giovedì 17 ottobre 2013

E se lo voglio diventare?

Nel post precedente avevo fatto riflettere su certe "esigenze" dei genitori nei confronti dei figli che fanno sport. In questo articolo, che riporto completamente (corriere.it/sportvincereodivertirsi), una risposta indiretta dei figli.
Buona lettura!


Sport per… vincere o per divertirsi? Su questa domanda “secolare” gli adolescenti italiani si dividono praticamente in due: il 45% considera “il vincere” quasi una sorta di accessorio, mentre il 55% sostiene (sia pure con varia intensità) che vincere è la vera essenza dello sport. Significative, comunque, le differenze di atteggiamento in base al sesso: la maggioranza delle ragazze (57%) è decisamente di indole decubertiana (l’importante è partecipare), (contro il 35% dei maschi), mentre a sostenere che la vittoria è in assoluto la cosa più importante dello sport è il 14% dei maschi contro appena il 3% delle femmine.
I DATI - I dati, presentati mercoledì al convegno “Adolescenza e Sport”, organizzato dall’Università di Pavia, provengono dall’indagine Adolescenti e Socialità, realizzata dalla SIMA (Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza) e dalla Associazione Laboratorio Adolescenza su un campione nazionale di 2000 studenti di terza media. E nello spaccato dell’adolescente in tuta e scarpette, fornito dall’indagine, si sono analizzati anche gli aspetti legati agli infortuni sportivi. Ad aver subito almeno un infortunio (grave o leggero) praticando sport è risultato essere oltre il 60% del campione (71% dei maschi), mentre il 26% (36% dei maschi) ha risposto di averne subiti più di uno.
INFORTUNI - Calcio e basket sono gli sport nei quali il tasso di infortuni è risultato più alto. Quasi la totalità di chi pratica questi sport ha dichiarato, infatti, che praticandoli ha subito l’infortunio da lui considerato più grave. Seguono, a notevole distanza, danza, ciclismo e atletica leggera. Limitando l’indicazione all’infortunio più grave subito, per il 25% si è trattato di una frattura, per il 20% di uno stiramento muscolare, per il 19% di una distorsione e per il 12% di una ferita. Circa le conseguenza degli infortuni sul proseguimento dell’attività sportiva, l’84,4% non ne ha avute e ha ripreso a praticare normalmente il medesimo sport, mentre il 6,7% ha cambiato sport e il 4% ha smesso di praticare qualunque attività sportiva. Il tasso di infortuni non sorprende Marita Gualea, del Centro Interdipartimentale di Biologia e Medicina dello sport dell’Università di Pavia, che lo considera assolutamente fisiologico, anche tenendo presente che nel computo non sono stati indicati solo gli infortuni gravi.
RISCHI DELL’IPERALLENAMENTO - Ciò che invece preoccupa l’esperta è, più in generale, il disequilibrio “quantitativo” che si registra, negli adolescenti, tra chi fa sport e chi non lo fa: «In Italia – spiega la Gualea - da un lato c’è una percentuale troppo elevata di adolescenti che non pratica sport o lo pratica in quantità del tutto insufficiente rispetto alle esigenze dell’età (i dati dell’indagine SIMA parlano di oltre il 30% n.d.r.), mentre all’altro estremo osserviamo un eccesso di sport altrettanto dannoso. Un esempio per tutti è rappresentato dai casi, non rari, di ipertrofia cardiaca nei giovani atleti causata proprio dall’iperallenamento. Sport sì, quindi, ma nelle dosi giuste e, soprattutto, con la mentalità giusta. Non è confortante, infatti, il dato che emerge dall’indagine secondo cui oltre il 20% degli adolescenti intervistati considera accettabile prendere integratori o medicinali per migliorare le proprie prestazioni sportive. Dato che - lo conferma l’Osservatorio sull’Adolescenza che la Società Italiana di Pediatria porta avanti da oltre 15 anni - è in sensibile aumento. Dell’importanza di un corretto approccio allo sport, sia qualitativo che quantitativo, ne sono assolutamente convinti i pediatri, specie considerando che lo stile di vita dell’infanzia e dell’adolescenza è, oggi, molto più sedentario rispetto al passato: «Per la rilevanza e l’attualità dell’argomento – sottolinea il Presidente della Società Italiana di Pediatria, Giovanni Corsello, - quest’anno abbiamo voluto dedicare gli “Stati Generali” della pediatria italiana, che si terranno il prossimo 20 novembre, proprio allo sport e alla attività fisico motoria di bambini e adolescenti».
SPORT PER TUTTI - Ma fare sport fa bene a tutti? Gian Luigi Marseglia, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università di Pavia, spiega: «Sono rari i casi in cui lo sport debba essere completamente vietato, ma per bambini e ragazzi che soffrono di qualche patologia occorre attenersi scrupolosamente alle indicazioni del pediatra. Vanno comunque sfatati molti pregiudizi che c’erano in passato. Anni fa, ad esempio, esisteva la convinzione che i bambini e gli adolescenti affetti da asma non dovessero praticare alcuna attività sportiva. C’era nei loro confronti, da parte dei familiari, e qualche volta anche su consiglio medico, un atteggiamento di eccessiva protezione e tutto ciò che era “movimento” era considerato una potenziale causa di asma. Oggi invece – prosegue Marseglia – sappiamo che far praticare sport ad un soggetto asmatico (scegliendo quegli sport – come ad esempio nuoto, sci di fondo, ginnastica artistica - che coinvolgono in maniera continuativa e regolare i muscoli respiratori) produce benefici non solo di natura fisica (aumento della tolleranza allo sforzo, miglioramento del quadro clinico), ma anche psicologica, perché fa aumentare la fiducia in sé stessi e favorisce una maggiore indipendenza sociale». L’impatto psicologico positivo che lo sport ha su un adolescente è, ovviamente, a beneficio di tutti. «In una età in cui il rapporto con il proprio corpo che cambia repentinamente è spesso fonte di disagio – osserva Alessandra Marazzani, psicologa di Laboratorio Adolescenza - lo sport offre alle ragazze a ai ragazzi la possibilità di vivere questa trasformazione in modo più aperto e sereno, perché accedere al proprio corpo che cambia attraverso lo sport fa sì che ciò avvenga con meno imbarazzi o giudizi negativi».

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