mercoledì 14 maggio 2014

Lansdale e il Texas orientale

Riporto una bella intervista Lansdale. Come sempre, il grande scrittore americano sa essere interessante, anche quando non parla di letteratura. L'intervista l'ho trovata qui: www.linkiesta.it.


Il Texas orientale ha assunto i contorni di un luogo mitico, popolato da eroi pieni di paura ma cocciuti e orgogliosi come pochi, che il dolore lo sentono eccome, ma ci sono abituati, che si ricuciono da soli, che hanno una donna — o un uomo — che è sempre un problema, ma ogni volta un problema diverso. Il Texas orientale è materia da mostri giganteschi che sembrano usciti da un apocalisse nucleare. Mischiati tra loro e vomitatori di pop-corn a fiumi. Il Texas orientale è un universo a parte, a leggere Joe R. Lansdale. Un universo in espansione, in arricchimento costante. Fedele a se stesso ma che può cambiare da un momento all’altro, così, senza preavviso.
«Finché ci sarò io, esisterà quell’universo» mi dice con un’espressione a metà tra il rassicurante e il beffardo, con la voce che sale e scende di tono e un accento così marcato da sembrare caricaturale. «Non so dirti fino a che punto si evolverà, perché quando smetterà di farlo io sarò morto. Ma fuori dal mio personale universo mitico c’è un mondo reale, che vive, si muove e influenza la mia fantasia per forza di cose. La cambia, la modella, la aggiusta adattandola al passare del tempo». Ho incontrato Lansdale a Torino, dove si trovava per ritirare il “Premio Autore Straniero” del Mondello , quest’anno assegnato dal giudice monocratico Niccolò Ammaniti, che riconosce nel Lansdale del Drive-in il suo modello. Prima dell’appuntamento avevo il cuore in gola, perché oltre la genuina modestia e la cordialità con la quale mi ha accolto, sapevo che mi sarei trovato davanti una leggenda vivente e un autore straordinariamente prolifico, con più di quarant’anni di attività alle spalle e senza nessuna intenzione di fermarsi.
La notte del drive-in (Einaudi, 2004)«Scrivo un libro dietro l’altro, smetto di scrivere il primo e attacco col secondo. Mentre sono alle prese con un romanzo mi faccio assorbire completamente dalle atmosfere e dal mondo che sto dipingendo, ma appena ho finito mi sento trascinare da un’altra suggestione e allora mi ci butto a capofitto. Sono praticamente uno scrittore perpetuo. Quando ho finito di scrivere La notte del drive-in, per esempio, mi sono buttato subito in Freddo a luglio e per terminarli entrambi ci sono voluti poco più di quattro mesi» e poi ride con la bocca che tira di lato, portandosi dietro tutto l’immaginario texano che può stare in un essere umano.
La saga di Hap e Leonard — assieme a tutto quello che ha scritto intorno, perché a voler ben vedere è come se pescasse storie da uno spazio ben delimitato, poco importa chi siano i protagonisti — è un miracolo letterario e la più sincera testimonianza di onestà intellettuale che si possa trovare. È azione pura, senza giri di parole, senza fronzoli appoggiati alla prosa per imbellettarla. Lansdale non ha paura di scrivere di scazzottate epiche, sesso e armi da fuoco, e lo fa con una lingua diretta, pulita, comprensibile. «Non sapevo che quella di Hap e Leonard — incominciata nel 1990 con Una stagione selvaggia e attiva fino a Devil Red, del 2011 — sarebbe diventata una serie. Ho scritto il primo e doveva essere finita lì, poi, qualche anno dopo, ecco che l’ispirazione torna a parlarmi. Hap e Leonard sono sempre lì, solo che qualche volta vanno in vacanza. Ora l’ispirazione è tornata, ne sto scrivendo uno nuovo», cosa che dovrebbe riempire di gioia qualsiasi lettore coscienzioso. Ci sono oggetti che esplodono, case che bruciano, biscotti alla vaniglia e quasi sempre almeno un temporale. I romanzi di Lansdale sono la prova del riscatto della letteratura di genere, anche se ancora non so bene dire di che genere si tratti. Forse l’unico modo per definirlo è semplicemente con il nome del suo creatore, che è un autore di culto anche se lui dice di no, «sono solo uno scrittore».
Una stagione selvaggia (Einaudi, 2006)È il profilo di un autore instancabile che fonda la sua scrittura sugli effetti speciali, le arti marziali, le ossa rotte e una cura patologica dei particolari. «Coltivo un sacco di interessi da quando ero piccolo: amo la storia, lo studio della mitologia e l’archeologia. Sono cose che mi accompagnano sempre. Poi lascio che sia quello per cui nutro un passione a guidarmi, non so cosa entrerà nel libro che sto scrivendo, finché non ci sto effettivamente lavorando e anche allora, chi può dire se ci metterò qualcosa di nuovo o se ripeterò le mie ossessioni». E poi ci sono le arti marziali, «è un amore che mi accompagna da quando avevo undici anni ed è in costante evoluzione. Ho imparato l’economia delle mosse. Quando sei giovane cerchi la sensazione di potenza che ti dà il combattimento, poi cresci e impari a gestire la fatica. Invecchiando impari a mettere tutto questo assieme e a evitare sprechi. Puoi prevedere le mosse degli avversari e darti il tempo di costruire la tua risposta in maniera conveniente (raccontando questo mi ha dato una dimostrazione pratica senza alzarsi dalla sedia, di seguito c’è la prova sonora, ndr). La scrittura è più o meno la stessa cosa, all’inizio non sapevo come sfruttare al massimo i mezzi che avevo, lavoravo con foga per sgrezzare una materia primordiale. Ora sono capace di non sprecare energie, riesco a ragionare più lucidamente. È un processo importante, che ti conferisce disciplina e chiarezza, ed è infinito».
I personaggi di Lansdale sono del genere a cui è facile affezionarsi, così umani e contemporaneamente distanti dall’umanità tout-court. È gente che se ne va in giro a bordo di macchinoni cigolanti, che odia per ragioni nobili e si innamora perdutamente. Ma sono anche personaggi pescati dalla letteratura per ragazzi, catapultati nell’orrore più oscuro e poi in una dimensione onirica tra autobus volanti e aeroplanini giocattolo, talmente motivati da ribaltare la situazione. Sono personaggi che ritornano, che diventano familiari, che nel corso di quasi venticinque anni di pubblicazione seriale — nel caso di Hap e Leonard, un po’ meno nel caso del Drive-in — fanno cose come smettere di fumare e piangere per la perdita di un fidanzato. Morire anche, nel caso. «Che giorno è? Perché di solito al mercoledì sono fan di Hap e Leonard e al giovedì del ciclo del Drive in, negli altri giorni alterno gli altri miei libri». In una costante altalena tra la realtà più devota e la fantasia più sfrenata, in un ambiente che è più o meno sempre lo stesso. «Del mio Texas avranno scritto in moltissimi probabilmente, ma in modo diverso. Il fatto è che il Texas porta con se un infinito apparato di miti, un intreccio di racconti più o meno verificabili e di stereotipi, e io cerco di aggiungerne di nuovi. Leggenda sopra leggenda alla fine ci si allontana abbastanza dalla realtà da inventare qualcosa di nuovo. Però le situazioni più fuori di testa che trovi nei miei libri sono tutte vere, roba che non sarei mai riuscito a inventarmi».
Joe R Lansdale (Einaudi)Nel corso della sua carriera, Joe Lansdale ha scritto più di quaranta romanzi e moltissimi racconti — il primo dei quali è stato pubblciato nel 1972 — ha partecipato alla stesura di sceneggiature per cartoni animati, film ed è stato attivissimo nella scrittura per fumetti. «Adoro i fumetti, sono la ragione principale per la quale ho iniziato a scrivere. Credo che il fumetto sia la forma di scrittura più sottovalutata. Ha un potenziale enorme, dipinge una una realtà più grande e più colorata. Semplicemente varia. Non sono paragonabili ai film, o ai libri, sono una cosa a sé, con un’identità definita». Ora stanno girando un film tratto da Freddo a luglio e da anni si parla di qualcosa con come protagonisti Hap Collins e Leonard Pine, ma della serie tv tratta dalla sua saga più famosa non si sa nulla e Joe è scettico.
Pensare alla scrittura di Lansdale è come cercare di pensare alle origini del mondo: si possono fare supposizioni, ma difficilmente si arriverà a spiegarla fino in fondo. Ha il gusto delle copertine pulp degli anni Novanta, sfacciatamente invitanti e incredibilmente accurate. Colorata, stringente, bruciante e distruttiva. È tutto assieme quello che dovrebbe essere la scrittura di intrattenimento e nasce da una penna raffinata, esperta, infinita.

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