mercoledì 9 marzo 2016

Una vita serena

In attesa delle prossime presentazioni, probabilmente si aggiungerà anche una data a Mestre tra aprile e maggio, torno con qualcosa di mio. Questo racconto è abbastanza recente, mai edito.
Buona lettura!


Si chiuse il cappotto invernale fino al bavero. La nebbia non si era alzata di un centimetro. La pianura padana sembrava una distesa di nulla in mezzo al nulla. In giornate come quella, la nebbia rendeva gli uomini ciechi, per questo la si poteva confondere con l’odio. Salì in auto e accese la radio, azionò il motore e partì.
Dovette accendere subito i fari antinebbia, sentiva ancora il naso e le labbra freddi, i polpastrelli gli tremavano leggermente, come quando devi prelevare al bancomat e fai fatica perché hai le dita un po’ congelate. Il viaggio sembrava diverso da altri, sentiva che stava iniziando a vivere con i corrispondenti tratti caratteriali di una persona che era riuscita a capire gli arrivederci, lui qualche tempo prima li avrebbe chiamati adii. Si sentiva come una persona serena. Non riusciva a spiegare il perché, ma aveva capito che le distanze non erano più un ostacolo insormontabile se gli arrivederci in realtà celavano un per sempre nelle anime delle persone innamorate. La stessa nebbia che scorreva e pascolava libera per la pianura, avrebbe potuto rappresentare bene il suo stato d’animo, quieto, pacato, disteso, rilassato. Sorrise al pensiero di trovare altri sinonimi, gliene vennero in mente solo altri due, lieto e appagato. Improvvisamente capì che aveva instaurato una relazione positiva con la vita sua e con quella degli altri.
Avrebbe continuato a vivere, nonostante tutto. Aveva deciso che il suicidio sarebbe stato messo da parte, almeno per ora. Le difficoltà e i cambiamenti non erano più tali, erano diventati opportunità di crescita, interiore ed esteriore. Voleva crescere, maturare e non smettere mai di progredire. Perché come diceva lui a quelle poche persone con cui parlava, il vero progresso è solo interiore, il vero progresso è la maturità dei propri pensieri. Tutto il resto è modernità. Mere comodità del millennio.

L’amore lo aveva bruciato ma lui ora guardava un fiore crescere. Anche le sofferenze possono essere delle favole se c’è poesia nel cuore delle persone. E lui ne aveva.



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Quello che non ho è un orologio avanti per correre più in fretta e avervi più distanti.
Fabrizio De André

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