lunedì 14 dicembre 2020

L' uomo che piangeva in silenzio

Buongiorno.
Vi ripropongo il primo capitolo - versione completa - che ho postato lo scorso sabato, tratto da 📚 L' uomo che piangeva in silenzio 📚, libro che fa parte della #PromoNatale2020. Promozione che vale solo se acquistate i libri direttamente da me. Volete qualche info in più? Eccole: 💥 PromoNatale2020 💥.


Si trovava nella sua piccola casa in montagna, fuori era buio e dentro c’era una sola candela a illuminare un po’ l’ambiente. Ascoltava Long nights di Vedder e la chitarra lo accompagnava nei suoi pensieri. 
Sentì il bisogno, ma era quasi un comando che gli arrivava dal cuore, di alzarsi e aprire la porta. Entrò una grande nebbia, imponente e silenziosa. Pareva che tutta la nebbia del mondo fosse lì con lui a fargli compagnia, ce n’era ovunque. Sentiva la sua gola piena, a fatica respirava. Gli tornò in mente la bulimia di emozioni che lo prendeva in certi momenti. Non poteva fare altro che viverle tutte quelle emozioni, e con l’intensità massima. Tutto era amplificato, la paura, la non conoscenza di ciò che avrebbe vissuto, la sudorazione, la tachicardia. Si vergognava solo al pensare ciò che era costretto a vivere in quei momenti. 
La nebbia restò per un po’ a fargli compagnia, come sempre silenziosa e inquietante. Una compagnia di insicurezza e paura. La nebbia avvolgeva l’interno della casa, ma in realtà gli era nel cuore. Lui sudava e sentiva il cuore battergli forte e uscirgli dalla bocca. Era irrigidito, solo e indifeso. Faceva fatica a respirare. Chiuse gli occhi e sentì il sudore sulla dita delle mani e dietro al collo. Dopo un po’, forse erano passati soli pochi minuti o forse servì tutta la notte, la nebbia se ne uscì da sola. Non servì aprire la porta, lei sapeva cosa fare. Comandava lei. Lo abbandonò uscendo dalle fessure delle porte e delle finestre, dal camino e dalle condotte idrauliche. Pensò che quella nebbia era come l’arte, perché è l’arte che decide quando tu puoi scrivere, lei ti prende e ti attraversa e poi esce dalle tue mani. Lei ti prende, e tu, utero della letteratura, non puoi fare altro che aprirti e aspettare che arrivi l’erezione di parole, e non sai quanto durerà. Concluse che la letteratura e l’arte sono donne, perché se hai qualcosa di buono da dare, loro sicuramente lo apprezzeranno. Si era fatto molte volte questa domanda, ma da stupido non formulò mai una risposta adeguata. L’unica vera risposta era quella che aveva appena pensato. Prese il bicchiere di vino che, avvolto dalla nebbia, aveva dimenticato mezzo pieno. Ne bevve un sorso. Era frastornato, prima la nebbia e lo stato d’ansia, poi il ragionamento sulla letteratura e l’arte. Forse facevano parte di un unico grande ragionamento. Forse aveva solo bisogno di parlare a se stesso e capire che lui era quello che gli era appena successo. Così restìo al dialogo e a frequentare l’umanità, aveva finito per trascurare anche il dialogo con se stesso.

Foto di copertina: Daniela Martin

Si alzò, andò alla finestra. La luna illuminava la montagna. Improvvisamente sentì che quello che aveva appena vissuto aveva il suo naturale compimento. In certi momenti il pensiero del suicidio era diventato per lui quasi un rifugio, quasi un restare con se stesso. In pace e senza paura di abbandono. Il suicidio era lì, fedele amico, che lo aspettava. E gli apriva le braccia ogni volta che lui ne aveva bisogno. Perché un abbraccio fa sempre del bene, anche a uno che per forza di cose dovrà cagare chiodi, alla fine l’amore è la sola cosa che conta nella vita di un uomo e per lui quell’abbraccio era semplicemente amore. Ma non capiva perché aveva litigato con la vita, entrambi si erano traditi, in maniera diversa ma si erano traditi. Lui, però, non la aveva mai abbandonata, le era sempre rimasto vicino, perché in fondo la amava. Non si poteva dire altrettanto di lei, al primo vero problema lo aveva abbandonato, o almeno così credeva lui. E quel problema, seppur creato e voluto da lui, era anche il momento più difficile della sua vita. Era rimasto solo, o meglio, si era ritrovato solo. Questo non riusciva ad accettare, il fatto che lei, la vita, lo avesse abbandonato. Poi ripensò alla nebbia, all’ansia e all’insicurezza che gli aveva provocato, ma era stata lì con lui. Almeno questa volta la vita non lo aveva abbandonato, forse non lo aveva mai abbandonato. Lo faceva solo crescere. Così come la letteratura. 
Prima o poi sarebbe dovuto uscire da quei quattro muri, che ora aveva anche dubbi sulla loro esistenza. Forse quei quattro muri erano la sua mente. Era bello avere tanti dubbi, lo facevano sentire vivo. 
Finì di bere il vino, era un po’ aspro, o forse lo era lui. 

Nessun commento:

Posta un commento