra, nel lungo
bancone allestito per la commissione, si fece un autoscatto con un sorriso
d'avorio, impeccabile. Ennesimo automatismo che l'esaminando seguì con la coda
dell'occhio e passarono all'incirca 10 minuti.
-Ma non sa dirlo a parole sue?- Chiese a mò di provocazione
uno con gli occhiali dalla montatura bianca e dai capelli bianchi come il
cotone.
-No. Io scrivo, scusatemi, ho quasi finito...- Dichiarò con
l'insofferenza che teneva coinvolta emotivamente una faccia emaciata e segnata
da brufoli grigi simili a piccoli crateri.
Consegnò il foglio all'uomo dai capelli cotonati.
-Perchè scrivo? Non so, forse per un inspiegabile disagio interiore
che mi distanzia dalla società in cui vivo. E per questo la criticherò in ogni gesto che compierà. Sarò pungente e
riderò delle reazioni suscitate, sapendo che questo mi costerà tanta solitudine
e critiche. Per me è un bisogno fisiologico come mangiare, bere...- L'uomo si
fermò nella lettura e lo guardò dritto negli occhi con aria indagatoria.
-Su! Coraggio, continui a leggere...- Lo invitò
l'intervistatore mentre passò il foglio alla donna.
-Salto la parola successiva perchè penso che abbiate intuito...-
disse sorridendo e compartecipando all'idea dell'intervistatore e proseguì con
la lettura.
-Scrivo perchè amo la menzogna. Tre puntini sospensivi. E'
sicuramente un problema moralmente estetico quello dello scrivere ma non solo.
Due punti. Leggerezza, colore, dramma, immaginazione, magia. E' un ensemble di
sacrificio, sacrificio che il tempo ci farà pagare caro ammazzandoci. Perchè il
tempo non lo puoi ammazzare. Puoi fare finta che non esiste per te, guardandoti
allo stesso specchio per anni, ma poi diventi nevrastenico e ridi da solo...-
-Bello. Peccato che finisce qui.- La ragazza si voltò
spumeggiando sotto il biondo tinto della capigliatura.
-Non finisce qui, guardate.- Dichiarò sistemandosi meglio
sulla sedia, poggiando le spalle sullo schienale e sorridendo.
L'intervistatore fece il giochetto iniziale passandosi la
sigaretta da un'estremita all'altra delle labbra fino a quando s'accese. Il
fumo cominciò a estendersi a veli che s'allargarono per la stanza. Fantasmi con
occhi, braccia e gambe ed usciva da quei piccoli crateri che inizialmente
parevano brufoli, e dalle narici.
-Ma come ha fatto?- Gli chiese la donna avvicinandosi senza
paura a lui che continuava a fumare e a creare quelle figure che adesso stavano
sospese sul tetto proprio sopra un lampadario al neon.
Il resto della commissione rimase imbambolata in fase di
beatitudine mentre l'intervistatore s'alzò con la donna che lo pregava di farsi
un autoscatto con lui. Cercava di fermarlo trattendendolo dal braccio esile.
L'uomo accontentò la donna facendo una smorfia dentro l'obiettivo, poi scosse
la testa sorridendo amaramente ed uscì dallo stanzone immettendosi nel
corridoio. La donna raccolse le monete e le chiavi dal pavimento e s'affacciò
per consegnargliele, allungò il braccio e protese lo sguardo verso quell'uomo
che s'allontanava inspiegabilmente col ritmo e le movenze di un corridore da
marcialonga, dissolvendosi nel nulla di una risata.
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