La folla numerosissima era sotto il
Palazzo del Governo. Le cronache avrebbero raccontato ai posteri che più di
cento milioni di persone erano accorse per festeggiare la fine della crisi. Le
persone erano arrivate da ogni parte dello Stato. Chi era arrivato a piedi, chi
in auto o in treno. Altri ancora, in aereo o nave. Nessuno voleva mancare al
grande giorno. La notizia si era sparsa pochi giorni prima, il Governo del
Paese aveva finalmente comunicato che la crisi era finita e una nuova stagione
di benessere stava per iniziare.
Nei mesi precedenti, tutti i
giornalisti e le televisioni avevano raccontato delle crisi del passato.
Avevano raccontato di uno stato dove un dittatore perfido dava solo un pugno di
riso ad ogni suo cittadino, mentre lui viveva nell’agiatezza. Avevano parlato
di molti stati dove i dittatori lasciavano morire di fame i cittadini, mentre
loro acquistavano armi per fare la guerra. Avevano parlato di stati africani
molto ricchi ma in mano a pochi perfidi tiranni. I professori universitari
tenevano quasi tutti i giorni lezioni sulle crisi economiche del passato. Anche
i social networks e i media indipendenti, ne avevano parlato lungamente. Fino
all’anniversario del secondo anno di crisi, poi erano stati chiusi. I
Governanti sostenevano che già troppe bocche da sfamare erano un bel peso,
figurarsi troppe bocche, collegate ai rispettivi cervelli, che volevano
parlare. Quindi, da ormai otto anni, solo i media governativi potevano parlare
delle mille disgrazie e di molte scelte sbagliate, fatte dai governi
precedenti, si capisce. Ma nessuno aveva mai perso l’ottimismo, questa volta
i governanti avrebbero risolto il
problema.
Si accesero le luci del palazzo, i
governanti finalmente erano pronti per parlare al popolo. Finalmente avevano
trovato la soluzione alla crisi. Gli ultimi mesi erano stati molto difficili,
sicuramente i più difficili e drammatici dall’inizio della crisi. Mentre il
popolo aspettava solo la soluzione della crisi, a bocca aperta così magari una
mosca sarebbe entrata nella bocca di qualcuno. Gli stessi governanti erano
cattivi tra di loro, chi voleva fare il sottosegretario, chi non voleva avere
incarichi ma comunque voleva potere. Chi ancora sperava nella morte di qualcuno
per prendere il suo posto. Mentre il popolo aspettava, a pancia vuota, che
qualcuno riempisse il vuoto delle loro pance, i governanti dovevano lottare
anche tra di loro. Ma questo il popolo non lo sapeva e non poteva capire il
peso delle responsabilità.
Un brusio iniziò a diffondersi dalle
prime file della piazza. Pian piano, nel giro di pochi minuti, l’enorme piazza
presidenziale era un mercato di voci e speranze. Tutta la nazione era in
attesa. Si accesero gli altoparlanti e il megaschermo nuovo, comprato con le
ultime riserve d’oro, tutti si zittirono. Passarono pochi interminabili
secondi, solo qualche zanzara, con il suo fastidioso ronzare, interruppe il
religioso silenzio del popolo affamato.
Uscì dalla porta uno dei governanti,
il silenzio si fece ancora più silenzioso. Cento milioni di bocche erano
spalancate davanti a lui, cento milioni di paia d’occhi erano sgranati ad
osservarlo. Nessuno lo riconobbe, qualcuno non ci provò neanche. Altri dissero
che era uno nuovo, ma un vecchietto fece presente che i governanti non potevano
cambiare se non per volontà del popolo. Un giovane gli disse “taci vecchio, i
governanti cambiano quando vogliono loro.” Il vecchio si rintanò in un silenzio
offeso. La maggior parte del popolo, riconobbe in quel governante molti
governanti. Sembrava la sintesi di tutto il congresso. Aveva i capelli di un
governante, l’accento di un altro governante e la pancia di un altro ancora. A
guardarlo bene, somigliava a tutti i governanti. Ma il popolo pensò che era
colpa della fame. Il governante aspettò qualche minuto e poi parlò: “Glorioso
popolo, c’è da mangiare per tutti… Noi” Il popolo entusiasta applaudì
fragorosamente e ringraziò dio per avere dato quei favolosi governanti. Il
governante aveva volutamente aspettato di pronunciare la parola NOI. Appena il
popolo sentì le parole “Glorioso popolo, c’è da mangiare…” non aspettò a
festeggiare e così di perse quell’ultima parolina, quella semplice e innocua
parola che escludeva dal cibo tutti tranne il governante, i governanti. Il governante
non ripeté le sue parole, se ne guardò bene. E non aggiunse neanche che lui era
tutti i governanti, lui personificava tutti i governanti. Perché ormai le
povere riserve dello stato non potevano che sfamare un solo governante, così
qualche giorno prima, i governanti si presero a mangiarsi tra di loro e quello che
ora appariva davanti al popolo era la sintesi di tutti i governanti. Non disse
nulla di tutto questo, anche se avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, il popolo
avrebbe applaudito e gioito all’infinito.
Dopo aver ringraziato il popolo per
la pazienza portata in quei dieci lunghi anni, mostrò alla piazza un capretto,
l’ultima riserva. Omettendo il fatto che era l’ultima fonte di cibo rimasta in
tutto lo stato, perché lo aveva già detto al popolo, ma il popolo non lo aveva
sentito per via degli applausi. Prese per il collo la povera bestia e la
addentò. Il capretto, l’ultima riserva di tutto lo stato, emise un flebile
lamento interrotto dal fragoroso applauso del popolo. Tutti capirono che era
iniziata una nuova era. Il governante, cioè tutti i governanti, mangiava per
primo ma ce n’era per tutti. Il popolo amava il suo governante, i suoi
governanti, il popolo era salvo grazie a loro. L’enorme governante, la sintesi
di tutti i difetti di tutti i governanti, in pochi minuti divorò la povera
bestia con una avidità e rapidità tipiche di chi è abituato a far sparire le
prove. Stava ancora masticando l’ultimo boccone, si pulì la bocca dal sangue
della bestiola, salutò il popolo e non fu più visto.
Per molti giorni la piazza rimase
ferma e immobile, tutto il popolo aspettava altre parole del governante, i
governanti. Ma nulla fu più detto e la fame cresceva.
Quel popolo oggi non c’è più, si è
autoeliminato. Quelle persone, quelle cento milioni di persone, si sono
mangiate tra di loro. Prima furono mangiati i vecchi e i bambini, cioè gli
indifesi. Poi fu la volta delle persone più gracili e degli ammalati. Poi,
infine, i sani e forti si mangiarono a vicenda. E non servì essere della stessa
religione o avere le stesse idee, quando il popolo iniziò ad autoeliminarsi, per
mezzo del cannibalismo, centinaia di anni di evoluzione se ne andarono in fumo.
Lo stato era ormai una giungla. Il popolo tornò animale, ignorante lo era già
diventato quando lasciò fare alla classe politica. Pare che il governante, i
governanti, andò in un altro stato e ancora oggi comanda ed è a pancia piena.
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