lunedì 14 gennaio 2013

Politiche 2013, #1

Eccoci con il secondo capitolo sulle elezioni. Moreno mi ha scritto a proposito dell'agenda Monti, dopo queste mie riflessioni potrete leggere integralmente il suo intervento. Fondamentalmente una delle tante promesse elettorali. Sì, perché in Italia di programmi veri e propri non c'è l'ombra. E di "partecipazione" nella realizzazione proprio dei programmi non se ne sente mai parlare. Solo i partiti più piccoli, vedi Fratelli d'Italia, cercano di coinvolgere i possibili elettori con la loro partecipazione attiva nella stesura dei programmi elettorali. Ma allora che fai un partito a due mesi dalle elezioni se poi chiedi l'aiuto per il programma in base al quale dovresti esseri votato? Penso che gli italiani non amino particolarmente i programmi veri e propri ma si accontentino, con molta più soddisfazione e poco impegno mentale..., delle promesse. Sennò, come vi spieghereste l'ennesima rimonta del Pdl? A proposito, l'omosessualità politica dei leader che si sono susseguiti (Bossi e Maroni) nella Lega, nei confronti di Berlusconi è impressionante. I duri e puri, solo a parole, sono degni della vecchia DC. Per tornare ai programmi, gli altri partiti non hanno fatto di meglio della compagine guidata da Berlusconi (solo in campagna elettorale, poi il Premier sarà un altro... che fantasia!). Solo il M5S, a mio parere, ha un programma quasi degno di questo nome. In generale, per tornare al mio discorso iniziale, sono tutti impegnati con le promesse e non con i programmi. Giusto per distrarre l'elettorale e tenerlo in pugno. Mi stanno deludendo gli italiani, non serve parlare di seconda o terza repubblica, qui siamo ancora alla monarchia. 
Detto questo, le riflessioni di Moreno sull'Agenda Monti.


Incipit.
Una “Agenda” senza date. Senza scadenze. Senza numeri. Un elenco di idee. Alcune abbastanza condivisibili. Altre meno. Ma nessuna, a mio avviso foriera di cambiamenti culturali profondi.

Salve a tutti.
Mi sono messo a leggere la famosa AGENDA MONTI. Magari tanti non hanno la possibilità di leggersi tutte le righe scritte da questo personaggio che gran parte dell’Europa ci invidia. (lo dico solo perché è vero, e non per “tifo” verso di lui).
Quindi ho pensato di raccogliere alcuni punti. Quelli che pensavo più interessanti, salienti.
In generale comunque l’ho trovato un libretto di belle intenzioni, nemmeno così moderne, alcune. Ancora una volta non sono impressionato. L’uso “veloce” di termini come “sostenibile” o come “giusto” o “moderno”, senza una accurata riflessine sul loro effettivo significato, ammantano di importanza un discorso che rischia di essere vuoto.
Nessun accenno ad un cambiamento radicale dello strato sociale, relativamente ai beni comuni, all’equità sociale, alla sensibilità verso cultura, natura e sport (ignorato) come portatori di valori educativi e strumenti di cambiamento. Solo accenni di come (solo i primi due per Monti) possano essere strumenti di crescita lavorativa ed economica. Cosa, per me, che ho speso una vita sull’ambiente e sullo sport (che non sono recepiti dai più come “bisogni”, ma come strumenti accessori) un po’ inconcludente, priva di strumenti effettivi perché una cultura apra la possibilità a sostenibilità in attività da sempre definite “marginali”. 

Ma andiamo brano per brano (selezione assolutamente personale)

(ndr. L’Italia…) “Deve chiedere all’Europa Politiche orientate nel senso di una maggiore attenzione alla crescita basata su finanze pubbliche sane, un mercato interno più integrato e dinamico, una maggiore solidarietà finanziaria attraverso forme di condivisione del rischio, una maggiore attenzione alla inclusione sociale e alla sostenibilità ambientale.”
Si parla di crescita. Per me Crescita e Sostenibilità ambientale sono un ossimoro, dato l’attuale sistema di captazione delle risorse e di organizzazione del mercato globale del lavoro. (Serge Latouche, Walt Rostow, Maurizio Pallante). Credo molto in una riorganizzazione di un settore produttivo improntato al risparmio ambientale e alla distribuzione verticale e non alla (continua) crescita verticale. Il pianeta già oggi non regge il nostro ritmo di crescita se non a fronte di guerre (per le risorse), di 870 milioni di persone che soffrono di grave denutrizione (1 su 8) o di una costante perdita di Biodiversità del pianeta.


“Occorre maggiore attenzione alle relazioni con i Paesi in via di sviluppo improntandole alla difesa della pace e alla solidarietà, allo sradicamento della povertà e della insicurezza alimentare. Per ovviare a risorse forzatamente limitate, va rafforzato il coordinamento delle politiche di cooperazione, mettendo a coerenza l’intero sistema di cooperazione italiano (pubblico, privato, territori e società civile).”
Bello. Ma prima bisognerebbe cambiare il concetto di povero, che oggi è riferito al potere di acquisto e di possesso di un individuo. Io amo definire i paesi del sud del mondo “impoveriti” da un sistema (una volta localizzato solo sul Nord del mondo) che ha sempre preso a piene mani, lasciando solo deserto, armi, distruzione e fame.  La pace cresce se c’è equità e solidarietà. E cibo. E possibilità di autodefinirsi e auto realizzarsi. L’idea di “mettere a coerenza il sistema di cooperazione italiano” è carino, ma mi chiedo “come”.

“Sulla scorta dell’esperienza maturata con il successo del Piano di azione Coesione (ndr FESR Unione Europea) e della riprogrammazione dei fondi strutturali,occorre mettere in campo tutti gli sforzi possibili per incrementare la capacità delle amministrazioni di promuovere progetti finanziabili da parte dei Fondi strutturali dell’UE, con un obiettivo preciso: l’utilizzazione totale dei contributi disponibili.”
E allora perché non parlare qui della  professionalizzazione, o del riconoscimento, qualitativo e per risultati di quei professionisti che aiutano le amministrazioni a raggiungere questi risultati, aprendo un importante settore lavorativo, e non lasciare a chi ci prova o, nel peggiore dei casi ai furbi, questa possibilità? L’utilizzazione totale dei fondi è auspicabile, visto che siamo al 37%, oggi.
Ma credo che ci vorrebbe un forte percorso di sensibilizzazione, informazione e formazione per raggiungere questo obiettivo.

“È prioritario accrescere gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione, incentivando in particolare gli investimenti del settore privato, anche mediante agevolazioni fiscali e rafforzando il dialogo tra imprese e università. Bisogna rendere le università e i centri di ricerca italiani più capaci di competere con successo per i fondi di ricerca europei, sulla scorta del lavoro avviato nei mesi passati.”
Sui fondi europei, la penso come prima. Sugli investimenti nella ricerca credo che la % sul pil dei nostri investimenti in questo settore siano troppo bassi.
  
“Sfruttare tutto il potenziale dell’economia verde.
La tutela dell’ambiente è investimento per il futuro presupposto per vivere meglio il presente. Lavoro e salute non devono più essere alternativi, ma complementari.
Per questa ragione l’economia verde non può essere “altro” dall’economia, ma è parte integrante dell’economia.
L’industria, i trasporti, l’agricoltura, gli edifici devono riorientarsi secondo i criteri dell’efficienza, del contenimento delle emissioni nocive, dell’impiego di materiali riciclabili e di tecnologie intelligenti per smaltire i rifiuti, bonificare i terreni, ottimizzare il ciclo dell’acqua, mettere in sicurezza il territorio, incentivare la mobilità a basso impatto ambientale.
Programmi formativi e incentivi devono facilitare le scelte “verdi”.”
Leggo un po’ di confusione.
Ambiente è economia. Sia in termini di risorse che in termini di mantenimento.
Lavoro e salute sono un altro capitolo. Per sfruttare tutto il potenziale dell’Economia Verde c’è il deciso bisogno di un cambio culturale, dello sdoganamento di teorie, figure e scelte date come utopistiche fino a ieri e oggi a volte inseguite come panacee. Bisogna dare ascolto e voce a gli enti di maggior successo in questo senso, affinché anche in Italia cresca un luogo di cultura ambientale e ricerca all’avanguardia a livello mondiale (tipo Wuppertal Institute).

“A vent’anni di distanza dal precedente Piano energetico nazionale è stata presentata una nuova strategia energetica nazionale che fa della crescita sostenibile, dal punto di vista economico e ambientale, il proprio imperativo e punta a fare del Paese un Hub energetico nel Mediterraneo.
È necessario continuare sulla strada tracciata, dando attuazione alle linee guida della strategia per dare all’Italia una energia meno costosa, più sicura e più sostenibile.”
Sono per la microproduzione e microdistribuzione, per lo sdoganamento definitivo delle energie da fonti sostenibile e rigenerabile (compreso un incremento puntualizzato della ricerca su questi settori anche nel campo delle nanotecnologie). Con un forte incremento anche di un settore di lavoro e di produzione di beni e serbizi (energetico sostenibile) Ma anche qui se non si fa un intervento (seppur controllato, monitorato nei risultati e nella spesa) verso la scienza e la ricerca, saremo dipendenti da altre nazioni detentori di risorse.

“Adottare un grande piano di gestione integrata delle acque si può tutelare il territorio sia dal rischio di dissesto idrogeologico che di carenza idrica.”
Su questo non ho dubbi. Ma se il piano presentato dall’ordine dei geologi presentato al governo nel 1963, e non è stato ancora analizzato e/o preso in considerazione, la vedo complessa…
  
“Il patrimonio culturale del nostro Paese non ha eguali al mondo, per vastità nello spazio (dai monumenti alla gastronomia, dai teatri alle chiese) e nel tempo (dalle incisioni rupestri alle avanguardie).
È una ricchezza non delocalizzabile, non riproducibile altrove.
Per il nostro Paese è dunque una scelta strategica “naturale” puntare sulla cultura, integrando arte e paesaggio, turismo e ambiente, agricoltura e artigianato, all’insegna della sostenibilità e della valorizzazione delle nostre eccellenze.
Intese con le fondazioni di origine non bancaria o forme calibrate di partnership pubblico-privato potrebbero consentire un allargamento dello spettro delle iniziative finanziabili.
Musei, aree archeologiche, archivi, biblioteche devono essere accessibili ai cittadini e ai turisti in modo più agevole e la qualità dell’offerta deve migliorare, anche sperimentando forme di sinergia e collaborazione tra il privato sociale e le istituzioni statali.”
Tutto meravigliosamente corretto. Ma… I musei oggi chiudono per carenza di risorse. Chi fa cultura anche a livello locale, di certo NON può viverci. E di certo NON è aiutato dalle risorse locali.
La “fabbrica” delle opere d’arte e di cultura in Italia è sotto finanziata in maniera cronica e culturalmente relegata ad attività naif di secondo grado. Un paese senza cultura vera, viene obnubilato dalla cultura spazzatura delle TV e la stupidità el’ignoranza crescono rigogliose.
Mantenere ciò che abbiamo è anche il frutto di un amore che oggi ne la scuola ne lo stato non coltivano più. È necessario recuperare da qui, a mio avviso. Per avere generazioni sensibili e possibilità di cambiamenti culturali della nostra società


“Costruire una società più giusta e moderna richiede di aggredire non solo il deficit fiscale, ma anche il deficit di opportunità che il Paese offre ai suoi giovani e alle persone meritevoli.
Ogni anno migliaia di italiani, soprattutto giovani laureati, cercano all’estero una uscita di sicurezza da un Paese che spesso non sa riconoscere e coltivare il talento e ricompensare il merito a prescindere dal punto di partenza sociale o dalle reti di relazioni. L’Italia ha allo stesso tempo uno dei più bassi tassi di mobilità sociale e uno dei maggiori tassi di concentrazione della ricchezza. È la fotografia di un paese ingessato. Più mobilita sociale, più spazio al merito significa una società più dinamica, più innovativa e con meno diseguaglianze sociali.
Una società aperta  significa che tutte le posizioni sono contendibili e non acquisite per sempre.
Vuol dire aprire spazi a chi ha più voglia di fare o a chi ha idee nuove, senza corsie preferenziali o rendite di posizione, senza privilegi.”
Come battere le caste? Non c’è sicuramente riuscito in questo primo mandato (magari aveva altri pensieri, ma… pensare sempre e solo alle emergenze, non migliora lo strato dove le emergenze maturano. La condizione che ha creato un problema, probabilmente non è quella giusta in cui lo stesso potrà trovare soluzione (Einstein).

“I cittadini devono essere meno comprensivi verso la casta politica e i comportamenti non virtuosi di coloro che hanno responsabilità politiche, a tutti i livelli.
Il costo maggiore della politica sono le decisioni sbagliate o le non decisioni che scaricano il peso sulle nuove generazioni.
La politica deve essere servizio reso ai cittadini in modo disinteressato, in nome di un interesse generale. Serve riconciliare la politica con i cittadini per far si che i cittadini si riconcilino con la politica, mettendo in campo regole chiare e rigorose per l’attività di partiti e istituzioni, imponendo standard di totale trasparenza e di integrità.”
“I recenti inaccettabili episodi di corruzione e malcostume emersi nelle cronache
Impongono una sterzata: la drastica riduzione dei contributi pubblici anche indiretti ai partiti e ai gruppi parlamentari e dei rimborsi elettorali, con l’introduzione di
Una disciplina di trasparenza dei bilanci con la perfetta tracciabilità dei finanziamenti privati e una soglia massima per gli stessi contributi.”
I cittadini si sono già espressi sul finanziamento pubblico ai partiti. E con un referendum lo hanno abrogato. La casta (estremismi, centro, destra e sinistra) ha risolto la questione usando un sinonimo (invece che finanziamento, rimborso) prendendo allegramente per il culo qualche milione di italiani (me compreso). Che strumenti abbiamo se la stessa giustizia non può nulla contro questi Signori? Per ora eviterei il Kalasnikov, per una soluzione radicale.
In momento di ristrettezza economica, niente rimborsi. In regime normale, solo rimborsi a piè di lista, giustificati, pubblicati sul Web. I partiti devono assumere forma giuridica, avere bilanci controllati e pagare le tasse come tutti in Italia. Devono. Se no, si cambia sistema e aria.

In sostanza un lavoro, non troppo originale, con qualche spunto interessante e nessun (o scarsi e teorici) collegamento ad una realtà esecutiva e ad una pratica.
Non ci sono promessone, ma nemmeno soluzioni.
Qualche idea condivisibile, ma nulla che mi abbia provocato brividi o emozioni.
Siamo ancora indietro su una alternativa di cambiamento vero e credibile.

E l’idea delle piccole rimestatine, togliendo uno schizzo qua e là. 

2 commenti:

  1. Errata corrige:
    "Credo molto in una riorganizzazione di un settore produttivo improntato al risparmio ambientale e alla distribuzione verticale e non alla (continua) crescita verticale."
    Volevo scrivere distribuzione ORIZZONTALE del lavoro e non verticale. Scusate, un refuso.

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  2. Questa è la conferma che nel mio blog vige la libertà di stampa... e di errore! Ah, ah!!!

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