Vi riporto l'articolo di cui ho parlato ieri sera alla cena culturale (www.repubblica.it). Premesso che le minacce che ha ricevuto e che sta ricevendo la Boldrini sono da condannare, non concordo molto con le riflessioni della presidente. Non è vero che nella rete non c'è controllo, ritengo che il vero problema sia proprio l'esatto l'opposto. Altra riflessione, se le affermazioni che ha fatto la Boldrini, che potete leggere qui sotto, le avesse fatte l'ex premier, Silvio Berlusconi, sarebbe stato accusato dagli ambienti della sinistra perbene di apologia di fascismo. Perché due pesi e due misure?
Buona lettura.
Laura Boldrini, seduta alla
sua scrivania di Presidente della Camera dei deputati, legge
attentamente i messaggi che la sua giovane assistente Giovanna Pirrotta
le porge. Sono minacce di morte, di stupro, di sodomia, di tortura.
Accanto al testo spesso ci sono immagini. Fotomontaggi: il suo volto
sorridente sul corpo di una donna violentata da un uomo di colore, il
suo viso sul corpo di una donna sgozzata, il sangue che riempie un
catino a terra. Centinaia di pagine stampate, migliaia di messaggi. A
ciascuna minaccia corrisponde un nome e un cognome, un profilo Facebook,
l'indirizzo di una pagina Internet. Le minacce - tutte a sfondo
sessuale, promesse di morte violenta - si sono moltiplicate nel giro di
due settimane con il tipico effetto valanga che la Rete produce: al
principio erano una decina, qualche sito le ha riprese e rilanciate, i
siti più grandi le hanno richiamate dai siti più piccoli con la tecnica
consueta: dichiarare in premessa l'intenzione di denunciare
l'aggressione col risultato, in effetti, di divulgarla ad un pubblico
sempre più ampio. In principio, quasi all'indomani della sua nomina,
aveva preso a circolare una foto che a questo punto della vicenda pare
addirittura innocente: una donna nuda, in spiagga, indicata come Laura
Boldrini e affiancata da commenti machisti. Poi le prime minacce, altre e
altre ancora sempre più gravi fino ad arrivare alle ultime, pochi
giorni fa: una donna sgozzata, uno stupro. Siti di destra, razzisti e
xenofobi, pagine Facebook, di seguito l'effetto macchia d'olio,
incontrollabile.
Dunque cosa fare?, è l'intatto quesito che si ripropone ogni volta che
ci si trova di fronte a messaggi, comunicati, rivendicazioni di una
minoranza violenta. Dar loro visibilità e amplificarli, facendo il loro
gioco, o tacere, subire, reagire sul piano della denuncia individuale
senza offrire un più largo palcoscenico a quelle miserevoli gesta.
"Io
non ho paura", mormora la presidente della Camera mentre ascolta questa
discussione, i suoi collaboratori attorno a lei. "Nel senso che certo,
sì. Ho paura quando i fotografi inseguono mia figlia di 19 anni in
motorino, ho paura che possa spaventarsi e avere un incidente, mi si
gonfia in cuore. Ho paura quando si appostano sotto casa di mio fratello
Enrico, il più piccolo dei miei fratelli, che soffre di una forma grave
di autismo. Non capisco come possano farlo, e ho paura per lui. Ma non
ho paura io, adesso, di aprire un fronte di battaglia, se necessario.
Daremo visibilità a un gruppo di fanatici? Sì, è vero. Ma non sono
pochi, sono migliaia e migliaia, crescono ogni giorno e costituiscono
una porzione del Paese che non possiamo ignorare: c'è e dobbiamo
combatterla. Non posso denunciarli tutti individualmente: è un'arma
spuntata, la giustizia cammina lentamente al cospetto della Rete, quando
arriva la minaccia è già altrove, moltiplicata per mille. E poi non è
una questione che riguarda solo me. Ci sono due temi di cui dobbiamo
parlare a viso aperto. Il primo è che quando una donna riveste incarichi
pubblici si scatena contro di lei l'aggressione sessista: che sia
apparentemente innocua, semplice gossip, o violenta, assume sempre la
forma di minaccia sessuale, usa un lessico che parla di umiliazioni e di
sottomissioni. E questa davvero è una questione grande, diffusa,
collettiva. Non bisogna più aver paura di dire che è una cultura
sotterranea in qualche forma condivisa. Io dico: un'emergenza, in
Italia. Perché le donne muoiono per mano degli uomini ogni giorno, ed è
in fondo considerata sempre una fatalità, un incidente, un raptus. Se
questo accade è anche - non solo, ma anche - perché chi poteva farlo non
ha mai sollevato con vigore il tema al livello più alto, quello
istituzionale. Dunque facciamolo, finalmente".
Sul tavolo della
presidente le pagine in cui uomini con nome e cognome, dati a cui
corrispondono persone reali, scrivono "ti devono linciare, puttana",
"abiti a 30 chilometri da casa mia, giuro che vengo a trovarti", "ti
ammanetto di chiudo in una stanza buia e ti uso come orinatoio, morirai
affogata", "gli immigrati mettiteli nel letto, troia". Accanto alla foto
della donna sgozzata: "Per i Boldrini in rete ecco l'Islam in azione".
La
seconda questione è se possibile ancora più delicata, riguarda i reati
commessi via web. Ogni volta che si interviene a cancellare un
messaggio, ad oscurare un sito - dice Roberto Natale, portavoce della
Presidente - c'è una reazione fortissima della rete che invoca la
libertà e parla di censura. Valentina Loiero, responsabile
comunicazione: "Al principio abbiamo individuato un sito, di cui è
titolare Antonio Mattia, che aveva diffuso la foto di una nudista
spacciandola per Laura ed aveva dato il via ai commenti sessisti.
Abbiamo informato la polizia postale. La reazione dell'uomo alla visita
delle forze dell'ordine è stata una denuncia di violazione della privacy
a cui hanno fatto seguito in rete accuse di abuso di potere, subito
riprese da esponenti politici della destra".
Boldrini: "Abbiamo
due agenti della polizia postale, due, che lavorano alla Camera,
distaccati qui a vigilare sulle moltissime violazioni di cui un luogo
istituzionale come questo può essere oggetto. C'è stato il caso della
parlamentare del Movimento Cinque Stelle di cui è stata violata la posta
personale. C'è il caso di una deputata oggi ministra che non ha più
potuto accedere ai suoi social network e teme che a suo nome si possano
divulgare messaggi non suoi. Poi ci sono le minacce di morte nei miei
confronti. Tutte donne, lo dico come dato di cronaca. So bene che la
questione del controllo del web è delicatissima. Non per questo non
dobbiamo porcela. Mi domando se sia giusto che una minaccia di morte che
avviene in forma diretta, o attraverso una scritta sul muro sia
considerata in modo diverso dalla stessa minaccia via web. Me lo
domando, chiedo che si apra una discussione serena e seria. Se il web è
vita reale, e lo è, se produce effetti reali, e li produce, allora non
possiamo più considerare meno rilevante quel che accade in Rete rispetto
a quel che succede per strada". C'è in questi giorni la discussione
sulla scorta. "Io ho chiesto di non essere scortata. Non ho paura di
camminare per Roma, non ho paura di andare da casa in ufficio. Può
accadere qualsiasi cosa in qualsiasi momento, certo, ma questo vale per
chiunque. Piuttosto mi pare molto più grave, molto più pericoloso che si
diffonda in rete una cultura della minaccia tollerata e giudicata
tutt'al più, come certi hanno scritto, una "burla". Mi sento molto più
vulnerabile quando penso che chiunque, aprendo un computer, anche mia
figlia, anche i suoi amici, anche i ragazzi giovanissimi che vivono
connessi al computer possono vedere il mio volto sovrapposto a quello di
una donna sgozzata. Mi domando che effetti profondi e di lungo periodo,
fra i più giovani, un'immagine così possa avere".
La campagna
contro Laura Boldrini si è impennata all'indomani della sua visita alla
comunità ebraica, il 12 aprile scorso. In quell'occasione, incontrando i
dirigenti della comunità, ha parlato della necessità di "ripristinare
il rigore della legge Mancino" a proposito dell'incitamento al razzismo e
all'odio razziale su web. È infatti dell'8 aprile la sentenza di
condanna dei quattro gestori di Stormfront, sito web neonazista,
condannati per antisemitismo. È la prima sentenza che riconosce
un'associazione a delinquere via web: a quella si richiamava Boldrini
nel suo discorso alla comunità. Da quel giorno è partita la valanga. Il
sito "Tutti i crimini degli immigrati" associa il volto del presidente
della Camera alle notizie di reati commessi da cittadini stranieri.
"Resistenza Nazionale", "Fronte Nazionale", "MultiKulti" e altri
indirizzi web diffondono. Poi i fotomontaggi, e le minacce. Dal 28
aprile, dopo la sparatoria davanti a palazzo Chigi, hanno iniziato a
circolare centinaia di messaggi che dicono "Dovevano sparare a te", "la
prossima sei tu", "cacati sotto, a morte i politici come te". La
magistratura è avvertita, le denunce sono partite. "Ma è come svuotare
il mare con un bicchiere. Credo che ci dobbiamo tutti fermare un momento
e domandarci due cose: se vogliamo dare battaglia - una battaglia
culturale - alle aggressioni alle donne a sfondo sessuale. Se vogliamo
cominciare a pensare alla rete come ad un luogo reale, dove persone
reali spendono parole reali, esattamente come altrove. Cominciare a
pensarci, discuterne quanto si deve, poi prendere delle decisioni
misurate, sensate, efficaci. Senza avere paura dei tabù che sono tanti, a
destra come a sinistra. La paura paralizza. La politica deve essere
coraggiosa, deve agire".
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