lunedì 10 novembre 2014

Colpa dell'altro

Ecco un altro estratto de SE VOLESSI ESSERE DISTURBATO. Siamo quasi pronti per uscire con il libro!


Avevo capito che con il mio fratellino i rapporti non sarebbero mai stati buoni, ma speravo di non arrivare a tanto. Lui, il più giovane di noi tre fratelli, era il figlio ideale se un genitore voleva vergognarsi di una sua creatura. Io, avevo 26 anni, nove più di lui. In mezzo c’era una sorella, Agata, di 21 anni. Una persona tanto inutile quanto noiosa. Da tre anni faceva l’impiegata e tra venti avrebbe fatto ancora quel lavoro. Ma torniamo agli unici due figli per cui valga la pena spendere un po’ di parole. Non c’eravamo mai piaciuti, già a partire dalla sua nascita, un freddo mercoledì di dicembre. Quel pomeriggio dovetti rinunciare alla mia lezione di tennis perché nostro papà portò la mamma in ospedale ed io rimasi a casa con mia sorella, a fare da baby-sitter. Ne approfittai per iniziarmi ad un passatempo che negli anni successivi mi avrebbe dato parecchie soddisfazioni, il violento nei confronti dei miei fratelli più piccoli. In realtà, a parte quel pomeriggio in cui mi esercitai su mia sorella, il resto della mia carriera si sviluppò ed ebbe la maturità sulla pelle di mio fratello. Quel giorno, mia sorella passò tutto il pomeriggio a lamentarsi del perché la mamma non c’era e del perché il nuovo fratellino avrebbe dormito in camera con lei e non con me. Per non sbagliare, mi sfogai su di lei per le sue urla e i suoi pianti, e poi per l’altro in arrivo che non mi aveva permesso di andare a tennis. La misi dentro a una bacinella, la più grande che avevamo, lei ci stava comodamente seduta, e con la scusa di lavarla, la bagnai a intermittenza con getti di acqua calda e fredda. Che ridere! Era tutto un urlo quella stronzetta, fui talmente bravo a escogitare quel piano e a metterlo in pratica che nei giorni seguenti nessuno si accorse delle mie malefatte. Né un segno, né un livido, nonostante i venti minuti buoni a far finta di farle la doccia e a tirarle i capelli con la scusa di lavarglieli. Ammetto che ad un certo punto mi venne la voglia di afferrarle la testa e mettergliela sott’acqua ma decisi, evidentemente inconsciamente, viste le mie future performance, che non era ancora arrivato il momento di essere un vero criminale.
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