Lui non era un solitario, le persone solitarie non amano stare in mezzo alle persone, lui anche quando era in presenza di altre persone si sentiva solo. Lui, era solo.
La sera prima aveva avuto una discussione con delle persone, che non erano lui, l'aveva conclusa in fretta e senza tanto insistere. Avesse avuto ragione o no, non importava. Ne aveva avuto abbastanza. Come quando finisce una storia, i due amanti si separano, andando ognuno per la propria strada, ognuno nella propria auto, con gli indicatori di direzione che indicano strade diverse. A depositarsi nei propri letti, con le loro notti insonni. Non gli imporatava che dalla discussione fosse emerso qualcosa non vero su di lui, non gli importava nulla. Ogni momento passato in mezzo agli altri era tempo perso. Minuti interi passati ad ascoltare persone che avevano già deciso come la pensava lui, sbagliando. Minuti persi. Ore intere ad ascoltare persone che avevano già deciso come la pensava lui, sbagliando. Ore perse. Questo doveva sopportare.
Era seduto su una sedia in cucina, pensò che si stava dando fastidio da solo, pensò che fosse il caso di uscire in strada e condividere quella sua insopportablità con gli altri. Si alzò, preso il suo inseparabile cappotto e uscì in strada. Passeggiò un po' senza una meta. Si fermò ad un semaforo pedonale, incrociò lo sguardo di un signore distinto. Avrà avuto una cinquantina d'anni e sembrava di fretta. Guardò quell'uomo con il cappotto liso, di un'età indifinibile, e con gli pieni di quello che non si capiva. Pensò che stesse aspettando qualcuno. In realtà, quell'uomo dal cappotto liso, stava solo aspettando.
Qualcosa di sopportabile sarebbe prima o poi successo.
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