Spero vi piaccia.
Capì subito
che quella situazione era surreale, capì subito che non ne sarebbe uscito bene
da quella faccenda. Ma ormai c’era dentro e pensò che, tutto sommato, gli
sarebbe servita anche quella esperienza.
Non capiva
perché fosse finito in quella situazione, non aveva fatto nulla di male. Non
poteva dire di essere una cattiva persona, né uno stronzo. Pensò a qualche
giorno prima, a quando tutto ebbe inizio. Non lo fece a posta a insultare
quella persona, semplicemente si trovò a mandare a fanculo un tipo che lo aveva
spinto in maniera poco aggraziata quando era in fila al supermercato. Gli diede
molto fastidio quell’atteggiamento da maleducato e prepotente. E non lo
accettò. Lui, che mediamente non si aspettava mai nulla dalle persone, perché
non voleva delusioni, né aspettative mancate. Non voleva, non pretendeva nulla
dalle persone. Prendeva quello che gli arrivava, senza discutere e senza
restarne troppo deluso, il più delle volte. Ma questa volta non andò così,
perché non avere un po’ di educazione in fila al supermercato? E quel fanculo
che gli partì d’istinto, fu una vera liberazione. Lì per lì, immaginò d’aver
fatto semplicemente una cosa buona, supportata dal sorriso degli altri clienti
in fila che fulminarono il maleducato con sguardi misti di odio e antipatia
verso quel tipo maleducato che lo aveva spinto.
Lì per lì
non capì molto di quello che stava succedendo, l’unica cosa che gli era chiara
era che non stava più seduto con gli occhi bendati. Due tipi lo avevano sollevato
quasi di peso e messo a testa in giù. Aveva capito di trovarsi a testa in giù e
di essere in un qualcosa che assomigliava tanto ad una officina per auto.
Sentiva già il sangue fluire verso la testa che, ovviamente, gli pesava già
tantissimo e sentiva gli occhi gonfiarsi. Non riuscì a capire il perché, ma in
quel momento avrebbe bevuto un bicchiere di succo di frutta alla pera. Quasi si
vergognò di quel pensiero, in quella situazione forse avrebbe dovuto chiedere
aiuto ma lui aveva sete. Aveva tremendamente sete.
Una mano gli
prese con violenza i capelli e gli alzò la testa, ebbe qualche secondo di
indecisione e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, la testa cominciò a girargli
e la vista era annebbiata. L’energumeno che gli teneva i capelli interruppe il
silenzio “brutta testa di cazzo, tu fanculo al figlio del boss non glielo dici
o fai questa fine”. Non gli diede il tempo di rispondere e lasciò la presa. Iniziò
a dondolare come il pendolo di Foucault e prima di fermarsi impiegò qualche
minuto, il tempo perché il sangue tornasse a depositarsi nella testa ed avere
la sensazione di esplodere. La scena si ripeté per un paio di volte. Non capì
se fu sempre lo stesso personaggio a insultarlo e minacciarlo. Capì però che
quel fanculo avrebbe dovuto non dirlo, soprattutto al figlio del boss. Quello
che non capì lì per lì, e che non capì neanche in seguito, era chi fosse il
boss a cui aveva, indirettamente, fatto quello sgarbo.
Ora sapeva
di trovarsi in una autofficina, vedeva gente impegnata a cambiare l’olio motore
e un tipo che sostituiva gli pneumatici a una jeep. Riuscì a vedere
indistintamente anche un botola proprio sotto la sua testa e un calendario con
delle modelle nude, come quelli che andavano di moda negli anni ottanta. Pensò
a quanto sarebbe durata quella punizione e con quante ossa rotte sarebbe
tornato a casa. Erano minuti interminabili, dove nessuno sembrava interessarsi
a lui. Scorse pure dei pugnali, una Katana e un Tachi. Dopo un po’ gli si
avvicinarono tre rozzi uomini, uno dei tre era il primo che lo aveva
minacciato, gli altri due non riuscì a capire chi fossero, ormai non capiva
quasi più nulla. Il primo tipo gli disse “ricordati che il boss è mosso da un
triangolo vitale: cuore, cervello e buco del culo. Con il cuore difende chi gli
vuole bene e chi ama, con il cervello pensa a se stesso e con il buco del culo
tratta di merda le persone come te.” Lo interruppe uno degli altri due bestioni
“sfigato del cazzo, impara a stare zitto quando sei in fila e cambia
supermercato…” Gli altri due si misero a ridere in maniera grezza e stupida, il
tipo che gli disse quella frase rimase zitto per qualche secondo, poi capì che
aveva detto una cosa divertente e con un fare da troglodita iniziò a vantarsi
per tutta l’officina della sua bella trovata. Tutti iniziarono a ridere e
battere le mani fragorosamente. Uno dei meccanici dell’officina si avvicinò al
troglodita e gli diede il cinque, poi si tirò giù la patta della tuta da
meccanico e iniziò a pisciare addosso al quel corpo inerme a testa in giù.
Aveva ormai
la testa completamente piena di sangue e quasi non vedeva più, chiuse gli occhi
e la bocca quando i primi schizzi di piscio gli arrivarono in faccio.
In tutto
quel tempo non disse nulla, rimase praticamente zitto e provò ad annuire un
paio di volte con la testa. Pensò, siamo degli animali, magari evoluti ma siamo
degli animali. E l’istinto è sempre quello: la sopravvivenza.
Quella volta
non andò così. Si aprì la botola e l’acido fece il suo dovere.
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