Riporto un articolo di Tringali, "Quello che sta per succedere e perché", che mi ha segnalato Moreno, lo trovate anche in www.sinistrainrete.info. Straordinariamente sconvolgente e chiaro, ma i candidati alle politiche non ne parlano, è più importante garantirsi il voto degli italiani...
Dopo un 2012 turbolento, il
nuovo anno è iniziato in un clima economico di relativa tranquillità. Gli
spread sono bassi e la crisi sembra concedere una tregua. Ma cosa ci aspetta
nel prossimo futuro? Le difficoltà sono davvero superate o sono destinate a
riproporsi? Poiché esistono due opposte chiavi di lettura della crisi, per
rispondere a queste domande è necessario capire quale sia la più convincente.
Vediamole:
Chiave di
lettura 1: Crisi dei debiti sovrani.
Secondo questa chiave di
lettura, alcuni Paesi europei hanno
vissuto al di sopra delle loro possibilità. Hanno aumentato il
loro debito pubblico senza migliorare la competitività, rischiando il default.
L'aumento degli spread indica che i mercati sono restii ad investire in titoli
di Paesi spendaccioni e già molto indebitati.
La soluzione della crisi consisterebbe dunque nel rafforzare la disciplina di bilancio, imponendo un tetto al rapporto debito/PIL e implementando drastiche misure di austerity che diminuiscano la spesa. Per scoraggiare la speculazione, a livello europeo andrebbero inoltre introdotte forme di mutualizzazione dei debiti sovrani (acquisto di titoli da parte della BCE, emissione di Eurobonds) in modo che tutti i Paesi si impegnino a garantire, collegialmente, il pagamento degli interessi e il rimborso dei titoli in scadenza emessi dai singoli Stati. Tuttavia, per evitare azzardi morali, i governi nazionali dovrebbero accettare di essere vincolati a realizzare le politiche indicate dagli organismi europei, indipendentemente dalla volontà dei loro cittadini.
La soluzione della crisi consisterebbe dunque nel rafforzare la disciplina di bilancio, imponendo un tetto al rapporto debito/PIL e implementando drastiche misure di austerity che diminuiscano la spesa. Per scoraggiare la speculazione, a livello europeo andrebbero inoltre introdotte forme di mutualizzazione dei debiti sovrani (acquisto di titoli da parte della BCE, emissione di Eurobonds) in modo che tutti i Paesi si impegnino a garantire, collegialmente, il pagamento degli interessi e il rimborso dei titoli in scadenza emessi dai singoli Stati. Tuttavia, per evitare azzardi morali, i governi nazionali dovrebbero accettare di essere vincolati a realizzare le politiche indicate dagli organismi europei, indipendentemente dalla volontà dei loro cittadini.
Chiave di
lettura 2: Crisi dell'euro.
Secondo questa chiave di
lettura, invece, alcuni Paesi europei avrebbero sfruttato l'appartenenza alla
moneta unica per aumentare la loro competitività, a discapito di altri.
Contenendo salari e domanda interna, avrebbero mantenuto la propria inflazione
sistematicamente a livelli inferiori rispetto ai partners. I quali,
condividendo la stessa moneta, non avrebbero potuto operare una svalutazione
difensiva per determinare un riequilibrio. I primi avrebbero accumulato surplus
commerciali, mentre i secondi avrebbero visto peggiorare i conti con l'estero,
fino ad entrare in crisi.
L'aumento degli spread indicherebbe che i mercati sanno che in futuro il valore dei titoli dei Paesi in crisi potrebbe diminuire: essi potrebbero uscire dall'euro, svalutare, rinegoziare il debito o rinominarlo nella nuova valuta.
Per uscire dalla crisi servirebbe dunque introdurre un meccanismo automatico di riequilibrio fra i Paesi in surplus strutturale e quelli in deficit. Inoltre, data la recessione in atto, le politiche di austerity andrebbero smantellate e sostituite con interventi di segno opposto, a sostegno della domanda e dell'occupazione. Nei Paesi in surplus andrebbero poi alzati significativamente i salari. Tuttavia, apparendo questa strada impercorribile, poiché presupporrebbe che tutti i principali Paesi europei invertano le politiche economiche adottate fino ad oggi, e che quelli più forti accettino trasferimenti automatici verso quelli meno competitivi, l'unica via di salvezza resterebbe l'uscita dall'euro e il recupero della sovranità nazionale in materia di politiche economiche e monetarie.
L'aumento degli spread indicherebbe che i mercati sanno che in futuro il valore dei titoli dei Paesi in crisi potrebbe diminuire: essi potrebbero uscire dall'euro, svalutare, rinegoziare il debito o rinominarlo nella nuova valuta.
Per uscire dalla crisi servirebbe dunque introdurre un meccanismo automatico di riequilibrio fra i Paesi in surplus strutturale e quelli in deficit. Inoltre, data la recessione in atto, le politiche di austerity andrebbero smantellate e sostituite con interventi di segno opposto, a sostegno della domanda e dell'occupazione. Nei Paesi in surplus andrebbero poi alzati significativamente i salari. Tuttavia, apparendo questa strada impercorribile, poiché presupporrebbe che tutti i principali Paesi europei invertano le politiche economiche adottate fino ad oggi, e che quelli più forti accettino trasferimenti automatici verso quelli meno competitivi, l'unica via di salvezza resterebbe l'uscita dall'euro e il recupero della sovranità nazionale in materia di politiche economiche e monetarie.
Qual è quella
corretta?
Chiaramente, queste tesi sono
fra loro inconciliabili. Se si accetta l’idea che ad andare in sofferenza siano
stati quei Paesi che presentavano un alto rapporto debito/PIL, allora la prima
spiegazione appare come quella corretta. Invece, se si crede che la crisi abbia
colpito chi ha avuto un tasso di inflazione più alto, converrà orientarsi sulla
seconda.
Ecco una breve tabella
riassuntiva:
|
debito pub / PIL (%)
|
Squilibri esterni e
differenziali di costo nell'eurozona
|
||||
Paese
|
1999
|
2007
|
2011
|
Saldo conto
corrente / PIL
(* 100) 1999-2012 |
Costo unitario
del lavoro
var % 1999-2010 |
Indice prezzi
al consumo
1999-2012 |
Germania
|
61
|
65
|
83
|
52.0
|
1.4
|
21.8
|
Portogallo
|
50
|
68
|
106
|
-132.2
|
11.1
|
35.1
|
Italia
|
114
|
104
|
121
|
-24.4
|
28.5
|
30.9
|
Grecia
|
103
|
105
|
166
|
-123.2
|
54.9
|
43.1
|
Spagna
|
62
|
36
|
67
|
-75.5
|
24.8
|
38.4
|
[Dati estratti da Europa: una crisi di
debito o di bilancia dei pagamenti? - A.F. Presbitero, Università Politecnica
delle Marche, pubblicato su linkiesta.it ]
Le prime colonne mostrano che
la prima chiave di lettura è infondata: due dei Paesi più colpiti dalla crisi,
il Portogallo
e la Spagna,
fino al 2007 presentavano un
rapporto debito/PIL simile o addirittura migliore rispetto a quello della
“virtuosa” Germania. La parte destra della tabella conferma
quel che abbiamo già avuto modo di affermare: Il problema non è il debito
pubblico. La Germania
ha beneficiato di una minore inflazione (ultima colonna) grazie al contenimento
del costo del lavoro (penultima colonna) ed oggi vanta il “record” del
maggior numero percentuale di lavoratori a basso reddito di tutta l'Europa
occidentale (il 22,2% secondo Eurostat). In questo modo ha aumentato la propria
competitività, a discapito dei partners europei (terzultima colonna) mandandoli
in crisi.
Dunque, i dati indicano che la tesi corretta è la
seconda, la quale infatti è sostenuta da numerosi esperti
nazionali ed internazionali. Tuttavia la quasi totalità dei media sposa la
prima chiave di lettura, l'unica ad essere ufficialmente accettata da tutte le
élite di governo europee, di destra come di sinistra. Questo non deve stupire: sia ai governanti dei Paesi
forti che a quelli degli Stati in crisi conviene far credere che il problema principale
siano la spesa dello Stato e il debito pubblico. In questo
modo, infatti, i
primi possono proseguire il contenimento della domanda interna,
arricchendosi grazie alle esportazioni e garantendosi surplus utili ad
acquisire aziende pregiate dei Paesi in crisi (come testimonia, per esempio, la
recente acquisizione di Ducati da parte di Audi-Volkswagen). I secondi (gli
stati in crisi) ottengono
di poter sbandierare un “vincolo esterno” grazie al quale
imporre ai cittadini quello che altrimenti sarebbe stato impossibile
realizzare: tagli ai servizi pubblici e alle pensioni, restringimento delle
tutele dei lavoratori, privatizzazioni, continue manovre finanziarie “lacrime e
sangue”.
Così, mentre smantellano lo
stato sociale, i governi di Italia, Francia e Germania danno vita ad un insulso gioco delle parti:
quando Monti e Hollande spingono per introdurre forme di condivisione dei
debiti sovrani, la Merkel
risponde pretendendo cessioni di sovranità verso le istituzioni UE. Due facce
della stessa medaglia, entrambe riconducibili alla chiave di lettura 1. Quella
sbagliata.
In seno al Consiglio Europeo è
stata già siglato l’accordo che consentirà a ciascun leader di cantare vittoria
nella propria patria: da
Giugno 2013 la
Commissione UE potrà far sottoscrivere ad ogni Stato un vero
e proprio contratto, ove indicherà le “riforme” da attuare e le modalità con
cui realizzarle; eventuali “meccanismi di solidarietà” saranno
riservati ai Paesi che avranno sottoscritto tali intese.
Ecco quindi il leitmotiv che
ascolteremo nel 2013: “solidarietà”
in cambio di cessioni di sovranità. Lo conferma il presidente
del consiglio Europeo, Van Rumpey, che però omette di precisare che la solidarietà sarà fasulla:
le eventuali forme di mutualizzazione dei debiti saranno parziali e temporanee,
come ha già chiarito Angela Merkel, intervenendo al Bundestag. E in ogni caso
esse non potranno mai risolvere gli squilibri strutturali fra le economie.
Pertanto c'è da aspettarsi che
la crisi riesploda. Anche perché dal primo gennaio 2013 è entrato in vigore il fiscal
compact, che statuisce, tra le altre cose, che il rapporto debito/PIL deve
assestarsi al 60%. L'Italia, per tentare di raggiungere l'obiettivo, dovrà
varare manovre su manovre, ogni anno, per decine e decine di miliardi. In
assenza di una crescita sostenuta, le conseguenze saranno inimmaginabili, come
testimoniano le analisi della Corte dei conti e l’IPSI. L'Italia e gli altri
PIGS resteranno intrappolati in una spirale recessiva, senza via di uscita. Ma
gli alfieri della chiave di lettura sbagliata non si fermeranno. Anzi,
rincareranno la dose. Quelli italiani hanno già nel mirino la privatizzazione
della sanità, che non a caso si sta già realizzando in Spagna.
Uno dopo l'altro i Paesi
dell'eurozona dovranno richiedere gli “aiuti” del MES e, in cambio, dovranno
cedere ogni forma residua di sovranità nazionale. Così, le decisioni verranno
prese direttamente a Bruxelles e Francoforte, senza che né i cittadini né i
Parlamenti nazionali possano opporvi resistenza. Ma ciò che è più drammatico è
che alla gran parte dell'opinione pubblica, tutto ciò apparirà come
necessario, in quanto coerente con la teoria della crisi dei debiti sovrani,
propagandata dalla stragrande maggioranza dei media.
Per questo, il primo fronte sul
quale schierare le forze che vogliono impedire lo sfacelo è quello dell'informazione.
Un’informazione corretta sulle reali cause della crisi.
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