Nel post precedente avevo fatto riflettere su certe "esigenze" dei genitori nei confronti dei figli che fanno sport. In questo articolo, che riporto completamente (corriere.it/sportvincereodivertirsi), una risposta indiretta dei figli.
Buona lettura!
Sport per… vincere o per divertirsi? Su questa domanda “secolare” gli
adolescenti italiani si dividono praticamente in due: il 45% considera
“il vincere” quasi una sorta di accessorio, mentre il 55% sostiene (sia
pure con varia intensità) che vincere è la vera essenza dello sport.
Significative, comunque, le differenze di atteggiamento in base al
sesso: la maggioranza delle ragazze (57%) è decisamente di indole
decubertiana (l’importante è partecipare), (contro il 35% dei maschi),
mentre a sostenere che la vittoria è in assoluto la cosa più importante
dello sport è il 14% dei maschi contro appena il 3% delle femmine.
I DATI - I
dati, presentati mercoledì al convegno “Adolescenza e Sport”,
organizzato dall’Università di Pavia, provengono dall’indagine
Adolescenti e Socialità, realizzata dalla SIMA (Società Italiana di
Medicina dell’Adolescenza) e dalla Associazione Laboratorio Adolescenza
su un campione nazionale di 2000 studenti di terza media. E nello
spaccato dell’adolescente in tuta e scarpette, fornito dall’indagine, si
sono analizzati anche gli aspetti legati agli infortuni sportivi. Ad
aver subito almeno un infortunio (grave o leggero) praticando sport è
risultato essere oltre il 60% del campione (71% dei maschi), mentre il
26% (36% dei maschi) ha risposto di averne subiti più di uno.
INFORTUNI - Calcio
e basket sono gli sport nei quali il tasso di infortuni è risultato più
alto. Quasi la totalità di chi pratica questi sport ha dichiarato,
infatti, che praticandoli ha subito l’infortunio da lui considerato più
grave. Seguono, a notevole distanza, danza, ciclismo e atletica leggera.
Limitando l’indicazione all’infortunio più grave subito, per il 25% si è
trattato di una frattura, per il 20% di uno stiramento muscolare, per
il 19% di una distorsione e per il 12% di una ferita. Circa le
conseguenza degli infortuni sul proseguimento dell’attività sportiva,
l’84,4% non ne ha avute e ha ripreso a praticare normalmente il medesimo
sport, mentre il 6,7% ha cambiato sport e il 4% ha smesso di praticare
qualunque attività sportiva. Il tasso di infortuni non sorprende Marita
Gualea, del Centro Interdipartimentale di Biologia e Medicina dello
sport dell’Università di Pavia, che lo considera assolutamente
fisiologico, anche tenendo presente che nel computo non sono stati
indicati solo gli infortuni gravi.
RISCHI DELL’IPERALLENAMENTO -
Ciò che invece preoccupa l’esperta è, più in generale, il disequilibrio
“quantitativo” che si registra, negli adolescenti, tra chi fa sport e
chi non lo fa: «In Italia – spiega la Gualea - da un lato c’è una
percentuale troppo elevata di adolescenti che non pratica sport o lo
pratica in quantità del tutto insufficiente rispetto alle esigenze
dell’età (i dati dell’indagine SIMA parlano di oltre il 30% n.d.r.),
mentre all’altro estremo osserviamo un eccesso di sport altrettanto
dannoso. Un esempio per tutti è rappresentato dai casi, non rari, di
ipertrofia cardiaca nei giovani atleti causata proprio
dall’iperallenamento. Sport sì, quindi, ma nelle dosi giuste e,
soprattutto, con la mentalità giusta. Non è confortante, infatti, il
dato che emerge dall’indagine secondo cui oltre il 20% degli adolescenti
intervistati considera accettabile prendere integratori o medicinali
per migliorare le proprie prestazioni sportive. Dato che - lo conferma
l’Osservatorio sull’Adolescenza che la Società Italiana di Pediatria
porta avanti da oltre 15 anni - è in sensibile aumento. Dell’importanza
di un corretto approccio allo sport, sia qualitativo che quantitativo,
ne sono assolutamente convinti i pediatri, specie considerando che lo
stile di vita dell’infanzia e dell’adolescenza è, oggi, molto più
sedentario rispetto al passato: «Per la rilevanza e l’attualità
dell’argomento – sottolinea il Presidente della Società Italiana di
Pediatria, Giovanni Corsello, - quest’anno abbiamo voluto dedicare gli
“Stati Generali” della pediatria italiana, che si terranno il prossimo
20 novembre, proprio allo sport e alla attività fisico motoria di
bambini e adolescenti».
SPORT PER TUTTI -
Ma fare sport fa bene a tutti? Gian Luigi Marseglia, Direttore della
Clinica Pediatrica dell’Università di Pavia, spiega: «Sono rari i casi
in cui lo sport debba essere completamente vietato, ma per bambini e
ragazzi che soffrono di qualche patologia occorre attenersi
scrupolosamente alle indicazioni del pediatra. Vanno comunque sfatati
molti pregiudizi che c’erano in passato. Anni fa, ad esempio, esisteva
la convinzione che i bambini e gli adolescenti affetti da asma non
dovessero praticare alcuna attività sportiva. C’era nei loro confronti,
da parte dei familiari, e qualche volta anche su consiglio medico, un
atteggiamento di eccessiva protezione e tutto ciò che era “movimento”
era considerato una potenziale causa di asma. Oggi invece – prosegue
Marseglia – sappiamo che far praticare sport ad un soggetto asmatico
(scegliendo quegli sport – come ad esempio nuoto, sci di fondo,
ginnastica artistica - che coinvolgono in maniera continuativa e
regolare i muscoli respiratori) produce benefici non solo di natura
fisica (aumento della tolleranza allo sforzo, miglioramento del quadro
clinico), ma anche psicologica, perché fa aumentare la fiducia in sé
stessi e favorisce una maggiore indipendenza sociale». L’impatto
psicologico positivo che lo sport ha su un adolescente è, ovviamente, a
beneficio di tutti. «In una età in cui il rapporto con il proprio corpo
che cambia repentinamente è spesso fonte di disagio – osserva Alessandra
Marazzani, psicologa di Laboratorio Adolescenza - lo sport offre alle
ragazze a ai ragazzi la possibilità di vivere questa trasformazione in
modo più aperto e sereno, perché accedere al proprio corpo che cambia
attraverso lo sport fa sì che ciò avvenga con meno imbarazzi o giudizi
negativi».
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